Nel settembre del 2013 l’allora Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio emanò una direttiva che decretava “… il complesso urbano denominato “Tridente del Centro Storico” … di interesse storico artistico ai sensi dell’art. 10, co. 4, lett. G) del DL 22 gennaio 2004”. Tale direttiva, tuttora vigente, contiene un elenco di strade del Tridente, tra cui i tre assi portanti, via Ripetta, via del Corso e via del Babuino, oltre a via Frattina, via Condotti, via della Croce, via delle Carrozze e altre, riguardo le quali la direttiva all’art. 2 recita: “… si ritiene di conferire per gli assi stradali sopra evidenziati, la prescrizione di escludere tutte le forme d’uso del suolo pubblico a fini commerciali con il posizionamento di strutture stabili e/o precarie di varia natura e/o tipologia.”.
Se la cosa non fosse sufficientemente chiara proviamo a dirla in maniera più semplice. Nel 2013 l’organo preposto alla tutela paesaggistica e culturale di Roma ha deciso che nelle strade sopra elencate non possa essere svolta alcuna attività commerciale sul suolo pubblico; niente bancarelle, niente tavolini, niente ombrelloni, niente di niente sul suolo pubblico. È grazie a questa direttiva, ad esempio, che si sono potute spostare tutte le bancarelle da via della Croce e via Frattina; curiosamente non da via Condotti, dove il caldarostaro miracolato da una sospensiva del TAR (e da una colossale dimenticanza di anni di tutte le amministrazioni comunali e municipali) ancora prospera a prescindere dalle stagioni, dal buon senso e dalla decenza.
Ma se per le bancarelle si è riusciti a fare un buon repulisti, benché esso sia a termine e l’attuale amministrazione comunale non dia segnali di volerlo prorogare o di renderlo definitivo, su tavolini ed ombrelloni si è sostanzialmente rimasti al palo. Tanto per capirci, la direttiva prevede che tutti (TUTTI!) i tavolini presenti in via della Croce, così come in via delle Carrozze o in via del Corso o in via del Babuino, vengano fatti sparire dal suolo pubblico. Qualcuno potrà ritenere una tale previsione eccessivamente drastica, ma rimane il fatto che l’unico organo deputato a decidere cosa sia corretto e sostenibile fare nei luoghi paesaggisticamente più preziosi della città tre anni fa ha chiaramente escluso nelle citate strade qualsiasi utilizzo del suolo pubblico.
Ebbene basta fare un giro per quelle strade per vedere ammassi informi di tavolini ed ombrelloni prosperare indisturbati ed anzi estendersi chiaramente ben oltre quello che ci si aspetterebbe.
Il problema di ciò risiede nel fatto che purtroppo le direttive del MiBACT, nonostante abbiano un rango più elevato di qualsiasi provvedimento municipale o comunale, non siano immediatamente eseguibili, ma necessitino di essere attuate dall’amministrazione locale. Nel caso di questa direttiva, trattandosi di Occupazioni di Suolo Pubblico (OSP), la competenza esclusiva è del Municipio I. Peraltro, essendo tale Municipio l’unico, insieme al II, ad aver visto confermata la maggioranza uscente, la storia della (non) attuazione della direttiva del MiBACT riguarda interamente il governo dell’attuale Presidente Alfonsi.
Il Municipio I, dopo aver lasciato “maturare” la direttiva del MiBACT per circa due anni, nel 2015 prese il coraggio a quattro mani, che quando c’è da mettersi contro bancarelle e tavolinari tremano le vene a tutti, e ne diede attuazione nella sola via della Croce, facendo decadere tutte le Occupazioni di Suolo Pubblico (OSP). Così improvvisamente dalla strada sparirono tutti i tavolini ed essa tornò a respirare come non accadeva da tempo immemore. Non che i tavolini in sé siano brutti, ma il livello che avevano raggiunto in via della Croce, con occupazioni da ambo i lati, arricchite di menù enormi ed invadenti buttadentro, aveva fatto della strada un budello osceno, puzzolente e rumoroso.
