Con le città svuotate dal turismo e dallo shopping del fine settimana, il Covid ha messo in luce le peculiarità dei centri urbani e non solo. Ne ha mostrato gli aspetti più intimi e fragili. I residenti hanno scoperto degli angoli della propria città che prima non riuscivano a godere. Così i monumenti e le piazze si sono mostrate in tutta la loro bellezza. Eppure, nonostante questa ostentazione positiva, vi sono ancora dei luoghi che i cittadini non conoscono appieno.
È quello che sta accadendo per esempio all’interno della stazione ferroviaria di Roma Termini. Alcuni moduli commerciali sono stati smantellati per garantire il distanziamento sociale durante il deflusso dei passeggeri in entrata e in uscita. Altri negozi, invece, hanno cessato la propria attività, a causa della crisi economica, con il risultato che il grande atrio della stazione, dopo più di 60 anni dalla sua costruzione, ha messo in evidenza delle peculiarità architettoniche uniche nel suo genere.
Parliamo della grande pensilina che da piazzale dei Cinquecento entra nella stazione fino alla galleria centrale. Un elemento unico che costituisce un vero e proprio monumento per la città.
La sua storia risale al 1947 quando venne bandito un concorso per la progettazione di un fabbricato frontale per chiudere gli edifici della vecchia stazione edificati prima della Seconda guerra mondiale. La gara fu assegnata ad un gruppo di architetti: Montuori e Calini, Vitellozzi, Castellazzi, Fadigatti e Pintonello.
Nel 1948 i vincitori presentarono il progetto definitivo che conteneva quattro grandi parti costruttive ognuna con una sua specifica funzione ed una propria articolazione. Dall’ingresso fino al rifacimento di tutta la galleria antistante i binari.
La grande pensilina era il primo elemento che si doveva incontrare da piazzale dei Cinquecento, con un’altezza di 13,5 metri, nel suo punto più alto. Fu realizzata in soli due anni e inaugurata il 20 dicembre 1950.
La forma della pensilina, chiamata “il dinosauro”, fece subito scalpore per la sua anima razionale nonostante presentasse un movimento organico. Divenne una delle opere più interessanti e apprezzate nel panorama italiano e non solo, in quanto, nel pieno dopoguerra racchiudeva in sé uno sforzo di rinnovamento per tutta la cultura architettonica.
Le sue nervature di cemento armato si alternano ad asole di vetro interposte che ospitano l’impianto di illuminazione, sono lunghe 53 metri con uno sbalzo all’esterno di 19 metri per garantire la copertura alle auto in sosta per lo scarico e il carico dei passeggeri.
In queste settimane di riordino interno della stazione tutti coloro che si troveranno lì di passaggio potranno ammirare la pensilina in tutta la sua magnificenza senza essere distratti da elementi di disturbo.
Roma, dunque, non è solo la città dei papi e degli imperatori, ma è anche un luogo dove ammirare il turismo architettonico, in voga in questi ultimi vent’anni. È piena di complessi architettonici dove si sono sperimentate molte tecniche costruttive, soprattutto nel dopoguerra.
Ripartire dalla riscoperta dell’architettura contemporanea potrebbe essere un’ottima spinta per attirare in città un nuovo tipo di turismo, diversificando l’offerta e portando sempre più persone in zone prima sconosciute, come l’immensa periferia romana. Un fenomeno che si è già mostrato vincente in molte capitali europee: Parigi, Vienna, Berlino, Madrid, Londra, da anni organizzano tour per visitare luoghi contemporanei, basti pensare alle costruzioni di Le Corbusier, alla scuola del Bauhaus, ai progetti di Renzo Piano e molti altri.
Una strategia di questo genere potrebbe creare un grande processo di rigenerazione e magari lanciare la città in una nuova fase costruttiva cancellando le ombre e le incertezze sui nuovi progetti che da anni aspettano di trovare una loro giusta collocazione, un esempio fra tutti: lo stadio della Roma.
Riscoprire queste storie aumenterebbe anche la consapevolezza dei romani di possedere dei tesori da custodire al di là dei classici monumenti del centro storico.