Fondamentale la mobilità ciclabile nella fase 2, nell’unica città senza bike sharing

Tutti a parlare di piste ciclabili temporanee per la fase 2 in era COVID19. Se Roma facesse sul serio nominerebbe un bike manager come si deve

Un bel problema la mobilità a Roma nella fase due del COVID19, quando pian piano le attività economiche riprenderanno e le persone ricominceranno a muoversi in città.

Prevedibilmente in molti cercheranno di utilizzare l’automobile come mezzo di trasporto privato, per evitare gli inevitabili affollamenti nei mezzi pubblici, e quindi c’è da aspettarsi un aumento notevole del traffico automobilistico.

Un modo per fornire una valida alternativa all’automobile privata è cercare di incentivare al massimo la mobilità alternativa, quella pedonale ma soprattutto quella ciclistica e la cosiddetta micromobilità (monopattini, monoruota, ecc.), anche istituendo dei percorsi ciclabili temporanei.

Questa idea è stata avanzata da qualche settimana da diverse associazioni di ciclisti e pare ormai aver fatto breccia anche nell’ambito del comitato presieduto da Vittorio Colao, quello che dovrebbe guidare la “ricostruzione” del paese. Ne ha parlato infatti anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, in un suo recente post su facebook.

 

Delle opportunità offerte dalla mobilità ciclabile in tempi di COVID19 si è parlato molto anche nell’ultima seduta della commissione mobilità dell’Assemblea Capitolina, quella presieduta da Enrico Stefàno. Qui il resoconto della seduta predisposto dal presidente e qui la registrazione integrale della stessa.

Noi l’abbiamo vista tutta la seduta ed abbiamo notato una cosa: in molti hanno sottolineato l’importanza di puntare con decisione sull’ampliamento della mobilità ciclabile (il Dipartimento, la FIAB, la Consulta per la sicurezza stradale, Legambiente, Salvaiciclisti) ma nessuno ha pensato di ricordare che Roma è l’unica grande città europea priva di un efficace sistema di bike sharing (Jump di Uber non può infatti essere considerato un vero bike sharing, come abbiamo spiegato qui e qui).

E dire che un buon bike sharing cittadino sarebbe di fondamentale importanza per aumentare in maniera consistente gli spostamenti in bicicletta. Immaginiamo infatti le decine di migliaia di pendolari che ogni giorni arrivano a Roma in treno o con gli autobus del Cotral e che potrebbero utilizzare le bici del bike sharing per spostarsi in città; pensare che ognuno di loro possa portare con sé il proprio mezzo è insostenibile al momento, non essendoci spazio sufficiente sui treni o sugli autobus.

Eppure niente, Roma sembra essere condannata a dover fare a meno di un sistema di bike sharing ma soprattutto ad avere tutti coloro che a vario titolo si occupano di mobilità, in particolare le associazioni di ciclisti, fare finta di niente per anni rispetto ad una tale macroscopica mancanza.

 

L’amministrazione Raggi si era trovata fin dall’inizio del mandato un vero sistema di bike sharing servito su un piatto d’argento, previsto dalla riforma degli impianti pubblicitari approvata dalla precedente Assemblea Capitolina.

Perché non sono stati fatti i pochi passaggi che in meno di un anno avrebbero fatto arrivare il bike sharing a Roma non si è mai saputo, anche perché in quasi quattro anni il sindaco Raggi non è mai riuscita a spenderci neanche una parola sull’argomento. In realtà un’idea del perché la riforma degli impianti pubblicitari non è mai stata attuata ce l’abbiamo ed è collegata all’avversità che il presidente della commissione commercio, Andrea Coia, ha sempre dimostrato nei suoi confronti. Lo ricordiamo ad esempio nel 2016 manifestare forti perplessità sul fatto che il sistema di bike sharing dovesse essere affidato a privati (come peraltro fatto nella stragrande maggioranza delle città del mondo)!?!

