Riprendiamo con un po’ di ritardo un’intervista del dicembre scorso all’assessore Cafarotti.
Il tema riguardava le occupazioni di suolo pubblico (OSP) in centro storico e lo strumento del piani di massima occupabilità (PMO). Questi ultimi sono una specie di mini-piani regolatori, uno per strada o piazza, con cui si definiscono a priori il numero e l’ampiezza delle OSP che è possibile rilasciare sulla base delle norme vigenti (Codice della strada, normative di sicurezza, vincoli storico-architettonici, ecc.).
Per avere maggiori indicazioni su OSP e PMO rimandiamo ad un nostro pezzo del settembre scorso.
Prima di entrare nel merito dell’intervista è necessario fare un preambolo. Il tema dei PMO è infatti tornato all’attenzione delle cronache dopo che lo scorso dicembre in Municipio I è stata approvata una mozione di maggioranza (PD) con cui ci si impegna a ratificare entro quattro mesi i PMO predisposti dalla commissione tecnica municipale ed in attesa di approvazione da anni.
Ci si potrebbe chiedere: perché la maggioranza di centrosinistra in Municipio I approva una tale mozione e non procede semplicemente ad approvare i piani, così come d’altronde aveva fatto la maggioranza, sempre di centrosinistra, che precedette l’attuale? Nella consiliatura Corsetti infatti, precedente alle due dell’attuale presidente Alfonsi, di PMO ne erano stati approvati oltre un centinaio ed il lavoro di redazione ed approvazione di quelli mancanti proseguiva con una certa speditezza.
Dall’insediamento di Sabrina Alfonsi in Municipio I, ossia dal 2013, il processo si è decisamente bloccato, con la commissione tecnica incaricata di redigere i piani che è stata via via depotenziata ed il consiglio del Municipio che in oltre quattro anni è riuscito ad approvare solo 5 nuovi PMO.
La verità è che fin da subito la nuova maggioranza di centrosinistra in Municipio I si è mostrata del tutto prona a certe pratiche commerciali ormai invalse in centro storico, dove prassi di illegalità sono divenute la norma, come nel caso delle numerose OSP abusive che continuano ad essere tollerate per non disturbare certi esercenti.
Lo strumento dei PMO è stato pensato proprio per cercare di ridurre al massimo l’illegalità, dando certezza ad esercenti e cittadini su dove i tavolini possono essere concessi e dove no, rispettando le diverse normative esistenti. Ma proprio per questo un tale strumento viene avversato da molti esercenti e conseguentemente dalla maggioranza in Municipio I che evidentemente tali esercenti non se la sente di scontentare.
Da ricordare infine che nell’autunno dello scorso anno una serie di associazioni cittadine aveva provato a sollecitare il consiglio del Municipio I rispetto alla necessità di ricominciare ad approvare i PMO in attesa. E sapete quale fu la risposta dei sedicenti “democratici”? Ebbene le stesse associazioni si ritrovarono in casella postale una missiva del presidente del consiglio municipale che le informava della trasmissione della lettera alla Procura della Repubblica perché alcune affermazioni in essa contenute erano state giudicate offensive e diffamatorie!?!
Non solo quindi la maggioranza di centrosinistra del Municipio I, guidata da Sabrina Alfonsi, non vuole disturbare certo commercio riconducendolo al rispetto delle norme, ma quando qualcuno si permette di richiamare lorsignori ai doveri del mandato popolare si ritrova direttamente segnalato in Procura.
Tornando alla mozione approvata lo scorso dicembre dal consiglio municipale, essa ha voluto essere una specie di foglia di fico per la maggioranza per poter dire che loro in realtà allo strumento dei PMO ci credono e per questo si impegnano ad approvarne un numero consistente entro quattro mesi. Peccato per loro che gli ultimi quattro o cinque anni di consiliatura stanno a dimostrare l’esatto contrario e che inoltre dall’approvazione della mozione sono passati già quasi due mesi e nessun nuovo PMO sia stato approvato.
Terminato il preambolo, veniamo all’intervista all’assessore al commercio di Roma riprendendone alcuni passaggi.
“Assessore, il tema tavolini è di competenza municipale. Per il Centro storico, dove è materia di discussione più accesa, del municipio I. Come valuta l’operato svolto dell’ente locale?
Gestire lo spazio pubblico è una questione di equilibrio. Sto cercando di capire dove sta pendendo, nei Pmo, l’ago della bilancia. Ossia quali interessi vengono tutelati. Dal momento che i criteri per fissare i confini possono essere obbligati e sovrani, come il codice della strada o il parere dei vigili del fuoco, oppure politici. Ma un’idea già me la sono fatta.
Ovvero?
Credo si sia ascoltato più i residenti che i commercianti, per ragioni ideologiche.
E come è arrivato a questa conclusione?
Un po’ basta percorrere le strade. Ci sono punti dove un tavolino tolto ha portato degrado, perché magari il vuoto lasciato è stato sostituito da un bengalese che vende robaccia. E allora di chi si è fatto l’interesse davvero? …”
Anzitutto riguardo i criteri usati per redigere i PMO, l’assessore Cafarotti afferma che essi possono essere “obbligati e sovrani, come il codice della strada o il parere dei vigili del fuoco, oppure politici“.
