Un paradosso all’ennesima potenza: il movimento politico che ha fatto della democrazia diretta il suo mantra, una volta giunto al governo della capitale d’Italia boicotta in tutti i modi un’occasione di dibattito pubblico e di coinvolgimento diretto dei cittadini, annulla nei fatti la consultazione popolare applicando un quorum non previsto e quando un tribunale gli annulla quella indegna decisione fa finta di niente dicendo che in fondo si sono espresse solo poche centinaia di migliaia di cittadini (detto da chi affida le sorti dell’intero paese alle votazioni di neanche 60mila iscritti effettuate su una piattaforma che fa acqua da tutte le parti).
Chiaramente stiamo parlando del referendum su Atac tenutosi a novembre 2018 e di cui qualche giorno fa il TAR del Lazio ha sentenziato che il quorum del 33% richiesto dall’amministrazione per la sua validità non andava applicato.
Questo vuol dire che allora la consultazione referendaria fu valida a tutti gli effetti e che quindi andava riconosciuta la vittoria dei “sì” al quesito che chiedeva se si volevano affidare i servizi di TPL tramite gara pubblica. Si badi bene, il referendum non chiedeva di affidare necessariamente a privati il trasporto pubblico locale a Roma, bensì proponeva di metterlo a gara così che il miglior offerente se lo sarebbe aggiudicato e tra i partecipanti alla gara avrebbe potuto ben esserci anche Atac.
Di fronte ad un tale inequivoco pronunciamento del TAR cosa farebbe un’amministrazione rispettosa delle leggi, delle istituzioni e soprattutto delle decine di migliaia di cittadini che per quel referendum hanno firmato e delle centinaia di migliaia di cittadini che sono andati a votare? Facile: si atterrebbe al pronunciamento del TAR, proclamerebbe, seppur con un anno di ritardo, la vittoria del “sì” al referendum e convocherebbe quanto prima una seduta dell’Assemblea Capitolina dove discutere della cosa con le opposizioni, esporre le proprie posizioni e pronunciarsi sul da fare, potendo questo ben essere la conferma del percorso già intrapreso, ossia concordato in continuità per Atac e affidamento diretto alla stessa del servizio TPL.
Cosa fa invece un’amministrazione che la democrazia neanche sa dove stia di casa, che non ha il minimo rispetto per i propri concittadini (a meno che non facciano parte di qualche cerchio magico interno al Movimento) e che arriva ad infischiarsene anche dei pronunciamenti dei giudici amministrativi? Facile anche in quetso caso: affida la difesa delle sue posizioni al più sfrontato dei propri elementi, colui che evidentemente ritiene di poter affrontare con successo qualsiasi argomento così come di svolgere adeguatamente qualsiasi compito pur non avendo competenza alcuna sulla materia specifica.
Ci riferiamo all’assessore Calabrese che ha affidato ad un post sulla sua pagina facebook il suo pensiero sul pronunciamento del TAR. Eccolo:
“La nostra volontà politica è sempre stata quella di rilanciare Atac e mantenerla saldamente in mano pubblica.
Per questo abbiamo rinnovato all’azienda l’affidamento del servizio di trasporto pubblico di Roma, scegliendo la strada del concordato per salvare la società e il lavoro dei suoi oltre 11 mila dipendenti.
Siamo sempre stati contrari alla privatizzazione di Atac. Continuiamo a esserlo anche dopo la decisione del Tar Lazio che ha accolto il ricorso del Comitato promotore del referendum che proponeva questa di affidare ai privati il trasporto pubblico della Capitale. Dunque, avrebbe vinto il ‘Sì’.
I risultati delle consultazioni popolari vanno sempre rispettati. Tuttavia, va ricordato che il referendum è solo consultivo e quindi non incide sulle scelte già compiute. Va ricordato che l’affluenza è stata solo del 16,4%. E va ricordato che i comitati per il ‘No’ hanno sostenuto l’astensione che poi è risultata maggioritaria. È stata dunque una minoranza di cittadini ad aver espresso una posizione contraria alla nostra idea di trasporto pubblico.
Idea che politicamente rivendichiamo e confermiamo: vogliamo che Atac resti pubblica e offra un servizio sempre migliore ai cittadini.”
Un po’ confuso questo pensiero dell’assessore, si converrà. Anzitutto va rilevato come Calabrese non avrà competenze specifiche in campi particolari, ma lui sì che è un “politico” e ci tiene a ribadirlo ad ogni pie’ sospinto. Parla infatti di “volontà politica“, di “idea che politicamente rivendichiamo…“, come se aggettivi e avverbi relativi alla politica dessero maggiore forza ai concetti, mentre sono semplicemente inutili e danno solo il segno del poco spessore che c’è dietro alle dichiarazioni. Ricordiamo anche il suo video di presentazione come neo assessore, dove dichiarò: “… diamo un impulso importante a livello politico rispetto ai 2 anni che mancano … ora è il momento di dare maggiore impulso alla politica.“, qualsiasi cosa con ciò volesse intendere.
Tornando alla sua dichiarazione sulla sentenza del TAR, a nostro avviso di chiaro c’è solo il concetto che apre e chiude il testo: per Calabrese e l’amministrazione di cui fa parte l’obiettivo principale è che Atac rimanga una società pubblica e che sia lei a fornire il servizio di TPL a Roma. Se poi il servizio è a livelli accettabili, se viene garantita l’incolumità degli utenti, se vengono assicurati i diritti agli spostamenti anche ai disabili, sono tutte cose che vengono dopo e di cui eventualmente si può fare a meno; la cosa principale è che Atac viva e resti pubblica (chissà come mai).
