Quella di Uber/Jump è una iniziativa privata. Una multinazionale (ma i grillini non le odiavano?) sbarca a Roma e porta 700 biciclette rosse che costeranno una fortuna a chi le noleggia. Eppure alla presentazione era schierata la classe dirigente capitolina al gran completo: la Sindaca Raggi, l’assessore alla Mobilità Calabrese, quella ai Lavori Pubblici Meleo, il presidente della Commissione Trasporti Stefàno. Insomma mezza giunta ad accogliere un privato che sceglie la capitale per avviare un proprio business.
Ma non è solo questa l’anomalia, anzi forse è la minore rispetto alle tante altre che caratterizzano questo bike sharing che serve soprattutto a fare pubblicità all’amministrazione ma che aiuterà pochissimo i romani nei loro spostamenti.
L’altra contraddizione riguarda proprio Uber. Era il febbraio 2017 quando i tassisti romani bloccarono la città con una manifestazione non autorizzata. Protestavano contro l’emendamento Lanzillotta che avrebbe aperto il mercato a nuovi operatori, tra i quali Uber. Quei tassisti agirono in modo violento e misero in difficoltà un milione di romani che volevano solo uscire di casa e raggiungere il posto di lavoro. Quel giorno la Sindaca Raggi non si schierò con i romani ma con i tassisti. Scese in piazza accanto ad una manifestazione non autorizzata! Tutto questo perché Uber era la multinazionale cattiva che voleva, nella vulgata 5Stelle, mandare sul lastrico le famiglie di chi aveva pagato cara la licenza.
Tutto dimenticato! Quella multinazionale senza cuore ieri è stata accolta con tutti gli onori. Le biciclette rosse sono state definite dalla Raggi “un servizio moderno a disposizione di tutti”. Le auto di Uber invece non sono moderne e a disposizione di tutti??
Ma andiamo avanti. Vi siete domandati come mai Roma sia stata scelta come prima città italiana per l’avvio di Jump? La risposta è semplice: perché la capitale è l’unica in Italia a non avere ancora un servizio di bike sharing vero e semi-gratuito come esiste a Torino, Milano, etc. A Roma, dunque, non c’è concorrenza per chi ha bisogno di una bici condivisa e il cittadino sarà costretto a spendere la cifra assurda richiesta da Uber.
I costi sono infatti l’altro punto dolente di questa novità. Cinquanta centesimi solo per sbloccare la bici e poi 20 centesimi al minuto. In pratica un prezzo pari a quello del car sharing di Enjoy o Car2Go, con la differenza che in questo caso hai solo una bici elettrica e non un’automobile. Questa tariffa estremamente elevata fa venire meno la vera funzione di un bike sharing e cioè il collegamento di brevi e medie distanze senza dover prendere un mezzo privato o dover attendere l’inefficiente trasporto pubblico.
A Milano, Parigi, Londra e così via i primi 30 minuti sono gratis. A Roma, con Uber Jump costeranno ben 6,50 euro, poco meno di un taxi. Pertanto chi dovrà spostarsi per un breve tragitto sarà fortemente disincentivato all’uso della bici, che resterà appannaggio di turisti e visitatori occasionali, disposti a spendere cifre elevate in vacanza. Ma un romano che dovesse usare Jump tutti i giorni per uno spostamento di 10 minuti al mattino e 10 minuti alla sera, spenderà 5 euro al giorno, che – dal lunedì al venerdì – sono 25 euro a settimana e cioè 100 euro al mese.
Un cittadino milanese invece per lo stesso uso di una bicicletta condivisa spenderà zero euro al mese. Una disparità assurda dovuta solo alla cattiva amministrazione grillina. Come abbiamo ripetuto allo sfinimento anche Roma potrebbe avere un sistema di bike sharing a bassissimo costo. Basterebbe applicare la riforma della cartellonistica pubblicitaria approvata ormai 5 anni fa durante la giunta Marino e mai entrata in vigore per non fare un dispetto ad alcune ditte di pubblicità. In sostanza la Raggi per tenersi buona qualche manciata di imprese locali, scontenta milioni di cittadini e non offre loro un servizio valido ed economico.
