Sempre senza la minima polemica ma anzi in uno spirito costruttivo e di collaborazione, proseguiamo a rivolgerci all’assessore Adriano Meloni per elencargli i problemi più delicati che si troverà ad affrontare nei prossimi mesi, raccontandogli quanto fatto fin qui da cittadini e passate amministrazioni.
Una specie di vademecum che speriamo sia utile all’assessore per meglio orientarsi. E il tema di oggi è uno dei più complessi ma anche dei più importanti per cambiare il volto di questa città. I cartelloni pubblicitari, infatti, sono la chiave per ridare decoro a Roma, servizi che la capitale non ha mai avuto e maggiori entrate finanziarie per le casse comunali.
LA STORIA. Impossibile riassumere in un articolo la lunga e faticosa lotta portata avanti dai comitati cittadini negli ultimi anni. Per questo rimandiamo al sito bastacartelloni, del quale proseguiamo l’attività con diarioromano. Basti dire che il problema cartelloni nasce in tempi antichi: da sempre a Roma i pannelli pubblicitari sono stati governati dal caos, senza troppe regole nè per gli operatori, nè per il Comune. Nel 1993, l’allora giunta Rutelli tentò di rimettere in ordine la questione con una procedura definita appunto “Riordino” e che è rimasta di fatto in vigore fino al 2014. Il settore era governato (si fa per dire) dalle norme del “riordino” e dal Regolamento sulle Affissioni. Nel 2009, la giunta Alemanno, modificò questo Regolamento (delibera 37/2009) provocando di fatto una “liberalizzazione del settore”. Poichè il Comune non conosceva quanti impianti erano presenti sul territorio, ogni ditta dichiarò il numero di cartelloni di sua proprietà. Questo provocò una esplosione del fenomeno, con migliaia di cartelloni dichiarati che in realtà non esistevano e venivano dunque piantati nottetempo nei luoghi più assurdi.
La follia di quella delibera ha provocato il fenomeno di cartellone selvaggio o cartellopoli che è stato combattuto da diverse associazioni cittadine. Tra queste spiccano per impegno e qualità del lavoro, l’associazione Bastacartelloni-Francesco Fiori, il circolo romano Vas – Verdi Ambiente e Società, il sito Cartellopoli e Cittadinanzattiva Lazio. Cittadini che hanno monitorato il territorio, sollevato la questione a livello nazionale e internazionale, portandola all’attenzione del parlamento e di grandi quotidiani inglesi, francesi e americani.
Nel frattempo i cartelloni piazzati da ditte senza scrupoli su spartitraffico o incroci, hanno provocato decine di feriti e perfino 5 morti. Una strage silenziosa dovuta ad una imperdonabile cattiva volontà politica.
LE DITTE. A Roma operavano e in parte operano ancora centinaia di piccole e medie imprese. Contrariamente a quello che accade nel resto del mondo dove sono poche (massimo 4 o 5) le ditte che si dividono il territorio di una città, a Roma era impossibile controllare il lavoro di una miriade di soggetti. Alcune di queste si sono riunite in associazioni, altre preferiscono ancora operare singolarmente. Con le ditte, i cittadini hanno avuto un confronto aspro, a volte durissimo, ma altre volte civile e corretto. L’obiettivo di tutti, cittadini e imprese, dovrebbe essere quello di avere una città più ordinata, dove si possa lavorare serenamente.
Oggi il problema degli abusivi (molto forte fino al 2012) è quasi del tutto superato. Il problema sono i cartelloni autorizzati, per i quali occorre portare a termine la riforma.
LA RIFORMA. E’ solo durante la giunta Marino che – grazie al lavoro tenace dell’assessore Marta Leonori e del suo staff – si riesce a raggiungere un obiettivo storico. Approvare un piano regolatore (Prip, Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari) e la revisione del Regolamento che Roma aspettava dal 1993. Un testo frutto di compromessi ma il miglior testo possibile nelle condizioni date. Un piano che stabilisce una volta e per tutte dove i cartelloni possono stare e dove saranno vietati (delibere 49 e 50 del 2014). Una riforma votata anche dal Movimento 5stelle e dalla Sindaca Raggi, all’epoca consigliera comunale.
Questa riforma, per entrare a regime, deve seguire un iter lungo e faticoso. Parte di questo iter è già completato (circa il 70%). Siamo arrivati al punto nel quale i Consigli Municipali dovranno esprimere il loro parere sui Piani di Localizzazione (si tratta dei piani particolareggiati che stabiliscono strada per strada la posizione degli impianti). Una volta espresso questo parere, il Campidoglio farà propri i consigli pervenuti dai Municipi, dai cittadini (il processo di partecipazione popolare si è concluso durante il commissariamento Tronca) e dalle ditte. Questa fase che viene definita “controdeduzioni” potrebbe esaurirsi in poche settimane.
A quel punto, l’iter potrebbe essere concluso (anche se secondo una interpretazione diversa occorre sentire nuovamente il parere delle Sovrintendenze).
Fatto questo, il Campidoglio dovrà indire i bandi di gara europei. E’ la caratteristica preminente della riforma: il territorio verrà diviso in lotti e ogni lotto potrà essere assegnato ad una o più ditte consorziate tra loro. Queste ditte in cambio dovranno versare un canone al Comune e offrire un servizio.
I SERVIZI. I servizi che le ditte offriranno alla città potranno cambiarne il volto e le abitudini. Una vera rivoluzione che parte dal bike sharing, le biciclette condivise che in tutto il mondo sono pagate dalla cartellonistica pubblicitaria. Ma l’assessore Meloni potrà chiedere molto altro alle ditte: dalle toilette pubbliche, alle panchine, ai cestini (elementi di arredo urbano), alla manutenzione del verde. Insomma una città finalmente più ordinata e con le biciclette pubbliche così come presenti quasi ovunque.
I bandi di gara, dunque, saranno importanti perchè permetteranno di stabilire cosa dare a Roma per i prossimi 10 anni in termini di servizi e di entrate. Infatti se oggi il Campidoglio incassa circa 12 milioni di euro l’anno, con la riforma ne incasserà almeno 25, pur dimezzando gli impianti (portandoli a circa 62mila mq in totale) e pur offrendo servizi fondamentali.
Come si può comprendere stiamo parlando di una rivoluzione che Roma attende da troppo tempo e che l’assessore Meloni dovrebbe farsi carico di portare a termine entro i primi 6 mesi di consiliatura.
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