Tavolini e suolo pubblico: un equilibrio difficile

Il livello medio di rispetto della cosa pubblica a Roma è tradizionalmente molto basso, soprattutto a causa di illegalità diffuse (ad esempio la totale deregulation del traffico) e di amministrazioni distratte o disinteressate a garantire la fruizione dello spazio pubblico a vantaggio di tutti (basti pensare all’invasione delle bancarelle, un unicum romano).

Un altro esempio emblematico in tal senso è come vengono gestiti i dehors dei locali a Roma, la gran parte dei quali localizzati nel centro storico. Si tratta di concessioni di occupazione del suolo pubblico (OSP), ossia della possibilità per gli esercizi di somministrazione (bar e ristoranti) di occupare il suolo pubblico con i propri arredi dietro pagamento di un canone. Queste concessioni vengono rilasciate dai Municipi se esistono certe condizioni, ad esempio se non vengono violate le norme del Codice della Strada o se non vi è un parere contrario delle soprintendenze, ma il combinato disposto di norme arzigogolate, controlli scarsi e spregiudicatezza imprenditoriale hanno portato negli anni ad un livello di abusivismo che stime prudenziali quantificano in un 70%. Vale a dire che ben oltre la metà dei tavolini che vediamo sulle strade del centro storico di Roma è probabilmente a vario titolo illegale (ad esempio perché manca del tutto la concessione oppure perché si occupa più dello spazio concesso).

Dell’abusivismo diffuso in materia di OSP ci siamo occupati ripetutamente, tanto che la sezione del nostro blog sull’argomento è molto nutrita. A luglio 2016 ne facemmo anche una delle lezioni per l’allora neoassessore Meloni (lezione che probabilmente dovremo ripetere anche con il suo successore Cafarotti, visto che sul tema non ha ancora proferito parola).

 

L’utilizzo dello spazio pubblico da parte delle attività commerciali non è cosa di facile soluzione, dovendosi coniugare da una parte le giuste esigenze del commercio di prosperare creando sviluppo e dall’altra quella di garantire la vivibilità dei luoghi sia per chi vi transiti che, soprattutto, per chi ci vive.

Se si pensa ad esempio ad una piazza come Campo de’ Fiori, dove negli anni tutti gli esercizi commerciali si sono trasformati in somministrazioni con tanto di dehors allestiti tutto l’anno, ci si può rendere conto di cosa voglia dire esagerare con la pressione commerciale tanto da rendere non più abitabile il luogo. L’eccesso di presenza antropica su quella piazza, soprattutto ad orari notturni inoltrati, rende infatti impossibile viverci, a meno di non barricarsi in casa con infissi insonorizzati ed aria condizionata 24 ore al giorno. Ad ulteriormente aggravare la situazione di quel luogo vi è la pratica quotidiana della gran parte dei locali di ampliare le OSP concesse, già di dimensioni generose, così da trasformare la piazza in un’enorme mensa a cielo aperto.

 

Casi limite come Campo de’ Fiori dimostrano che lasciare mano libera al commercio squalifica i luoghi, creando una spirale in cui gli esercenti più spregiudicati, quelli che badano a guadagni facili con prezzi bassi, scarsa qualità e numeri crescenti di avventori, prevalgono su quelli che puntano a servizi e prodotti di qualità con numeri più contenuti, col risultato di avere luoghi ammassati di persone vocianti, quando non urlanti, fenomeni di micro-delinquenza diffusi e la pratica impossibilità per le forze dell’ordine di controllare il territorio.

 

Lungi da noi l’idea di bandire tutti i tavolini dalle strade, ma sarebbe giunta l’ora di cominciare a governare il commercio cercando i giusti equilibri perché esso contribuisca allo sviluppo della città e non ne sia invece uno dei maggiori elementi di degrado.

 

Sulla questione specifica delle OSP, da qualche settimana gli amici di carteinregola stanno proponendo delle interessanti riflessioni a cui varrebbe la pena qualcuno dell’amministrazione buttasse un occhio.

La prima riflessione è stata proposta a fine luglio da Paolo Gelsomini, animatore di Progetto Celio e portavoce del Coordinamento Residenti Città Storica, ed ha avuto come tema il rapporto tra le OSP e la possibile progettazione degli spazi urbani tramite lo strumento delle Isole Ambientali. Scrive tra l’altro Gelsomini:

Le Associazioni dei cittadini non hanno mai preteso l’eliminazione delle Osp, ma una regolamentazione dell’uso degli spazi e luoghi pubblici, una corretta integrazione delle Osp con il tessuto urbano, la repressione dei fenomeni di abusivismo, la tutela del patrimonio culturale.

Non si possono mettere in alternativa le Osp alle automobili (“meglio i tavolini delle auto”). La risposta deve essere: “niente traffico di attraversamento nelle aree del centro storico (isole ambientali in tutti i Rioni), e tavolini secondo regole giuste, chiare e condivise.

 

Un altro contributo è venuto da Nathalie Naim, consigliera di maggioranza del Municipio I Centro Storico e storica paladina di un utilizzo degli spazi pubblici che rispetti le esigenze di tutti, a partire da chi in certi luoghi ci vive. La riflessione della Naim è incentrata sui Piani Massimi di Occupabilità (PMO), ossia lo strumento che la normativa comunale ha messo a disposizione dei municipi per progettare in maniera unitaria tutte le OSP di una strada o di una piazza. Due estratti dal pezzo della Naim:

Ristabilire le regole per le concessioni rilasciate nel loro spregio, consentire di ammirare un monumento che prima era nascosto dalle strutture di plastica dei dehors, consentire a un pedone – ed in primis ad un disabile, a un passeggino – di accedere a un marciapiede, tutelare una bottega storica, un laboratorio di artigiano, consentire alle persone di potere uscire dai loro portoni, lasciare uno spazio minimo in strada affinché i pedoni possano camminare, è un lavoro prezioso e necessario. Stiamo parlando di spazi pubblici che riguardano concessioni che scadono dopo tre anni, non di proprietà privata!

