Oggi si riunisce la direzione del PD, chiamata a valutare il disastroso esito delle elezioni nazionali del 4 marzo scorso ed a prefigurare un percorso per il rinnovo della segreteria, dopo le dimissioni di Matteo Renzi.
Chiaramente si faranno discorsi generali, di respiro nazionale, non potendosi analizzare in quella sede casi particolari dei territori.
Vi è però una questione prettamente romana che a nostro avviso assume un’importanza nazionale, rappresentando a nostro modesto avviso una delle motivazioni per cui sempre più elettori tendenzialmente di centro sinistra sono portati a scegliere partiti diversi dal PD al momento del voto.
Ci riferiamo al malcostume di assommare cariche diverse in capo alla stessa persona, come se certuni avessero il dono dell’ubiquità o potessero usufruire di giornate da 36 o 48 ore. Nella compagine PD in Assemblea Capitolina vi sono infatti due consiglieri che ora si trovano a ricoprire un mandato anche in un’altra assemblea elettiva. Si tratta di Roberto Giachetti, rieletto alla Camera dei Deputati e quindi di nuovo col doppio ruolo di consigliere comunale e deputato della Repubblica, e di Michela Di Biase che è appena stata eletta al Consiglio Regionale del Lazio.
Da Giachetti non si è udita alcuna dichiarazione, né riguardo l’intenzione di mantenere il doppio mandato né di mettere fine all’anomalia (perché di anomalia si tratta) e presentare le proprie dimissioni in Assemblea Capitolina.
Dalla Di Biase è giunta invece chiara la decisione di mantenere il doppio incarico, avendo ella deciso di dimettersi solo da capogruppo del PD in Assemblea Capitolina.
Riguardo questa decisione noi abbiamo già provato a spiegare tutte le nostre contrarietà. In estrema sintesi, se una persona non dotata di superpoteri ha già le sue difficoltà a seguire il proprio lavoro cercando di conciliarlo con un minimo di vita privata, come si può pensare di ricoprire in maniera decente due incarichi importanti come quelli di consigliere della Regione Lazio e consigliere in Assemblea Capitolina? È ineluttabile che uno dei due ruoli ne abbia a soffrire per cui una persona responsabile farebbe una scelta e si concentrerebbe in uno solo dei due.
La scelta comunicata dalla Di Biase, ossia quella di mantenere entrambi i posti, seppur legittima dal punto di vista normativo e nonostante non comporti il cumulo delle indennità, implica che al meglio la neo-consigliera regionale farà il part-time tra le due assemblee, mentre più probabilmente di dedicherà in toto alla Regione, dove si ritrova tra i banchi della maggioranza, riservando all’Assemblea Capitolina qualche sparuta comparsata a tempo perso.
Se, come detto, una tale scelta è legittima dal punto di vista normativo, non lo è minimamente da quello politico e dimostra solo un attaccamento morboso di certe persone alle poltrone. Una volta che si è deciso di correre per un diverso mandato elettivo infatti, si lascia quello vecchio a qualcuno che possa svolgerlo dedicandogli il 100% del proprio tempo e non solo qualche scampolo. Fare diversamente dimostra solo una gravissima mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini, soprattutto degli elettori che hanno dato fiducia a qualcuno che poi si dedica ad altro, mancando al proprio impegno.
E se in troppi nel PD non se ne sono ancora resi conto, questo genere di atteggiamenti sono tra quelli di cui tanti elettori teoricamente di sinistra si sono stra-rotti. Perché infatti dare il proprio voto a chi invece di impegnarsi nel mandato ricevuto, che sia dai banchi di maggioranza o da quelli dell’opposizione poco importa, pensa solo alla propria carriera politica?
A chi poi nel PD pensa che non siano questi i problemi da affrontare in un momento tanto grave, diremmo che invece queste sono tra le cause della disfatta a cui è andato incontro il PD. Lo diremmo a Luciano Nobili, ad esempio, che nei giorni scorsi ha dichiarato a chi se la prendeva con la scelta della Di Biase: “Pensi davvero che faremo un’opposizione più incisiva senza il candidato sindaco e senza la più votata dai romani in consiglio comunale? Io no. E soprattutto, di fronte ad una crisi così profonda della nostra comunità politica, ti sembra questo il problema da porre?”.
Ebbene sì, neo-on. Nobili, sono proprio questi i problemi che il partito dovrebbe affrontare, per cercare di tornare a fare il proprio mestiere, ossia la politica, invece che il tram per le carriere folgoranti di poche/i unte/i. Inoltre nel caso lei non se ne fosse accorto, né il candidato sindaco, Giachetti, né la più votata dai romani in consiglio comunale, Di Biase, hanno mai fatto un briciolo di opposizione ed il fatto che lei consideri l’apporto di costoro minimamente “incisivo” dà da pensare su cosa lei consideri un lavoro di qualità in un’assemblea elettiva.
Nel tornare ad invitare Roberto Giachetti e Michela Di Biase a lasciare l’Assemblea Capitolina per permettere a qualcun altro di impegnarsi seriamente ed al 100% nell’opposizione all’attuale governo cittadino, ci rivolgiamo anche agli organi del PD, nelle persone del Presidente dell’Assemblea Nazionale del PD, Matteo Orfini, e del vicesegretario del PD, Maurizio Martina, affinché si appellino al senso di responsabilità di Giachetti e Di Biase e li convincano a scegliere l’assemblea elettiva in cui impegnarsi a svolgere al 100% il compito affidatogli dagli elettori.
Concludiamo chiarendo che nella nostra redazione nessuno ha la tessera del PD né alcun rapporto di collateralismo o simpatia con quel partito. Il nostro interesse affinché esso si dia una svegliata, dopo le scoppole prese sia alle ultime comunali di Roma (a seguito delle quali non c’è stato alcun rinnovamento) che alle politiche dello scorso 4 marzo, è solo collegato alla possibilità di avere un’opposizione in Assemblea Capitolina che riesca a mettere alle corde un governo cittadino che più inconsistente ed inefficace non si potrebbe.
Inoltre sappiamo bene che vi sono almeno altri tre consiglieri in Assemblea Capitolina col doppio incarico: Stefani Fassina e Giorgia Meloni rieletti alla Camera dei Deputati e Fabrizio Ghera neo-eletto in Consiglio regionale del Lazio. Anche costoro darebbero un segnale di rispetto ai propri elettori se volessero farla finita col doppio incarico dedicandosi interamente ad una sola assemblea elettiva. La differenza con i casi Giachetti e Di Biase è che per il PD vi è una disfatta politica da analizzare, per cui c’è una minima speranza che il partito si decida a far ragionare chi è troppo concentrato sulla propria carriera politica. Nei casi Fassina, Meloni e Ghera ci si può solo appellare al loro buon senso, dote ahinoi assai rara nel panorama politico italiano.
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