Purtroppo è già qui che sbaglia l’assessore, giacché i criteri con cui da sempre si sono redatti ed approvati i PMO sono della prima specie, ossia discendenti dall’applicazione di tutta una serie di normative inderogabili (realtive al codice della strada, alle norme di sicurezza o alle prescrizioni delle soprintendenze). Nessun criterio “politico” è stato mai applicato, proprio per rendere lo strumento inattaccabile dal punto di vista amministrativo, cosa che peraltro è stata verificata con numerosi casi di ricorso al TAR rigettati dai giudici amministrativi.
In passato, quando lo strumento dei PMO venne introdotto, ci furono dei tentativi per includere criteri diversi nella redazione dei piani, come ad esempio la possibilità di stabilire dei limiti alla concentrazione di tavoli esterni per evitare che intere vie o piazze si trasformassero in mangiatoie all’aria aperta, con presenza antropica esagerata e connessi problemi di inquinamento acustico ed invivibilità. Ma si decise di rimanere nell’ambito delle norme sovraordinate per non dare spazio a possibili contenziosi che avrebbero creato ulteriore incertezza in una situazione già caratterizzata da illegalità diffusa.
Inoltre dalle parole dell’assessore si coglie la netta distinzione che lo stesso fa tra residenti del centro storico e commercianti che nello stesso centro operano. A suo avviso evidentemente gli interessi delle due categorie divergono nettamente e da quel che egli osserva in Municipio sembrano dare più ascolto ai primi, i residenti, che ai secondi. A parte che una cosa del genere dovrebbe essere la norma in un normale gioco democratico, essendo gli organi del Municipio eletti dai cittadini residenti nel territorio e non dagli esercenti; ma vi sono le risultanze degli ultimi anni di governo del Municipio I che, come abbiamo descritto sopra, dimostrano quanto esso sia stato prono agli interessi del commercio, di un certo commercio in particolare, disinteressandosi delle esigenze degli abitanti e del rispetto delle norme.
Ed è proprio la coincidenza tra questi due ultimi aspetti, le esigenze degli abitanti ed il rispetto delle norme, che l’assessore Cafarotti non sembra proprio aver capito. Sarà che è ancora nuovo della materia e del territorio, sarà che non glielo ha ancora spiegato nessuno, ma se c’è una cosa che da sempre le associazioni dei residenti hanno chiesto e continuano a chiedere è il rispetto delle leggi. Non privilegi, non preferenze, nessun chiudere un occhio su qualche infrazione, bensì il rispetto quanto più possibile puntuale delle regole. Questo perché chi vive in centro storico sa per primo che l’unico modo per assicurare una convivenza accettabile tra le numerose categorie che vi convivono, abitandoci, operandovi o visitandolo, è che ognuno rispetti gli altri e quindi le norme poste a tutela di una pacifica convivenza.
Se quindi pure fosse come afferma Cafarotti nell’intervista, ossia che il Municipio sui PMO sembrerebbe aver dato maggior ascolto ai residenti, la cosa dovrebbe essere da lui salutata come molto positiva, stante che i residenti sono da sempre i paladini della legalità (non perché particolarmente più virtuosi degli altri ma essenzialmente perché categoria più debole e come tale maggiormente tutelata dal rispetto delle norme, laddove i più forti emergono meglio laddove le norme non sono rispettate).
C’è poi il passaggio dove l’assessore parla del tavolino tolto, del degrado sopraggiunto e rappresentato da “… un bengalese che vende robaccia“. Parole a nostro avviso indegne di un membro della Giunta Capitolina, anche se ormai entrate nel lessico normale di troppi romani, perché è una forma di razzismo che i rappresentanti politici dovrebbero contrastare e non invece contribuire a diffondere.
Concludiamo dicendo che con la sua intervista l’assessore Cafarotti ha dimostrato di non conoscere affatto la realtà delle cose riguardo le OSP ed i PMO in centro storico e che quindi qualsiasi suo intervento sul tema rischia di essere peggiorativo di una situazione già disastrosa.
Stante la sostanziale inattività del Municipio I nella materia, un intervento da parte del Comune sarebbe in realtà benvenuto, a patto però che venga svolto con cognizione di causa e spirito migliorativo.
Le OSP a Roma oggi rappresentano spesso una delle cause del degrado mentre potrebbero essere una fonte primaria di decoro, sviluppo commerciale ed introiti per le casse comunali.
Vi sono troppi luoghi in cui i tavolini sono ammassati indecorosamente e problematicamente e tantissimi altri dove essi non sono presenti e potrebbero invece aiutare a migliorarli.
Le tariffe delle concessioni OSP sono ancora a livelli ridicoli (la tariffa massima è meno di un euro al mq al giorno!?!) che premiano la concorrenza al ribasso e scoraggiano la qualità ed il prestigio degli esercizi commerciali.
Ci sono insomma ampissimi spazi per migliorare la situazione a beneficio di tutti (prepotenti a parte) ma l’assessore Cafarotti non sembra attrezzato per potersene occupare dando speranze di miglioramento.
Speriamo di sbagliarci (ma temiamo di no).
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