La capitale è la città che più risente di una crisi di governo. In queste ore i palazzi della politica che stavano per svuotarsi si sono improvvisamente ripopolati di consiglieri, addetti stampa, segretari e assistenti. Tutti imprecano per le ferie saltate e temono per il proprio futuro professionale.
Ma a Roma c’è chi ha paura più di tutti della fine dell’esecutivo Conte ed è Virginia Raggi. Sebbene i suoi rapporti con Di Maio fossero sempre più freddi (al leader 5Stelle non è piaciuta la presenza della Sindaca nel quartiere di Casal Bruciato dove una famiglia rom non poteva entrare in casa per la rivolta dei residenti), la Raggi si è sentita comunque protetta dalla componente grillina a Palazzo Chigi. Se fosse stato per Salvini infatti, Roma non avrebbe giovato di nessun aiuto e anzi l’amministrazione sarebbe stata messa in crisi molti mesi fa.
Adesso che il governo è caduto, Virginia si sente più sola e teme un addio anticipato dal suo splendido studio con vista sui Fori. Vi sono, infatti, alcuni passaggi e alcune scelte che furono presi proprio grazie all’appoggio dell’esecutivo e che ora traballano. Ne vediamo alcuni.
Stadio della Roma. Il progetto era già piuttosto incerto, funestato da inchieste e arresti, ma ora la tegola finale potrebbe essere il mancato finanziamento del Ponte dei Congressi. Dopo il parere del Politecnico di Torino sulla viabilità nella zona del futuro stadio, il Campidoglio si era rivolto al ministro Toninelli chiedendo un finanziamento speciale. Senza il ponte dei Congressi, infatti, ad ogni partita di calcio l’area di Tor di Valle si sarebbe trasformata in un imbuto mortale. La Raggi e l’assessora Meleo si aspettavano una risposta dal Premier Conte e da Toninelli a settembre, senza la quale i lavori non sarebbero mai partiti. Ma questa risposta non arriverà più!
Opere invarianti del PUMS. Il Piano per la Mobilità approvato recentemente dall’aula Giulio Cesare era già un libro dei sogni. Ma ora, senza l’aiuto di Palazzo Chigi, diventerà un programma irrealizzabile. Vi sono alcune opere, definite invarianti, che la giunta aveva deciso di realizzare comunque, a prescindere dalla consultazione popolare cui era stato sottoposto il piano. Queste opere erano però condizionate al reperimento dei fondi straordinari che Toninelli aveva garantito. In particolare per il tram sulla Palmiro Togliatti, per quello tra la Tiburtina e il Verano e per le oscene funivie Casalotti-Battistini e Magliana. Toninelli non potrà far più niente per aiutare a reperire questi fondi.
Tram TVA. Stesso destino per la linea tramviaria Termini-Vaticano-Aurelio, un progetto nato 20 anni fa per volere di Walter Tocci e che i 5Stelle avevano ripreso con forza in questi mesi. Entro fine anno sarebbe stato presentato il piano per otto chilometri di binari e per un finanziamento di 200 milioni. Nessuno più al dicastero di Porta Pia potrà farsi carico di questa importante opera.
Metro C. Ai grillini non è mai piaciuta, ma una volta saliti in Campidoglio si sono domandati se valesse la pena farla terminare ai Fori Imperiali o farla proseguire fino a Clodio. Sebbene nessuna scelta sia stata presa finora (come sempre d’altronde), il Comune si è detto disponibile a buttare giù una vera progettazione della tratta T2 che avrebbe stabilito i dettagli dell’opera. In autunno, sarebbe stata firmata la convenzione col ministero delle Infrastrutture per un finanziamento di circa 10 milioni da concedere a Roma Metropolitane a questo scopo. In realtà si tratta di una somma molto maggiore, ben 145 milioni che Toninelli aveva promesso per le metro di Roma: 55 nel 2019, 65 nel 2020 e 25 nel 2021. A questo punto è probabile che i fondi non arriveranno mai, compresi i 10 milioni per la progettazione della Metro C.
Il debito di Roma. La misura era quasi saltata per l’opposizione tenace di Salvini ma ora che il governo è caduto nessuna speranza di introdurne una simile nel prossimo DL Crescita. Si tratta dei 12,8 miliardi di debito storico ai quali il Campidoglio deve far fronte con 200 milioni l’anno di interessi (altri 300 milioni sono già a carico del Ministero dell’Economia). Una proposta 5Stelle prevedeva che i 200 milioni fossero spalmati in un periodo più lungo, almeno fino al 2048 con l’aiuto dello Stato centrale e non solo con le addizionali Irpef e le tasse aeroportuali che i romani pagano più care di tutta Italia. Altrimenti entro il 2022 il bilancio capitolino sarebbe entrato in una crisi senza via d’uscita. Ma né il ministro Tria, né gli altri sottosegretari 5Stelle potranno più perorare la causa del debito romano.
Rifiuti. L’aiuto del Governo era fondamentale per risolvere l’emergenza immondizia. Il ministro dell’Ambiente Costa si era impegnato a negoziare con Germania, Belgio, Olanda e altri paesi perché ricevessero anche nel 2020 il surplus di indifferenziato che Roma non riesce a smaltire da sola. Nel frattempo avrebbe mediato con il presidente della Regione Zingaretti e i sindaci di diverse città dell’area metropolitana di Roma per individuare questi benedetti siti dove costruire nuovi impianti per la termovalorizzazione. Ma anche in questo caso, Costa non potrà fare più nulla.
Campi Rom. Il piano del Campidoglio prevede la chiusura di diversi campi entro il 2020 ma il decreto sicurezza che Salvini ha voluto fortemente e i 5Stelle hanno mal digerito ha soppresso la possibilità di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Poiché i campi romani (per esempio a La Barbuta ve ne sono 109) sono pieni di persone senza titolo di permanenza perché apolidi, mai iscritti all’anagrafe del proprio paese o senza passaporto, il Campidoglio dovrà farsene carico in solitudine. Il governo che aveva promesso un appoggio non lo darà più e ora anche il piano di chiusura dei Campi Rom è a rischio.
Insomma come si vede sono tante le questioni aperte che avranno un riflesso diretto su Roma e sulla giunta Raggi. Nessuno ancora conosce l’esito della crisi: fatto sta che se si dovesse andare al voto, sarebbe Salvini a stravincere formando un governo poco amico della Raggi. Se invece si dovesse formare una nuova maggioranza con la Lega all’opposizione, questa soffierebbe facilmente sul fuoco del malcontento per rendere la vita difficile alla Sindaca. Comunque vada a finire la permanenza di Virginia in Campidoglio sarà sempre più in salita.