Dopo il nostro articolo che ha esposto le ragioni di chi invita a votare No al prossimo referendum sui trasporti a Roma, oggi è la volta del Sì. Vedremo, dunque, quali sono secondo i promotori le motivazioni per cui non solo occorre votare Sì ma occorre andare a votare.
Se è vero che si tratta di un referendum consultivo (la Sindaca, cioè, non sarà obbligata a seguirne i risultati) è anche vero che dal punto di vista politico non potrà ignorare la più importante consultazione popolare durante il suo mandato. Per chi come i 5STelle fanno della democrazia diretta un mantra, sarebbe davvero senza senso fingere che il voto non ci sia stato. Ecco perché i Radicali (che raccolsero le firme per il referendum) invitano tutti ad andare alle urne, anche coloro che la pensano diversamente. Inoltre – poiché il referendum è stato convocato a gennaio del 2018, cioè prima dell’entrata in vigore del nuovo Statuto di Roma Capitale – per rendere valido il voto occorre che si rechi ai seggi almeno un terzo degli aventi diritto, quindi circa 850 mila romani.
Si tratta di un obiettivo non facile da raggiungere, soprattutto per la scarsa informazione dimostrata dal fatto che tantissimi cittadini ignorano del tutto l’appuntamento elettorale. A parte qualche giornale, pochissima è stata l’attenzione dedicata all’evento da radio e tv. Nessun dibattito televisivo, neanche sulle tv regionali, nessun confronto con la Sindaca o l’assessore ai trasporti e dunque scarsa risonanza mediatica. Probabilmente l’obiettivo della giunta è farlo fallire per il mancato raggiungimento del quorum, senza una analisi seria dei pro e dei contro. Tutto questo giustificherebbe la scelta molto discutibile della Raggi di prorogare il contratto con Atac fino al 2021 e non mettere a gare il servizio, nonostante questo sia imposto dalla normativa europea.
PERCHE’ VOTARE SI’
I sostenitori del Sì si sono coalizzati intorno al comitato Mobilitiamo Roma, promotore dell’iniziativa. In pratica si tratta dei Radicali Italiani che hanno raccolto oltre 33 mila firme, +Europa di Emma Bonino, Movimenta e l’Aduc. Tra i partiti politici, il Pd si è schierato per il Sì dopo una consultazione tra i propri iscritti che ha visto il 63% dei militanti esprimersi a favore dei quesiti, mentre Forza Italia, pur non avendo preso una posizione ufficiale, simpatizza fortemente per il Sì.
Singolarmente diverse personalità della politica e dell’economia sono a favore del referendum tra questi Carlo Calenda, Roberto Giachetti, Walter Tocci, Andrea Giuricin.
Non si tratta di privatizzare Atac come molti credono erroneamente ma di mettere a gara il servizio di trasporto, eliminando l’attuale monopolio di Atac che si è dimostrata non in grado di garantire l’efficienza necessaria. Il primo quesito, infatti, quello più importante, chiede ai cittadini di esprimersi a favore o contro la possibilità di affidare la gestione di bus e metro romani ad altre aziende in concorrenza tra loro, tra le quali teoricamente può esserci anche la stessa Atac. Non necessariamente aziende private, quindi, ma anche pubbliche come l’Atm di Milano o le Ferrovie.
Il controllo resterà nelle mani del Comune che continuerà a comprare i mezzi, stabilire il prezzo del biglietto e imporre agli operatori di servire linee periferiche con poco traffico e quindi poco profittevoli.
Le aziende, messe in concorrenza e preoccupate alla scadenza della concessione di ottenerne il rinnovo, sarebbero stimolate a comportarsi in modo virtuoso, migliorando il servizio.
Viceversa, mantenere le cose come stanno, con Atac monopolista, non potrà che peggiorare la situazione. Dal 2009 al 2015 l’offerta di Tpl è diminuita di 13 milioni di vetture-km e l’offerta tranviaria è calata del 30%. L’età media dei bus è dieci anni, quella dei tram 32. I debiti di Atac ricadono sulle spalle dei romani che pagano 170 euro l’anno a testa solo per mantenerla in vita.
Ecco perché – secondo i promotori – insistere con l’idea di risanare Atac e mantenere a questa azienda l’esclusiva del servizio condannerà Roma ad avere per sempre trasporti che non funzionano. L’economista Andrea Giuricin spiega così la questione: “Il costo per vettura-km di Atac è andato crescendo costantemente ma è con il mandato di Virginia Raggi che le cose sono peggiorate. Da meno di 6 euro per vettura-km si è arrivati ad un valore di 6,5 euro, più che doppio rispetto alla media europea. Le cause stanno tutte in Atac dove il costo del personale vale più del 51% dei costi totali in aumento di 7 punti rispetto al 2014. Tutto questo è un peso enorme che si riversa sulle spalle dei cittadini romani che negli ultimi 9 anni hanno pagato oltre 7 miliardi in sussidi e perdite. Questo vuol dire che Atac perde 2,1 milioni al giorno e quindi costa oltre mille euro a famiglia l’anno solo per mantenerla in vita”.
Di fronte a questi numeri, spiegano i promotori, è inutile investire nuove risorse in Atac che finiranno in un buco senza fondo. La gara, invece, attrarrebbe nuove aziende che aprirebbero a forme più moderne e innovative di trasporto. Dunque non si tratta di privatizzare ma di mettere in concorrenza più aziende. E’ dunque una liberalizzazione e non una privatizzazione.
Gli esempi provenienti da altre città mostrano che il sistema misto pubblico/privato ha portato vantaggi: a Parigi si è di fatto avviato un processo che negli anni porterà alla privatizzazione del servizio. A Barcellona e Londra, l’abbattimento del monopolio ha ridotto i costi per la cittadinanza. Risultati positivi anche a Copenaghen e Rennes.
Link al comitato Mobilitiamo Roma