Noi continuiamo a non capacitarci come sia possibile che un’amministrazione a parole così attenta a rimettere in sesto un bilancio comunale disastrato da decenni di sprechi e ruberie, non abbia fatto carte false per tenere la consultazione referendaria su ATAC in concomitanza con le elezioni politiche e regionali.

Se pure ci fossero stati impedimenti normativi, avrebbero potuto chiedere ai tanti parlamentari amici di farsi promotori di eventuali modifiche legislative tese a risparmiare quelli che noi abbiamo quantificato in circa 8 milioni di euro i costi per tenere il referendum (altri parlano di 10 milioni o addirittura 15!?!). Senza contare che ci sono anche gli organi del Municipio VIII da rieleggere, per cui si poteva accorpare tutto insieme, risparmiare molti milioni e disturbare il minimo le operazioni scolastiche.

E invece no, non c’è alcuna norma che vieti l’accorpamento e la decisione di tenere il referendum il 3 giugno è interamente dipendente dalla volontà dell’attuale maggioranza. È una scelta che comporta una spesa enorme, che potrebbe essere facilmente evitata accorpando tutti i turni elettorali, ma rimane una scelta legittima della Giunta Capitolina di cui sarebbe interessante conoscere le motivazioni.

Peccato però che quelle che stiamo leggendo in queste ore facciano seriamente preoccupare che in realtà la scelta della Giunta sia fondata su un fraintendimento, una incomprensione della normativa; insomma un vero e proprio errore di interpretazione della legislazione.

 

Questa tragica eventualità l’ha fatta balenare per prima l’assessore Meleo, colei che ha dimostrato nel tempo di essere la più coraggiosa, fino al limite della sfrontatezza, a difendere le posizioni del governo cittadino. Leggiamo infatti in un suo post di ieri:

 

postMeleo

 

Il referendum non può essere accorpato ad altre operazioni di voto, quindi neppure con le elezioni previste per il 4 marzo” recita l’assessore e cita l’articolo 12 comma 3 del Regolamento degli istituti di partecipazione di Roma Capitale.

Ma, ci si chiede, l’avrà letto l’assessore l’articolo che cita? E se sì, l’avrà capito?

Ecco il testo del comma citato:

 

Quando, successivamente all’indizione dei referendum, siano stati convocati i comizi elettorali per altre operazioni di voto in coincidenza con la data prescelta, il Sindaco, sentiti la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari ed i rappresentanti dei Comitati promotori dei referendum, indice i referendum per altra data, nel medesimo periodo di cui al precedente comma, ovvero, in casi eccezionali, per una domenica compresa tra l’1 ottobre ed il 30 novembre.” (grassetto nostro)

 

Forse all’assessore sarà sfuggito, ma quando sono state indette le elezioni nazionali e regionali la Giunta di cui lei fa parte la data del referendum non l’aveva ancora decisa. Per cui non ci si trova nella previsione del comma citato. Peraltro se questa fosse stata la situazione, il Sindaco avrebbe dovuto sentire i gruppi consiliari e gli stessi promotori del referendum prima di decidere una nuova data. Ma nessuna data era stata decisa e quindi semplicemente nulla quaestio.

 

Ora delle due l’una: o l’assessore non capisce una semplice proposizione in lingua italiana, peraltro neanche tanto infarcita di tecnicismi giuridici, oppura sta provando ad intortare i cittadini romani con un’inesattezza che travalica nella fandonia.

Sinceramente non sapremmo quale delle due ipotesi sia più preoccupante.

 

Che una tale topica sia stata presa dalla responsabile alla mobilità (che, en passant, non capisce nulla neanche di mobilità) non darebbe troppo scandalo, ma che in un errore così grossolano vi sia incorso anche il Sindaco, avvocato pur di minima esperienza, stupisce davvero.

Peraltro ormai l’interpretazione avanzata per prima dalla Meleo è stata fatta propria dall’intero Campidoglio e diffusa via social.

 

campid

 

All’assessore hanno comunque già risposto i promotori del referendum, invitando lei e l’amministrazione tutta a prendersi le loro responsabilità, anziché citare norme a vanvera. Ecco il loro comunicato:

 

“Amministrazione si assuma responsabilità delle sue scelte politiche, invece di citare a sproposito la legge”.
Dichiarazione di Alessandro Capriccioli, Segretario di Radicali Roma e capolista di “+Europa con Emma Bonino” alle regionali del Lazio:
 
L’Assessora Meleo cita un divieto di accorpamento che non esiste, quando sostiene che la legge avrebbe impedito alla Sindaca di indire il referendum il 4 marzo. Il Testo Unico degli Enti Locali, infatti, stabilisce testualmente che le consultazioni referendarie comunali “non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali”, senza prevedere alcuna preclusione in caso di elezioni politiche e regionali.
L’articolo 12 del regolamento per la partecipazione popolare di Roma Capitale, a sua volta, non prevede alcuna incompatibilità in tal senso, limitandosi a stabilire che, qualora dopo la convocazione del referendum comunale vengano indette delle elezioni per lo stesso giorno, il Sindaco è legittimato, qualora lo ritenga opportuno, a spostare la data della consultazione referendaria fissata in precedenza.
Indire il referendum “Mobilitiamo Roma” per una data diversa dal 4 marzo, quindi, non è stata una decisione imposta per legge, ma una scelta esclusivamente e pienamente politica da parte della Sindaca Raggi: una scelta caratterizzata dall’evidente obiettivo di depotenziare il referendum allontanandolo nel tempo, mentre su Atac vengono compiuti atti e operazioni importantissimi, e per certi versi irreversibili. Alla faccia della partecipazione popolare e del diritto a esprimersi che i cittadini si sono conquistati raccogliendo le firme come prevede lo Statuto.
Invece di citare a sproposito la legge, cercando di utilizzarla come giustificazione delle proprie azioni, questa Amministrazione si assuma la responsabilità delle proprie decisioni. E abbia il coraggio di risponderne, senza addurre astruse giustificazioni, davanti a tutti i cittadini romani.

 
 
 

A questo punto però urge un intervento del Sindaco Raggi che faccia chiarezza sulla questione. Perché l’amministrazione avrà pure diritto di decidere quando tenere il referendum, ma il fatto che con tale decisione vi siano in ballo 8 milioni di euro di costi (o 10 o anche 15) non è cosa da nulla e necessita una doverosa spiegazione.

 

Noi, e tanti con noi, stiamo ancora aspettando delle spiegazioni per la storiaccia dei costi di spelacchio (non sulla sua indiscutibile bruttezza, ma sull’opacità delle procedure dietro al suo allestimento). In quel caso si trattava di circa 49.000 euro da spiegare e nessuno si è degnato di farlo.
 
In questo caso parliamo di molti milioni di euro che rischiano di essere buttati dalla finestra. Milioni di euro di tasse dei romani, i più tartassati d’Italia e con alcuni tra i peggiori servizi pubblici.

 

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