 

Va detto che improvvisamente all’inizio di quest’anno qualcuno nell’amministrazione Raggi si deve essere reso conto dell’assurdità di non aver portato a dama una riforma bell’e pronta già nel 2015 e che avrebbe portato ordine nella giungla di cartelloni, assicurato maggiori introiti per le casse comunali e dato finalmente a Roma un vero sistema di bike sharing. L’assessore-fantasma al commercio, Carlo Cafarotti, deve essere quindi stato caldamente “invitato” a procedere con la riforma così come approvata dall’aula Giulio Cesare (dopo che anch’egli aveva fatto di tutto per smontarla) e finalmente, con quattro anni di ritardo, il massimo esperto della materia nell’amministrazione capitolina è stato messo in pista. Peccato che nel frattempo alcune norme a livello nazionale hanno modificato il quadro normativo e ulteriori interventi alla riforma si sono resi necessari, allungando ancor di più i tempi di attuazione.

 

Noi siamo convinti da sempre della valenza della mobilità ciclabile anche nella città dei sette colli. Lo eravamo anche quando le biciclette a pedalata assistita erano una rarità e lo siamo ora ancor di più ora che queste sono praticamente alla portata di tutti (introdotte anche nei sistemi seri di bike sharing, dove disponibili).

Per questo seguiamo con estremo interesse chi fa sul serio sulla mobilità ciclabile, tipo il Municipio VII che tra non molto metterà a disposizione dei cittadini un percorso protetto dall’estrema periferia di Tor Vergata alla centrale stazione Tuscolana.

Per questo ora che si sta pensando di realizzare piste ciclabili temporanee, o provvisorie, vogliamo riproporre la nostra idea di una “bike lane” sul lungotevere di sinistra: una dorsale di circa 9 km a disposizione di biciclette e mezzi di micromobilità ed a servizio di tutto il centro storico di Roma.

Per questo continuiamo a chiederci come sia possibile che una città come Roma, ancora quasi alla preistoria in tema di mobilità ciclabile, non abbia un responsabile unico nell’amministrazione capitolina che segua tutti gli aspetti e i progetti legati alla ciclabilità. Dopo l’inutile parentesi del bike manager Paolo Bellino (en passant anch’egli mai stato in grado di spendere una parola sul bike sharing a Roma), l’allora assessore Meleo non chiarì mai perché alle dimissioni del Bellino non seguì la nomina di un nuovo delegato alla ciclabilità. Allo stesso modo l’attuale assessore Calabrese, a parole un convinto fautore della mobilità alternativa, non ha mai fatto menzione della necessità a Roma di avere una figura istituzionale dedicata al 100% alla mobilità ciclabile ed in grado di far fare dei consistenti passi avanti sul tema alla città e ai cittadini.

 

Chiudiamo quindi con una ulteriore proposta concreta per l’amministrazione. Se veramente si vuole investire sulla mobilità ciclabile per cercare di alleggerire sia il trasporto pubblico che la mobilità privata in automobile, si nomini un delegato alla mobilità alternativa e lo si fornisca di uno staff adeguato.

Già a suo tempo avanzammo un possibile candidato per tale ruolo che, siamo sicuri, non sarebbe messo in discussione da nessuno, tale è la sua competenza, passione ed esperienza accumulate in materia. Ci riferiamo a Paolo Gandolfi, relatore alla Camera nella passata legislatura per la legge sulla mobilità ciclistica e incredibilmente non ricandidato dal PD alle ultime elezioni politiche.

Assegnare per una volta a Roma la persona giusta nel giusto ruolo dimostrerebbe la reale volontà dell’amministrazione di voler affrontare con serietà l’enorme problema della mobilità cittadina in era di COVID19.

Siccome già sappiamo che ciò non verrà fatto, ci accomodiamo per assistere all’ennesimo fallimento dell’amministrazione Raggi.

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