“Giù le mani dal Parco Teulada”. Allarme dei residenti su possibili cementificazioni

Il tribunale penale starebbe per costruire un edificio nell'unica area verde del quartiere. Il ministro Bonafede smentisce ma nel parco appaiono misteriose trivelle

Nel quartiere della Vittoria sta scomparendo l’ultimo parco. Tra via Teulada e viale Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a ridosso dell’area del tribunale di Roma, è incastonato il cosiddetto Parco Teulada, facente parte, dal 1998, della Riserva Naturale di Monte Mario. Questo terreno costituisce di fatti l’unica porzione di verde ancora utilizzabile dai residenti. Il parco appartiene al Demanio, mentre la gestione è stata affidata all’ente regionale RomaNatura.

Questa delicata questione è stata rilanciata anche dalla rubrica del Tg3 Lazio, “Buongiorno Regione”, che proprio ieri mattina ha intervistato alcuni residenti e membri del comitato “Insieme 17” che da tempo lotta per il decoro dell’area e chiede maggiore trasparenza da parte delle istituzioni coinvolte.

Parco Teulada

Negli ultimi anni è emersa la necessità, da parte del Ministero della Giustizia, di ammodernare le strutture dei vecchi tribunali di Piazzale Clodio risalenti al 1964, e di ampliare la cittadella giudiziaria. In questa prospettiva, la porzione di terreno  del Parco è stata indicata come ottimale per edificare una struttura che funga da cuscinetto per trasferire alcuni uffici, durante tutta i lavori di restyling.

Fin qui non ci sarebbe nulla da obiettare, ma sappiamo benissimo che tra il nero e il bianco vi è tutta una scala di sfumature. Infatti, in un primo momento, le istituzioni, Regione e Campidoglio, avevano tranquillizzato i residenti del quartiere, affermando, in più occasioni, che nulla sarebbe stato fatto senza aver prima ascoltato i cittadini. Si erano così schierate a difesa dell’area della Riserva Naturale, con l’intento di preservare il terreno a parco pubblico.

Invece, nel maggio del 2019, presso la Corte d’Appello di Roma, il Ministero della Giustizia ha siglato un protocollo d’intesa con la Regione Lazio e il Comune di Roma (erano presenti Nicola Zingaretti, Virginia Raggi e il ministro Alfonso Bonafede), per la realizzazione di un edificio, “di pregio”, all’interno della Riserva Naturale. Questa struttura dovrebbe ospitare gli uffici del settore penale, che, a partire dal giudice di pace, al momento sono dislocati in via Gregorio VII: parliamo di ben 500 magistrati e più di 2000 dipendenti. Per la realizzazione di questo progetto “ambizioso” (la più grande Corte d’Appello d’Europa) sono stati stanziati 80 milioni di euro, di cui 23 destinati alla progettazione.

Questa decisione ha fatto scattare l’allarme dei comitati, che hanno iniziato a mobilitarsi per sottolineare l’importanza del parco per il quartiere e l’assurdità di una cementificazione in una Riserva Naturale, dal momento che molti uffici sono stati già trasferiti in via definitiva in altre sedi, come avvenuto nelle ex caserme tra viale Giulio Cesare e viale delle Milizie.

 

Sempre lungo questi due assi viari, dove vi sono a disposizione altri complessi militari, dovrebbero trasferirsi gli uffici della Corte d’Appello di Roma (edificio A) e la Corte d’Appello di Roma sezione Lavoro (edificio B). Con il trasferimento di queste importanti sedi, il complesso del tribunale avrebbe a disposizione due interi immobili da poter utilizzare sia come cuscinetti per i lavori di restyling sia come strutture da poter ammodernare. Quindi, perché costruire un nuovo edificio, nell’unico parco del quartiere, sapendo benissimo che l’intervento sarebbe molto invasivo?

 

 

L’11 novembre 2020, a un anno e mezzo dalla firma dell’accordo, il ministro Bonafede, incontrando sul web l’ordine nazionale degli avvocati, aveva affermato che tutte le problematiche inerenti agli edifici dei tribunali italiani non sarebbero state risolte con nuove strutture, bensì con il restauro e il riutilizzo di quelle già esistenti; facendo così un passo indietro rispetto al protocollo d’intesa.

Purtroppo, il 7 dicembre 2020, durante il ponte dell’Immacolata, all’interno del piccolo parco, sono comparsi dei mezzi pesanti che hanno effettuato alcuni carotaggi del suolo. I residenti raccontano che gli operai non si sono qualificati, non hanno dato nessuna spiegazione, nonostante stessero trivellando un terreno che difatti cade sotto la giurisdizione del Demanio. Gli operai hanno lavorato tutto il giorno fino al 16 dicembre, senza delimitare un cantiere, senza affiggere un cartello, e solo dopo le insistenze di alcuni cittadini hanno affermato di lavorare per conto del tribunale.

foto da romah24.com

Sembra dunque che qualcosa di importante bolla in pentola e che dopo il concordato si stia andando spediti verso la realizzazione delle nuove sedi. Effettuare dei carotaggi non è una manovra che viene decisa dalla sera alla mattina, tutto questo rende la storia ancora più surreale, perché di fatto i residenti sono stati totalmente esclusi dall’avere delle informazioni dettagliate.

Nessuno vuole mettere in dubbio le parole rilasciate il giorno della firma del protocollo da parte di Giovanni Salvi (procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma) e Fabio Massimo Gallo (vicepresidente della Corte d’Appello) su un progetto ambizioso che renderà il quartiere più bello e vivibile. Ma quello che si vuole mettere in discussione è la decisione di cementificare un’area verde mentre tutti si riempiono la bocca di rigenerazione urbana; ricordiamo infatti che, oltre alle caserme adiacenti alla stazione metropolitana Lepanto, vi è anche l’ex rimessa Atac – attualmente all’asta -, le cui dimensioni risolverebbero le richieste di spazio del tribunale e nello stesso tempo un vecchio problema della città.

Al momento non si sa altro, l’unica certezza è che il Parco Teulada è una terra di nessuno, dove si può entrare indisturbati a trivellare il terreno, in barba ai principi della collettività e del diritto ad avere un’area verde.

 

 

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