Durante la consiliatura cominciata nel 2013 [quella del presidente Corsetti, ndr], è stato realizzato, a mio avviso, il miglior lavoro di competenza del Municipio nell’ambito del Commercio e della tutela del Centro Storico – Sito Unesco, ossia il riordino delle concessioni dei tavolini con 148 piccoli piani regolatori relativi ad altrettante vie e piazze storiche, tutti vigenti. Finita quella consiliatura però il lavoro di riordino si è fermato. E nonostante la delibera vigente prevedesse altre 52 vie e piazze nei vari rioni, oltre a 18 altri importanti luoghi inseriti dalla Soprintendenza, in totale quindi 70 vie e piazze storiche , in 5 anni [sotto la presidenza Alfonsi, ndr] nessun piano è stato approvato dal Consiglio Municipale …

 

È di qualche giorno fa infine un ulteriore contributo alla discussione fornito da Adriano Labbucci, consigliere di Sinistra x Roma al Municipio I, anch’esso incentrato sui PMO e lo stallo che si registra sul tema da anni in Municipio I. Scrive Labbucci:

E’ importante, come ha fatto meritoriamente Carteinregola, accendere un faro sui piani di massima occupabilità quale strumento per governare l’occupazione di suolo pubblico derivante dalle diverse attività di ristorazione e somministrazione. Il tema, per evidenti ragioni, è particolarmente caldo per un territorio come il I Municipio vista la sua straordinaria vocazione turistica. Per questo sono rimasto sconcertato quando due anni fa, eletto consigliere del I Municipio, ho scoperto che da diversi anni nessun piano di massima occupabilità era stato più approvato. Non si è trattato ovviamente di una dimenticanza, ma nel migliore dei casi di una paralisi dovuta a idee opposte all’interno della stessa maggioranza …

Se vogliamo invertire la tendenza del centro storico di Roma a divertimentificio e a un consumo usa e getta, bisogna fare a mio avviso due cose: riportare la residenza, usando e riconvertendo gli immobili comunali o statali o demaniali presenti nel centro storico; e togliere le auto private e i pullman turistici. Senza queste due scelte, che richiamano ad un’ idea di città diversa da quella attuale, per il centro storico della città c’è solo un’ inevitabile e regressiva mutazione genetica, stile Venezia.

Per rompere questo circolo vizioso di  una contesa tra interessi privati e difesa dello status quo che è perdente per la città, serve avere un’idea di centro storico fondata sul primato del pubblico rispetto al privato,  proporla, discuterla e perseguirla; serve dare la  certezza delle regole, attraverso un investimento in personale e mezzi e lavorando contestualmente a modificare regolamenti e delibere; coinvolgere la cittadinanza in questa opera di trasformazione che non è solo urbanistica ma culturale e sociale. A Barcellona ci stanno provando, a Roma ancora non si capisce quale idea di città hanno i 5 Stelle, con il risultato di una città che è e si sente abbandonata.

 

Noi ci abbiamo trovato molto buon senso negli interventi citati e sebbene si possano avere opinioni diverse sul tema, ci appaiono tutti elementi molto utili per una discussione per dovrebbe provare ad individuare il miglior punto di equilibrio tra le giuste esigenze di un commercio sano e quelle delle altre funzioni cittadine, a partire dalla residenzialità.

Purtroppo, come è diventata prassi ormai a Roma, questo genere di discussioni non sembrano interessare alle istituzioni cittadine. Da una parte infatti abbiamo il Municipio I che nelle consiliature presiedute dalla presidente Alfonsi non ha fatto un singolo passo avanti sulla questione delle OSP abusive, mancando anzi in maniera scandalosa ai compiti assegnatigli come nel caso del vincolo del Tridente; dall’altra abbiamo un Comune che, con l’assessore Meloni prima, col suo successore Cafarotti poi, ma soprattutto con l’ormai sparito dalle scene presidente Coia, ha sempre completamente ignorato il problema delle OSP abusive, nonostante esso rappresenti uno dei maggiori problemi di legalità del centro storico (dopo la sosta selvaggia) mentre potrebbe costituire una risorsa economica formidabile se solo, ad esempio, si adeguassero i canoni delle OSP ancora fermi a circa 80 centesimi al metro quadrato al giorno!?!

Nel complimentarci con gli amici di carteinregola cercheremo di dare anche noi una mano al proseguimento della discussione valutando la possibilità di organizzare un incontro pubblico a cui possano partecipare le istituzioni direttamente interessate.

 

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Una risposta

  1. Sono in piena periferia. Fuori raccordo. Zona Cinquina. Qui abbiamo situazioni inverosimili. Un forno che prende mezzo edificio di una palazzina e 2 kebab più un bar ristorazione di un’altra. Tutte sullo stesso condominio. Tavolini ovunque, ombrelloni, antenne e aperture 24h su 24h senza fine di continuità. Controlli mai visti. Ma oltre ai diritti del commercio ci sono ancora i diritti a vivere dei cittadini?

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Continuano i sit-in itineranti della Rete di Associazioni per una Città Vivibile per denunciare i problemi e chiedere all’amministrazione un dialogo strutturato e continuativo con i cittadini.

Dopo Campo de’ Fiori, tocca a Trastevere (il 21/11 p.v.)

Basta strage stradale a Roma (ma anche in tutta Italia)!
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