Il 1 agosto, con la proiezione di “Ballando ballando” di Ettore Scola presentato da Silvia Scola e Daniele Vicari, si è conclusa l’arena estiva a piazza S. Cosimato organizzata e gestita dai ragazzi del Cinema America.
Questo è il messaggio, pubblicato su facebook, con cui i ragazzi hanno voluto concludere quest’esperienza.
Ma perché facciamo il Cinema in piazza?
Ma quanto è politico il Cinema in piazza?
Dopo quattro anni queste sono domande a cui non abbiamo mai risposto, ma perché nessuno ce l’ha chieste, ma anzi in molti nel raccontarci hanno cercato di normalizzarci senza mai andare a scavare o ascoltare realmente i nostri cuori. Ed è solo da lì, dai nostri giovani cuori, che prendiamo la forza per continuare “a massacrare di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per avanzare un centimetro, ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro”. Ma appunto il sentimento da cui siamo mossi è puro e politico, non è semplice amore per la cinematografia, nato tra l’altro a posteriori dell’occupazione, tutto nasce da un’insofferenza costante in cui siamo nati ed in cui continuiamo a crescere. L’insofferenza di un gruppetto di ragazzi cresciuti in una città dove l’unica fonte di divertimento che ci hanno lasciato sono alcol e droghe, dove dopo mezzanotte “Zitto e muto, al massimo stai nel muretto sotto casa”, che poi ci hanno anche levato per fare altri palazzi o parcheggi.
Quel sentimento nasce dalle scuole chiuse il pomeriggio dopo la riforma Gelmini, dalle strade invase con “L’Onda” senza essere ascoltati, dalla delusione di un movimento studentesco svenduto a beneficio di pochi, dall’assenza di spazi dove poter passare qualche ora a parlare senza dover spendere, dalla voglia di essere protagonisti e non semplici fruitori, dalle piazze di periferia sporche di un vuoto culturale e sociale, magari dall’immondizia, dalle pedalate tra i piccoli pezzi di verde del parchetto sotto casa o peggio sotto al GRA.
Quel sentimento nasce da una richiesta di concessione di uno spazio alle istituzioni nel lontano 2011, da giornate passate ad aspettare metro ed autobus che mai sono arrivati, dal loro biglietto troppo caro ed un abbonamento salito alle stelle all’improvviso.
Quel sentimento nasce da tantissime piccole delusioni, compreso il canestro da basket sotto casa rotto e mai riparato, dalle porte da calcio senza reti, da tutto ciò che sarebbe potuto essere bello e non lo è stato, compreso dall’amore dato e spesso non ricevuto, dalla paura costante di mostrare i propri sentimenti che costringe, obbliga e soffoca tutti ad un vuoto monologo con se stessi.
Ma qual è il messaggio politico che vi vogliamo dare?
Tutto ciò non è normale, tutto questo lo abbiamo accettato e non ci stupiamo più, ci siamo rassegnati, paghiamo tasse su tasse per servizi che non avremo mai, non abbiamo più la speranza che tutto questo possa cambiare, ma santo cielo tutto questo deve cambiare.
A San Cosimato qualcosa si è trasformato in meglio, forse non tutto, forse non abbastanza, forse con qualche compromesso, ma abbiamo costruito un senso trasversale di collettività, di territorio, un scintilla di dignità in un territorio che non ne aveva più.
Fatelo anche voi, fatelo subito, invertite questo processo nei vostri territori, riappropriatevi di spazi vitali, sociali e culturali, ma non chiedeteci come si fa, perché noi non lo sappiamo davvero, abbiamo solo seguito il cuore e trasformato rabbia in amore, prima per un Cinema, poi per un Rione ed ora per una città, la nostra città.
Sarebbe bello se sempre più giovani, ma anche attempati, si riappropriassero di spazi vitali, sociali e culturali nei propri territori, senza assistere inermi al nulla che da anni le istituzioni sanno offrire.
I ragazzi del Cinema America sono una splendida eccezione al generale asservimento dei giovani ai fenomeni che li vedono carne da macello per far fare soldi a qualcun altro.
Sappiamo per informazioni indirette che ce sono altre di realtà del genere a Roma, che pur non avendo avuto la visibilità dei ragazzi dell’America, come loro si sono date da fare per sopperire all’assenza delle istituzioni. A queste realtà offriamo volentieri le nostre pagine se volessero dar notizia di sè alla nostra piccola platea.