Roma è pronta allo Smart Working ai tempi del Covid19? I vantaggi per la città e l’ambiente

Nel Trecento l’Europa fu colpita da una serie di congiunture negative che portarono inevitabilmente al tracollo dei suoi assetti sociali ed economici.

Le calamità più importanti che scossero il continente furono uno sconvolgimento climatico, che causò una delle più grandi carestie della storia, e la diffusione dell’epidemia della peste, trasportata in Italia da una nave genovese proveniente dalla colonia di Caffa in Crimea, che decimò la popolazione.

Questi due scenari cambiarono per sempre l’economia contemporanea e le istituzioni politiche. Da una parte i vecchi poteri centrali come papato e impero conobbero un drastico arretramento di potere favorendo la nascita di nuove forme di politica e formazioni territoriali, quest’ultime sempre più estese e governate da un sovrano che concentrava tutti i poteri nella sua persona. Un laboratorio che portò alla nascita delle monarchie in Europa e delle Signorie in Italia.

Se da una parte la crisi innescata nel Trecento terrorizzò il mondo, sbandierando l’ipotetico inizio della fine, questa ebbe comunque dei risvolti positivi che diedero i loro frutti soprattutto a lungo termine.

Infatti, la crisi economica trascinò i Paesi in un netto miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Nel breve periodo si ebbe un rialzo dei salari e i Signori per aumentare la forza lavoro e incrementare le rendite stipularono contratti più favorevoli, coinvolgendo direttamente i lavoratori nella gestione delle attività.

Anche oggi, a distanza di sette secoli, due grandi congiunture, simili al Trecento, impongono un serio ripensamento dei nostri stili di vita, dal rapporto con l’ambiente, a quello con le istituzioni, fino al ripensamento dei vincoli lavorativi.

Il Coronavirus si è abbattuto in pochi mesi in quasi tutti i paesi del mondo, mettendo in luce le debolezze delle Nazioni, dalla cooperazione alla tenuta sociale ed economica.

Solo in Italia sono stimate perdite che vanno dai 9 ai 27 miliardi di euro. Si pensi che in Europa, per quanto riguarda il mercato dell’auto, sono previsti mancati incassi per quasi 3 miliardi di euro.

Le metropoli e le grandi città hanno evidenziato tutte le loro fragilità nel fronteggiare questa crisi e la politica si è trovata inerme e senza azioni adeguate nell’immediato per una minaccia che non aveva ponderato potesse realmente accadere. La modernità che credevamo di possedere si è rivelata insufficiente.

In molti denunciano anche la sospensione della democrazia e la diminuzione delle libertà personali come un qualcosa di inaccettabile, ma in realtà non resta che assecondare le drastiche decisioni prese per rilanciare al più presto i paesi colpiti maggiormente. In questo scenario, l’unica arma che ha mostrato i denti affilati è stata la tecnologia.

Questa sembra essere il nostro più grande alleato: è in grado di abbattere qualsiasi tipo di distanza e con costi sostenuti, favorendo un continuo tavolo di incontro per proposte e soluzioni innovative. Una delle tante che ostenta maggiori ricadute positive è lo “smart working” che da anni si è sempre più diffuso nel mondo.

I dati parlano chiaro: coloro che usufruiscono dello smart working, sono più felici del lavoro, non intendono cambiarlo e puntano a migliorarsi, non soffrono di mobbing né tanto meno da stress d’ufficio, aumentano la produttività e vedono prima di chiunque altro le falle nei loro sistemi aziendali. La ricaduta positiva che avrebbe sull’economia è considerevole. Molti avrebbero più tempo libero, recuperandolo dal pendolarismo, in modo da impegnarlo in attività extra lavorative, dedicandosi alle loro famiglie e coltivando passioni e hobby che prima erano costretti a reprimere.

Chiunque sarebbe libero di scegliere dove lavorare, in questo modo si potrebbe lavorare nei bar, nelle librerie, nelle biblioteche pubbliche e private, nei caffè, iniettando un’importante dose di liquidità in altre attività, innescando una catena virtuosa che al momento non sembra mostrare delle falle. Anche l’ambiente avrebbe il suo torna conto, con il dimezzamento dell’uso di mezzi pubblici e privati. È stato infatti stimato che in due mesi dalla diffusione del Coronavirus l’inquinamento, su scala mondiale, è diminuito del 30%.

Il grave periodo che stiamo affrontando ci offre dunque la possibilità anche in chiave romana, di lanciare una seria riflessione per aggiungere in città un tassello di modernizzazione. Lo smart working non dovrebbe essere solo sponsorizzato negli uffici pubblici, come è stato fatto in passato, serve invece una campagna di educazione soprattutto nelle aziende e nelle scuole di formazione, affinché siano i dipendenti stessi a pretendere quello che un giorno potrebbe diventare un diritto.

Il lavoro intelligente, dunque, dovrebbe diventare il nuovo volano dell’economia, soprattutto in una città difficile come Roma, e dovrebbe essere strutturato anche dopo il superamento della crisi da Coronavirus, in moltissime realtà aziendali.

La città potrebbe essere stimolata a migliorare le sue infrastrutture, come per esempio aumentare le zone coperte dalla connessione internet gratuita, creare delle work station e offrire supporto a quei locali che decideranno di ospitare questi lavoratori nomadi. La mobilità diminuirebbe drasticamente la sua congestione quotidiana e molte zone della città potrebbero essere riqualificate in questa nuova prospettiva. Il cittadino infatti graviterà sempre di più nella sua zona di residenza, vivendo e spendendo nel proprio quartiere, le periferie potrebbero uscire dalla loro etichetta di “zone dormitorio” e rilanciarsi come centri aggregativi sociali.

Non dimentichiamo infatti che Roma ha uno dei più grandi flussi di pendolarismi interni ed esterni, per una cifra che tocca quasi i 3 milioni di cittadini, di questi solo 1 milione è residente nelle zone limitrofe al Grande Raccordo Anulare.

Paesi, quartieri e piccole cittadine si svuotano ogni mattina, diventando zone fantasma e perdendo un’importante fetta di economia. Di conseguenze le amministrazioni locali abbandonano le politiche sociali e di manutenzione dei servizi, rinunciando dunque alla crescita, consegnandosi spontaneamente al vuoto e al degrado.

La peste nera del Trecento aprì le porte alla rivoluzione industriale, introducendo il concetto di “capitale” e di “economia capitalista”, quel fenomeno che a Roma non si è mai veramente verificato, lasciando che la città crescesse nel tempo senza una visione moderna e manageriale.

L’occasione, pertanto, è ghiotta, ma tutto si basa ovviamente su un fattore non quantificabile, ovvero quello della fiducia tra datore di lavoro e dipendente e tra cittadino e istituzione.

 

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2 risposte

  1. Ottimo spunto di riflessione, da mettere seriamente in agenda per chi si vorrà candidare a guidare Roma non appena gli scappati di casa ora al governo se ne torneranno da dove sono venuti.

  2. nella mia azienda siamo passati da due giorni di smart working, a quattro in questo periodo di emergenza.
    E si lavora molto di più!!! Soprattuto c’è un rapporto fiduciale fra dipendenti e società: a noi conviene “rigare dritti” e “produrre” perchè altrimenti ci fanno ritornare al traffico, ai mezzi pubblici e alla scrivania, mentre l’azienda ci vede più veloci nel produrre, più efficienti e più contenti.
    Noi ci godiamo la famiglia, ci alziamo più tardi, risparmiamo benzina, non inquiniamo con le nostre auto e rispondiamo alle mail dei clienti in pigiama e pantofole 🙂
    Smart working forever

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