Roma 2021: Giovanni Caudo, un candidato sindaco di cui si parla poco

La candidatura di Giovanni Caudo alle elezioni del 2021 non ha suscitato nessun clamore, eppure sono molte le associazioni e i comitati che seguono il candidato e sposano il suo programma.

Settimana dopo settimana, si delineano sempre di più i nomi di coloro che saranno i prossimi candidati alla corsa al Campidoglio. Una gara elettorale che sta entrando nel vivo, ma che ancora non scalda appieno i motori per quella che sarà una tornata elettorale importantissima, vuoi per la situazione drammatica in cui versa la città vuoi per le alleanze di governo che proprio a Roma decideranno il loro futuro.

Il Partito Democratico ufficialmente non ha ancora nessun candidato, la sindaca Virginia Raggi ha deciso di candidarsi nonostante i molti malumori all’interno del suo movimento. Carlo Calenda ha impresso uno scossone alla scena politica romana e la destra discute se calare dall’alto un volto politico oppure se affidarsi a persone di grande risonanza mediatica come per esempio Guido Bertolaso. Per non parlare poi della pletora di persone che cercano di autocandidarsi, attraverso movimenti, liste civiche e partitini ancorati alla prima Repubblica, convinti che il tempo non sia mai passato.

Virginia Raggi e Carlo Calenda, foto da ilmessaggero.it

 

Tutti nomi che vengono presi e ripresi dai quotidiani nazionali e dai programmi televisivi, con ospiti, interviste e molto altro. Nonostante questo mare magnum, poco o pochissimo si parla di programmi, di progettazione, di come uscire dagli enormi problemi che attanagliano la capitale: mobilità, rifiuti, emergenza economica. Per alcuni è troppo presto, ma a Roma a mancare è proprio il tempo. Sette mesi passeranno in un lampo e questo continuo tergiversare non è altro che il riflesso di una vecchia e polverosa visione della città in cui si è convinti che la strategia politica sia ancora la chiave di volta per governare l’Urbe.

Eppure, in questa situazione di confusione c’è qualcuno che ha le idee chiare e ha già lanciato i primi segnali di una progettazione seria e professionale di quella che dovrà essere, per forza di cose, l’agenda del futuro sindaco. Parliamo del candidato Giovanni Caudo, professore presso il “Dipartimento di Architettura” dell’Università di Roma Tre ed ex assessore all’Urbanistica nella giunta di Ignazio Marino.

Il suo nome iniziò a circolare sulla stampa nazionale da fine settembre, quando lo stesso Caudo aveva dato la disponibilità per correre anch’egli alle primarie del PD. Ma nel momento in cui iniziò a delinearsi il programma da presentare ai cittadini, all’improvviso, i riflettori hanno iniziato ad affievolirsi.

Ciò nonostante, lontano da una comunicazione social fatta di provocazioni e insulti, Giovanni Caudo ha subito innalzato il livello del dibattito politico a Roma, mettendo al primo posto di un’ipotetica azione di governo uno dei problemi più endemici, ovvero l’emergenza abitativa. Una “questione romana” lontana dal risolversi, che si lega, oggi, indissolubilmente a molte altre criticità accelerate dal coronavirus: crisi economica, diminuzione del turismo, spopolamento di interi quartieri del centro storico e della cinta limitrofa.

Già nel maggio del 2020, Giovanni Caudo aveva rilasciato un’intervista all’Agenzia Dire in cui sottolineava le grandi criticità della capitale mostrate a tutti dalla pandemia. Una città debole, in crisi, che si trascina da anni e che non sa progettare il proprio futuro, vittima di un’economia di consumo che il virus ha spazzato via.

Senza turismo e senza industrie, Roma dovrà completamente reinventarsi, allinearsi alle grandi capitali europee e progettare quello che vorrà essere tra dieci o vent’anni. Una sfida che potrà vincere solo attraverso l’economia dell’innovazione e della rigenerazione.

Giovanni Caudo, foto da caudoalterzo.it

 

In un Tweet del 16 novembre 2020 il “Comitato Caudo Sindaco” ha rilanciato l’attenzione del suo candidato verso l’emergenza abitativa. Roma ha perso, nella “città consolidata”, ovvero nell’area dei quadranti centrali, una popolazione pari a 800 mila unità. Una piccola metropoli che è letteralmente emigrata in quartieri a ridosso del Grande Raccordo Anulare.

Cosa comporta questa dispersione? L’impoverimento di tutto il centro cittadino e automaticamente l’aumento di criticità nei quartieri più popolosi che non riescono a sopperire a tutte le richieste di servizi. È un fenomeno molto preoccupante (che anche Diario Romano aveva denunciato a più riprese) a cui Caudo cerca subito di dare una risposta, basandosi sulle sue competenze di urbanista:

“Invertiamo il trend per ripopolare il centro della città in 3 mosse, favorendo: 1 suddivisione appartamenti grandi, 2 riconversione appartamenti B&B per affitto residenti, 3 riconversione in alloggi, anche sociali, di immobili pubblici non utilizzati (ex caserme, uffici dimessi, ecc.)”.

Ovviamente è solo la premessa a un piano di intervento che riguarderà una città cresciuta a dismisura, senza un’attenta politica sociale ed economica. Roma nel suo avanzare ha divorato tutto quello che incontrava, l’agro romano è letteralmente scomparso, la sua campagna oggi è costituita dai terreni di altri comuni limitrofi.

Come ha giustamente sottolineato Christian Raimo, su “Internazionale”, sulla questione abitativa si giocherà la vera partita del futuro di Roma, perché le istituzioni si ritrovano a confrontarsi con “una campagna diventata metropoli senza mai essere diventata città”.

Dunque, per traghettarla da luogo che arranca e vive di contributi statali a luogo innovativo, avanguardista, distaccato dalla solita visione di meta turistica ripiegata su se stessa, serve un grande dibattito pubblico, la partecipazione di tutte le forze politiche. Occorre mettere da parte le ideologie, le retoriche contrapposte, la superficialità della comunicazione, perché tutti questi elementi influiscono negativamente sulla collettività.

In molti attendono con ansia i programmi dei futuri possibili sindaci, ma per il momento all’appello sono solo pervenute denunce di degrado e di mala amministrazione, critiche alla manutenzione ordinaria e straordinaria, realtà che i cittadini vivono e segnalano ogni giorno. Immaginare invece come Roma potrà essere nel 2030, o nel 2040, o anche solo nel 2025, anno del Giubileo, sembra qualcosa di impossibile, di utopico se non addirittura distopico.

Siamo costretti a parlare di piste ciclabili fatte male, parcheggi in doppia fila, rifiuti per le strade, strisce pedonali sbiadite, autobus che vanno a fuoco e metro allagate, alberi che cadono e foglie che non vengono raccolte in una stagione, a quanto pare mai esistita prima d’oggi, come quella invernale. Mentre in Europa, i sindaci delle grandi metropoli si incontrano, fanno meeting, conferenze, progettano le “città future”, in sinergia e consapevolezza dei propri mezzi e delle proprie divisioni di partito.

In fondo, anche da noi, basterebbe un confronto aperto e costruttivo tra tutti gli attori in gara, affinché anche i progetti di chi non siederà nell’aula Giulio Cesare possano essere valutati nel merito e sposati per il bene di tutti.

Per il momento, Giovanni Caudo ha mostrato le prime carte, e questo basta per alzare l’asticella della disputa. Come in una partita di poker sono carte di un’ottima mano che nessuno vuole vedere, iniziando dai giornali e dai programmi tv.

 

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