Nella città che ha il record di muri imbrattati, vetrine sfregiate e monumenti vandalizzati dalle tags, il Comune prima chiude il servizio decoro di Ama e poi – quando si rende conto che la situazione è ormai fuori controllo – stanzia una miseria per la cancellazione delle scritte: 49 mila euro in tre anni, cioè poco più di 16 mila euro l’anno.
Il bando di gara, pubblicato dal Simu (il servizio di Manutenzione Urbana) è il primo segnale di attenzione ad una vera emergenza. Ma un segnale del tutto insufficiente, anzi quasi ridicolo di fronte la gravità del problema. Che Roma sia coperta di graffiti vandalici non lo dicono i blog antidegrado ma il New York Times, il Guardian, le maggiori guide turistiche. E soprattutto dovrebbe dirlo il nostro occhio, ormai assuefatto ad una situazione che non ha eguali nel resto del mondo occidentale. Il tema è sempre stato sottovalutato dalle amministrazioni che si sono susseguite, ma mai nessuno era riuscito a fare male come la giunta Raggi che ha chiuso il dipartimento Ama incaricato della cancellazione delle scritte. La motivazione era tutta fiscale: Ama si finanzia con la Tari e non era giusto caricare sulla tassa dei rifiuti un servizio che dovrebbe essere invece pagato dalla fiscalità generale.
Per questo Ama, da due anni non si occupa più di cancellare tranne in casi di scritte ingiuriose, omofobe o razziste. Ricordiamo tutti la rapidità di intervento quando si trattò di rimuovere il murales che ritraeva Di Maio e Salvini, avvolti in un bacio. In quel caso, in poche ore il muro fu ridipinto e tutto tornò nel solco del politicamente corretto. Nulla invece per le decine di migliaia di oscene tags che deturpano ogni luogo di Roma, rendendola inospitale e indecorosa.
Finalmente, le pressioni di associazioni civiche come Retake e dei giornali, hanno spinto l’amministrazione a fare un primo, timido passo. La gara che sarà aggiudicata nelle prossime settimana rientra “nell’accordo quadro di pronto intervento per il decoro di aree e fabbricati di proprietà dell’amministrazione”. Ed ecco il primo limite: solo gli edifici comunali potranno essere ripuliti da chi si aggiudicherà la gara.
Il secondo limite sta nella definizione delle scritte oggetto della pulizia: “scritte o disegni sui muri aventi contenuto politico blasfemo, offensivo, contrarie alla pubblica decenza o deturpanti per l’immagine della città”. Dunque, non tutte le tags ma solo quelle che hanno determinate caratteristiche. Nella sostanza nulla. Nessuna politica in grado di incidere realmente sul fenomeno, come una database delle tags, indagini (molto facili) per risalire agli autori come si fa in altre città, sgravi fiscali per i condomìni che decidono di ripulire le facciate, pene severe per chi viene colto in flagrante. Anche questa giunta declassa il problema a questione minore, senza capire che l’ambiente deturpato che ci circonda sta lentamente cambiando il modo di essere e di pensare dei romani.
Nello stesso bando, vengono stanziati 198 mila euro in tre anni per ripulire le microdiscariche abusive in aree comunali non aperte al pubblico e 99 mila per la messa in sicurezza di edifici espropriati. Una goccia nel mare del degrado romano al quale nessuno sembra dare la dovuta attenzione.
3 risposte
Potete rispondere a questa domanda:
quanti soldi sono stati spesi per “Tiberis”, la spiaggia sul Tevere?
Paolo la sua domanda è retorica immaginiamo. Tiberis è costata più di 240 mila euro, circa 400 euro al giorno ad ombrellone. La Corte dei Conti ha puntato l’occhio sulla carissima spiaggia. La invitiamo a rileggere il conteggio che fece Associazioni amici del Tevere che trova a questo link https://www.diarioromano.it/tiberis-il-costo-il-futuro-della-spiaggia-o-del-parco/
Certo: era domanda retorica.
Avevo ben letto l’articolo dell’Associazione amici del Tevere…
Avessero destinato quella cifra alla pulizia della città… Vero, non è molto…ma pur sempre un inizio.
Un proverbio cinese dice: “Un viaggio di mille miglia inizia sempre con un piccolo passo.”