Ecco perché la presentazione di ieri stride ancor di più nel momento in cui la Sindaca e gli altri provano a vendersi Uber/Jump come una vittoria. E’ in realtà una sconfitta per Roma e per i suoi abitanti. Inoltre, come ha correttamente osservato Romafaschifo, a Milano il bike sharing è integrato con l’abbonamento del trasporto pubblico, mentre da noi Atac e le bici rosse resteranno due mondi distinti e separati.
Altre questioni assai poco convincenti riguardano il colore delle bici e la possibilità di lasciarle ovunque. Possiamo immaginare cosa diventerà un luogo elegante come piazza Mignanelli o via Condotti con decine di questi mezzi rosso fuoco parcheggiati ad ogni angolo. Per non parlare dei siti storici ed archeologici. Ecco perché – sebbene il free floating, cioè il flusso libero – sia molto comodo e moderno, alcune limitazioni sarebbero state opportune. In particolare sarebbe stato necessario posizionare rastrelliere o delimitare con le strisce spazi autorizzati dove parcheggiarle.
Infine il vandalismo: le bici saranno dotate di gps e questo – secondo la Sindaca – dovrebbe scoraggiare il danneggiamento. Purtroppo non crediamo sia possibile perché non è una localizzazione satellitare che impedirà di gettarle nelle fontane o nel fiume come accadde con quelle di Obike. Ecco che in una città poco civile come Roma sarebbe stato molto più utile implementare un servizio a postazione fissa, in modo che la bici venga agganciata alla ciclostazione e non possa essere trasportata. Anche questo era previsto nel sistema legato alla cartellonistica pubblicitaria che la Raggi non ha attuato.
Siamo stati lunghi, lo sappiamo, ma il tema è appassionate. Non vogliamo essere uccelli del malaugurio ma l’esperienza delle altre città insegna che il flusso libero senza un vero coordinamento non funziona. E in più questo è pure caro come un’auto di lusso. Un’altra occasione persa!
3 risposte
Quindi le multinazionali quando fanno il proprio business non sono cattive!?!?!?
Se inondano la città (capirai, un’area risicata intorno al centro storico, per il resto di roma niente) di bici rosse sono le benvenute, mentre se vogliono fare uno sviluppo immobiliare (che porta lavoro “vero” a movimento-terra, muratori, carpentieri, elettricisti, idraulici, imbianchini….) sono speculatori…..fate pace col cervello.
Questo va chiamato noleggio-bici, perchè questo è, veramente.
Con dei costi assurdi: 12,50 euro/ora è improponibile.
Stupisce poi l’appoggio in pompa magna della Giunta ad una iniziativa di un privato (perchè la Sindaca non va ad inaugurare una pizzeria che magari dà lavoro a 20 persone????). O meglio, non stupisce: è una comparsata ad uso e consumo dei suoi talebani militanti e per ammantarsi di un’aura ecologista, come per le macchinette mangiabottiglie. Ma si sa, in termini di comunicazione e narrazione i grillini non li batte nessuno. Peccato che i cittadini alle favolette non ci credono più
Non riuscendo a fare nulla come amministrazione si appropriano dei meriti altrui, come stanno facendo con i lavori sponsorizzati da Bulgari a Torre Argentina: il tweet postato ieri è vergognoso.
Beh, nell’articolo ci sono imprecisioni. Non si possono paragonare altri servizi analoghi in altre città. Quello che è sensato è invece vedere quanto Uber faccia pagare altrove per le sue Jump.
Trovo un po’ inutile la polemica sul colore… non si intonerebbe con la città? Ma per favore.
Da romano, spero ovviamente che le cose migliorino. E certo, non sarà Uber con le sue tariffe a renderlo possibile. Ma magari potrà far avvicinare un po’ più di persone alla mobilità su ebike. Secondo me c’è ancora molto scetticismo.
Poi ovvio, Uber fa i propri interessi. Però, come cosa in se, non ci vedo nulla di male. Confermando però che: 1 siamo molto arretrati rispetto ad altre città; 2 costano un botto; 3 tutto sommato però sono una figata.