La continua chiusura delle librerie romane e la profezia di Andy Warhol

Stando ai dati della Confcommercio, sono 226 le librerie che hanno abbassato la saracinesca a Roma, dal 2007 al 2017. Una media di due librerie al mese. Una lenta agonia che si è insinuata nella capitale come un virus silenzioso. Nel giugno del 2019 lo scrittore Claudio Morici si chiedeva in un bellissimo articolo, pubblicato sull’Internazionale, chi fosse il serial killer delle librerie romane, e chi lo stesse aiutando nel suo inesorabile piano.

Tra i maggiori sospettati, dopo un’attenta analisi sul sistema librario e sui suoi paradossi, spiccavano anche le grandi catene di distribuzione, come Mondadori e Feltrinelli. Ma la notizia degli ultimi giorni della chiusura di due punti Feltrinelli nella capitale ha mandato in subbuglio l’opinione pubblica, come dire “ci siamo sbagliati, il serial Killer è ancora a piede libero”. Ma sapevamo già che scaricare la responsabilità sulla grande distribuzione era solo un modo di mettere la testa sotto la sabbia e far finta di non vedere. La vendita al dettaglio, infatti, è in crisi in tutti i campi. Amazon è il gigante su cui tutti puntano il dito, e l’ebook è sempre dietro l’angolo pronto a cancellare le prove dell’omicidio. Ma diciamo pure la verità, se Amazon è responsabile del declino di molte attività e della flessione di molti settori, non può essere il responsabile della caduta delle librerie (fermo restando che tutti  auspichino un intervento dello Stato per far sì che il colosso americano paghi le tasse per i guadagni fatturati in Italia).

Leggendo i dati è lapalissiano che se in media un italiano su quattro legge un libro l’anno, quel libro, se pur venduto su Amazon, non può  incidere in maniera drastica sul tracollo del piccolo libraio. Sui vari meccanismi della crisi del settore sono stati indicati tanti fattori, tanti colpevoli, ma quello su cui dobbiamo interrogarci resta solo uno, ovvero il continuo calo dei lettori. Ebbene sì, anche se era intrigante immaginarlo, non esiste nessun serial killer, non vi è nessun diabolico piano per renderci tutti orfani di librerie. Abbiamo solo scoperto che il virus siamo noi.

Ogni cittadino è portatore di questo virus. Eh già, perché il dato più allarmante, come detto, è il continuo calo di lettori (in Italia il 32,3 per cento dei laureati non legge nessun libro). Quindi se volessimo ancora trovare il serial killer non resta che guardarci allo specchio.

Se questa analisi vale in generale per la questione delle librerie italiane, la questione romana è ancora più preoccupante, perché 226 librerie significa una perdita enorme: la città si è impoverita nella sua struttura più importante ovvero quella culturale. L’idea di campare solo con i monumenti e con le mostre, solo come meta turistica, sta rendendo sempre di più Roma un grande parco giochi a tema. Un’idea che sta offuscando la prospettiva di tutti, non riusciamo più a inquadrare Roma come una città (quindi centro di aggregazione sociale) ma sempre più come un centro commerciale.

Ancora più assurdo è il silenzio delle istituzioni di fronte a questa mattanza. Le librerie andrebbero difese con tenacia, quando non vengono difese si indeboliscono, vengono emarginate e finisce che un manipolo di idioti gli dia pure fuoco. Perché la libreria non è un “non luogo”, è un avamposto, forse il più importante, una sorta di ad limina da varcare, l’ultimo granaio dove accantonare riserve per l’inverno, da prendere al momento giusto e nel modo giusto, dove rifugiarci.

A quanto pare la chiusura della Feltrinelli ha scosso in profondità l’immobilismo delle istituzioni, che promettono di intervenire quanto prima. Ricordiamo però che nel 2016 quaranta librai romani, riuniti in consorzio, parteciparono a un bando ottenendo centomila euro. Nell’euforia generale si è festeggiato e brindato, progettando un futuro che non è mai pervenuto, perché i primi trentamila euro sono arrivati solo due anni e mezzo dopo, con il risultato che molti librai del consorzio hanno chiuso in attesa di quei fondi. Quindi, la questione delle librerie non è da sottovalutare né tanto meno da prendere alla leggera, con slogan e annunci interessati.

Deve essere una questione da affrontare con grande partecipazione e senza divisioni di partito o di schieramento, ogni mese ritardato equivale alla potenziale chiusura di due librerie. Da ogni chiusura nasce una sorta di buco nero che risucchia tutto quello che vi era intorno, il quartiere si depaupera, perde una fetta di storia che non recupererà mai più.

Se, allora, il deperimento dei lettori è la causa principale di questo crollo, le politiche di assistenza non possono mirare semplicemente a un flusso maggiore di denaro destinato alle librerie. Bisognerebbe puntare ad arginare una delle ragioni che distanzia le persone dall’acquisto dei libri: il prezzo di copertina. Potremmo scrivere altri mille articoli sul sistema che genera le tariffe in vigore nel nostro paese, preferiamo invece soffermarci sulle politiche attuate. Le bonus card, ad esempio, destinate ai più giovani, andrebbero estese a tutti (ovviamente su base reddituale), senza limiti di età, e spendibili in ogni libreria, affinché si possa invertire la rotta, in modo che il libro diventi un bene a basso costo e non un bene di lusso, perché leggere è soprattutto un diritto.

Riportiamo alcuni nomi di librerie scomparse che dovevano smuovere gli interessi pubblici al pari della Feltrinelli: Ramainders, Invito alla lettura, Fanucci, Croce, Amore e psiche, Fandango incontro, Flexi, Zalib, MelGiannino, Libreria del Viaggiatore.

Nella speranza, dunque, che le istituzioni intervengono veramente sulla questione ci sembra opportuno riportare le parole di Andy Warhol: “Roma è l’esempio di ciò che accade quando i monumenti di una città durano troppo a lungo”.

 

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3 risposte

  1. Personalmente sono dell’idea che il calo di lettori non dipenda dal costo dei libri
    Certo, in alcuni casi può essere vero, ma il motivo fondamentale è che la gente non legge e i lettori sono in diminuzione
    Le librerie, che piaccia o meno, sono un’attività commerciale: in mancanza di clienti chiudono
    Certo, è possibile mantenerle artificialmente in vita elargendo fondi a perdere, ma in assenza di lettori (unica ragione di esistere delle librerie) si tratta di accanimento terapeutico, il tutto detto da chi legge ben più dei 4 libri di media
    En passant faccio notare che oltre alle librerie, e per motivi simili, stanno sparendo anche le edicole

    1. Caro Andrea,
      ha perfettamente ragione. Nell’articolo abbiamo infatti specificato che il costo dei libri è “una delle ragioni”, quella in cui lo Stato potrebbe intervenire maggiormente senza scontrarsi con il sistema editoriale. Permettere a tutti l’acquisto di libri è il primo passo verso l’educazione alla lettura. La questione delle edicole è un altro tema spinoso che affronteremo presto.
      Buona giornata dalla redazione.

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