Ovviamente gli esercenti della strada presentarono immediato ricorso al TAR avverso al provvedimento del Municipio e qualche mese dopo ottennero la sua decadenza, motivata col fatto che il Municipio si era limitato a dare attuazione alla direttiva del MiBACT, senza fornire motivazioni sufficienti alla drastica decadenza di tutte le OSP. Via della Croce ripiombò immediatamente nel caos precedente, con tutti i locali presenti sulla strada che si affrettarono a riallestire i loro tavolini, a prescindere se autorizzati o meno. Sì perché in aggiunta a questa storia del vincolo stabilito dal MiBACT, in via della Croce vi sono locali che da anni allestiscono tavolini esterni senza avere concessione alcuna. Questi locali hanno subito begli anni diverse sanzioni, rimozioni ed anche denunce penali per occupazione abusiva di suolo pubblico, ma nonostante ciò continuano imperterriti. E tanto per non farsi mancare nulla, due degli esercizi di somministrazione di via della Croce hanno ricevuto lo scorso anno l’intimazione a smettere di cucinare pasti caldi, in quanto privi della canna fumaria, ma entrambi i locali continuano a farlo indisturbati. Più che una stradina del centro storico di Roma questa sembra una succursale di Gomorra, tale è il livello delinquenziale del commercio (en passant rileviamo che uno degli esercenti della strada ha avuto l’onore di essere candidato nella lista del PD in Assemblea Capitolina, senza però risultare eletto).
Ma tornando al provvedimento del Municipio bocciato dal TAR, cosa avrebbe fatto un’amministrazione seria in questo caso? Probabilmente sarebbe bastato predisporre un nuovo provvedimento, seguendo le indicazioni del TAR, tornando a dare senza indugio attuazione alla direttiva del MiBACT. Ed invece cosa ha fatto finora il Municipio I? Un bel niente, anzi no, la riconfermata maggioranza in Municipio, capitanata sempre dalla Presidente Alfonsi, preso atto che l’abusivismo commerciale è un problema molto grave nel suo territorio, con la nuova legislatura ha istituito un’apposita commissione per combattere l’abusivismo commerciale. Questa commissione si è già riunita diverse volte ed almeno due con all’ordine del giorno il problema specifico di via della Croce ma più che cercare una soluzione ha dato a vedere di preferire un’approfondita discussione sul tema, volendo tornarci periodicamente per sviscerarlo sempre meglio. È quindi chiaro che non c’è alcuna volontà di dare attuazione alle prescrizioni della soprintendenza, non volendosi mettere contro tutti gli esercenti di via della Croce ed ignorando oltre alla direttiva del ministero anche le aspettative dei tanti cittadini che vorrebbero restituito un po’ di decoro e rispetto delle regole al territorio cittadino.
Se però il Municipio può permettersi di favorire un certo commercio deteriore, che tanto le elezioni ci sono appena state ed i residenti elettori devono tenersi questa maggioranza per qualche anno, non si capisce come il MiBACT possa tollerare che una sua direttiva tanto chiara, emanata su una delle zone più in vista della città, rimanga lettera morta. Per di più chi dirige il Ministero ed il Municipio I appartengono allo stesso partito, per cui al Ministro Franceschini dovrebbe risultare facile chiamare al telefono la Presidente Alfonsi chiedendole quando ha intenzione di dare attuazione a quanto stabilito dai suoi uffici. Non sarebbe male se il Ministro chiedesse anche come sia possibile emanare provvedimenti che sistematicamente vengono bocciati dal TAR, come se la cosa fosse fatta di proposito, per poter dire di aver fatto il proprio dovere facendo ricadere sul TAR la responsabilità di cassare tutto.
A noi la totale inefficacia delle prescrizioni delle soprintendenze preoccupa molto. Con un commercio che sempre più sta puntando sulla bassa qualità dell’offerta e sull’occupazione di ogni spazio pubblico con allestimenti che più indecorosi non si potrebbe, l’unico freno possibile è rappresentato proprio dagli uffici di tutela paesaggistica e architettonica del MiBACT. Purtroppo questi sono sempre più sotto organico ed i loro provvedimenti, come abbiamo spiegato, rimangono spesso lettera morta.
Per città come Roma, ma probabilmente anche Firenze o Venezia, sarebbero auspicabili ben altri poteri per questi uffici. Sarebbe davvero il caso di dargli potestà direttamente sanzionatorie, magari destinando i proventi delle multe a rimpinguare i loro organici; in questo modo si potrebbe pensare di assicurare livelli minimi di decoro in città reprimendo le manifestazioni più deteriori del commercio e magari riuscendo a stimolare quello di qualità. Sarebbe davvero un sogno poter vedere pattuglie di vigili specializzate nella repressione del degrado, vere e proprie “Guardie del Decoro”.
Ministro Franceschini: non si può fare proprio niente?