La colpa è di Atac che non paga! Anzi no, è della Regione Lazio che non ha stanziato le somme. O forse è del Campidoglio che non ha coordinato. A prescindere dal rimpallo delle responsabilità, sport ben conosciuto e praticato a Roma, il risultato è uno solo: il cantiere del nodo Flaminio è fermo e probabilmente i lavori non riprenderanno per i prossimi anni.
Quello che resta è un grosso buco al centro di Villa Borghese, lamiere, degrado e un sogno svanito per 300 mila passeggeri che ogni giorno transitano nelle due fermate di Flaminio: quella della metro A e quella della Roma-Viterbo. Il sogno è avere un’unica stazione che colleghi la metropolitana con le ferrovie regionali, senza dover uscire in piazza, attraversare bancarelle e venditori di ogni genere, rientrare e doversi accalcare su una banchina stretta e affollata.
Una specie di fabbrica di San Pietro, questo cantiere, nato nel 2007 con la giunta Veltroni e bloccato poco dopo. Poi ripreso nel 2014, con una previsione di due anni per il completamento dei lavori, è stato di nuovo fermato nel 2015 per il ritrovamento di una strada romana di età imperiale. Un ritrovamento che non avrebbe dovuto stupire nessuno perché era già stata scoperta e catalogata da Rodolfo Lanciani più di 100 anni fa. E invece, anche in questo caso (come avvenuto per il ponte sulla Portuense) non furono seguite le procedure archeologiche che avrebbero semplificato tutto il procedimento.
E arriviamo ai giorni nostri. I lavori riprendono nel 2017, dopo che i reperti erano stati messi in sicurezza, ma si ribloccano a fine giugno scorso. Questa volta in ballo ci sono 4,5 milioni di euro che le ditte appaltatrici non incassano da troppo tempo. L’Atac, committente del lavoro, non è più in grado di versarli. L’azienda sostiene di non averli ricevuti dalla Regione Lazio, che finanzia l’opera, e dunque di non essere in grado di anticiparli. Gli appaltatori (Cooperativa Integra, Donati SpA, Italia Opere SpA e Socostramo) hanno mandato a casa gli operai in quanto il loro credito è ormai finito nel gran calderone del concordato preventivo di Atac. Tradotto: i soldi non li vedranno più e loro non lavorano senza garanzia di incassare.
Cosa succederà adesso non è dato sapere. E’ probabile che nulla si muoverà per molto tempo, forse anni. Anche Enrico Stefàno, presidente della Commissione Mobilità del Campidoglio, da noi raggiunto si è detto poco ottimista: “La cosa è complessa a causa di questo rimbalzo di competenze tra Atac e Regione. Una volta chiusa la procedura concordataria contiamo di uscirne”.
E’ un gran peccato che questo nodo di scambio non riesca a nascere. Da un punto di vista trasportistico è considerato fondamentale tanto da essere il primo passo per la nascita della cosiddetta Metro F, cioè il collegamento tra il centro di Roma e Montebello. Il trenino Roma-Viterbo funziona con criteri e strutture di 40 anni fa. I vagoni furono comprati nel 1980 e le banchine sono talmente anguste da non poter ospitare che poche decine di persone in attesa. La richiesta di trasporto, invece, è elevatissima ed è per questo che fu progettato il nuovo nodo.
Grazie alla grafica di MetroxRoma possiamo vedere chiaramente quello che era il progetto:
Circa 400 metri di binari nuovi in galleria che avrebbero portato il capolinea della Roma-Montebello nella nuova stazione, a ridosso della fermata della Metro A. I treni diretti a Viterbo, invece, avrebbero utilizzato la vecchia stazione. Dividere la tratta urbana da quella extraurbana avrebbe permesso, dunque, di avere 4 binari di capolinea al posto degli attuali due, e dunque la possibilità di raddoppiare le corse.
A Roma, in questo momento, ci sono solo due grandi opere infrastrutturali di trasporto in costruzione: il nodo Pigneto e il nodo Flaminio. Il Pigneto è in profondo ritardo e nelle prossime settimane approfondiremo la situazione. Il Flaminio è fermo e probabilmente resterà così per anni. Un delitto nei confronti dei pendolari che pagheranno le conseguenze di questi intoppi almeno per un decennio.