La parte dove Calabrese dice di essere contrario alla privatizzazione di Atac e di rimanerlo anche dopo la sentenza del TAR sul “… referendum che proponeva questa di affidare ai privati il trasporto pubblico della Capitale” (frase confusa ma che più o meno si capisce) è chiaramente sbagliata, stante che non era la privatizzazione di Atac in discussione e che il referendum non proponeva di affidare il servizio TPL ai privati, bensì chiedeva di metterlo a gara consentendo così a soggetti pubblici e privati di partecipare.
“I risultati delle consultazioni popolari vanno sempre rispettati.” scrive Calabrese, dimostrando però subito dopo di avere uno strano concetto del termine “sempre”. E parte con una serie di “va ricordato“:
– il referendum è solo consultivo e quindi non incide sulle scelte già compiute”, il fatto che sia consultivo significa che indica una posizione di cui l’amministrazione deve tener conto, potendola anche rifiutare ma discutendone nelle sedi opportune con chi la pensa diversamente e motivando eventuali diverse decisioni; che il referendum non incida sulle scelte già fatte può dirlo solo uno totalmente digiuno di processi democratici;
– “l’affluenza è stata solo del 16,4%”, e allora? Il TAR ha appena sentenziato che il quorum non avrebbe dovuto essere considerato e quindi quand’anche fosse andato anche un solo cittadino a votare se ne doveva tenere conto; peraltro a votare ci sono andati quasi 400mila elettori, non esattamente una platea trascurabile, per cui il minimo sarebbe rispettare il loro gesto evitando di liquidare la cosa con un breve ed insulso post su facebook;
– “E va ricordato che i comitati per il ‘No’ hanno sostenuto l’astensione che poi è risultata maggioritaria. È stata dunque una minoranza di cittadini ad aver espresso una posizione contraria alla nostra idea di trasporto pubblico.” e con questa perla possiamo proclamare Calabrese “novello Ruini”, avendo egli copiato in pieno l’impostazione che il furbo cardinale scelse nel 2004 per boicottare il referendum sulla ricerca scientifica; complimenti all’assessore che invece di riconoscere l’errore fatto dall’amministrazione nel considerare il quorum, errore certificato dal TAR, e valorizzare quindi quei cittadini che partecipando al referendum hanno voluto far conoscere la propria posizione, imbarca nel suo campo tutto la fisiologica astensione ai referendum; un altro fulgido esempio di cosa voglia dire la partecipazione dei cittadini per costoro.
Davvero imbarazzante questa pseudo difesa della posizione dell’amministrazione affidata all’assessore Calabrese e immaginiamo condivisa da tutta la maggioranza M5S. Riguardo Calabrese questa è la prova che egli oltre a non capire nulla di trasporti e mobilità (e non ci capacitiamo come egli possa pensare di essere minimamente adeguato a ricoprire quel delicatissimo ruolo), manca anche della comprensione dei processi democratici e della necessità che le parti in campo si confrontino apertamente nei luoghi della rappresentanza e non solo sui social a senso unico che tanto piacciono al MoVimento.
E prima di concludere vogliamo ricordare anche noi qualcosa a Calabrese e all’amministrazione M5S tutta. Tra le porcate messe in campo per boicottare il referendum Atac la peggiore è stata la decisione di non volerlo accorpare con le elezioni politiche, chiaramente con l’intento di farlo fallire dal punto di vista del quorum (anche se ora il TAR ha confermato che tale quorum non dovesse esserci). Di quella decisione si fece paladina l’allora assessore Meleo, degnissimo predecessore dell’attuale, con motivazioni del tutto campate in aria. Ebbene si è stimato che il mancato accorpamento sia costato alle casse comunali circa 16 milioni di euro!?! 16 milioni sono, ad esempio, l’equivalente di 45 autobus nuovi, ma per l’amministrazione M5S è stato meglio dilapidarli in una nuova votazione, invece di approfittare delle elezioni politiche, solo per accertarsi che il referendum fallisse.
Ovviamente nessuno dell’amministrazione ha mai contestato queste cose, sempre per la regola che i cittadini è meglio ignorarli che starli a sentire, e siamo sicuri che anche questa volta né Calabrese né altri ci degneranno di una qualche considerazione.
Chiudendo, sulla questione specifica del referendum, nessuno si aspetta che l’amministrazione compia un’inversione a u e metta a bando il servizio di trasporto pubblico locale a Roma. Il fatto però che il TAR abbia riconosciuto come valido il risultato del referendum di un anno fa impone all’amministrazione di organizzare un’apposita seduta dell’Assemblea Capitolina dove possano essere presentate di nuovo le diverse posizioni e dove l’amministrazione può confermare i propri intenti.
Far passare tutto alla chetichella, come sembra proprio sia intenzione di Virginia Raggi e compagnia, è l’ennesimo schiaffo alla città ed alla possibilità che vi si possano ancora tenere processi partecipativi e di democrazia diretta.
Una risposta
I referendum vanno bene solo se proposti da loro e con quesiti equivoci che favoriscano l’esito che loro desiderano. Continuano a dire bugie parlando di privatizzazione quando si chiede solo una gara, quelle che loro hanno preteso per tutti gli appalti, dimostrando di non essere tanto capaci… Forse temono di fare l’ennesima brutta figura.