Rimessa Atac Vittoria: flop dell’asta. Il Comune non la compra

La storia del tormentato complesso di piazza Bainsizza. Da centro nevralgico dei tram a immondezzaio Ama. Nessuna offerta per acquistare l'area

 

Niente di fatto per la vendita del deposito Atac di piazza Bainsizza. Il Campidoglio, dopo aver annunciato di volerlo acquistare, avrebbe dovuto presentare un’offerta all’asta che si è tenuta lo scorso 22 aprile. Ma l’asta è andata deserta. Privati non se ne sono presentati (e questo era prevedibile e vedremo tra poco il perché), ma neanche il Comune di Roma si è fatto avanti, deludendo le aspettative dei comitati e della stessa Atac.

La sopravvivenza dell’azienda di trasporto e il rispetto del concordato per evitare il fallimento, dipendono anche dalla “valorizzazione” dei tanti immobili inutilizzati. Il piano di rientro del debito potrà funzionare solo se Atac ricaverà almeno 92 milioni di euro dalla vendita degli edifici ma fino ad oggi è stato un flop totale. In realtà sono anni che si tenta di alienare i depositi, le rimesse e i fabbricati che Atac non usa più. Durante l’amministrazione Alemanno fu creata una struttura ad hoc, chiamata Atac Patrimonio spa. Avrebbe dovuto gestire i tanti beni immobiliari e vendere quelli in disuso. Il risultato fu il nulla assoluto, anzi quando subentrò la giunta Marino emerse che l’amministratore di Atac Patrimonio, tale Gioacchino Gabbuti (ereditato da Veltroni, quindi uomo per tutte le stagioni), riceveva uno stipendio di circa 600.000 euro l’anno, cioè 50 mila euro al mese! Marino si affrettò ad abbassargli il salario, ma servì a poco.

I gioielli di cui dispone Atac nel suo patrimonio sono rimasti invenduti. Si tratta di 15 aree, tutte in zone centrali, per un totale di circa 165 mila metri quadri. Tra queste basti pensare al deposito di piazza Ragusa, l’area Garbatella a via Libetta, la “rimessa San Paolo” di via Alessandro Severo e molte altre.

E nel lungo elenco, il deposito di piazza Bainsizza è forse il più prezioso. Nel 1927, l’ATAG (Azienda tramvie e autobus del Governatorato) puntò sull’asse di trasporto di viale Angelico. Qui arrivava la tramvia proveniente da Civitacastellana e nella zona facevano capolinea diversi tram che poi si diramavano nel resto della città. Gli anziani ricordano che su viale Carso, la notte si formavano lunghe file di mezzi che non avevano un luogo di riposo.

Perché proprio qui? Perché nella zona della piazza D’Armi come si chiamava all’epoca, il piano regolatore di Sanjust aveva previsto la nascita di un deposito nell’ambito della sistemazione complessiva del quartiere che fu affidata addirittura a Giovannoni e Piacentini, due archistar. D’altronde piazza d’Armi doveva ospitare una esposizione universale assieme a Valle Giulia e i due quartieri sarebbero stati uniti da un ponte, il Ponte della Vittoria.

Nel 1918 l’Italia aveva appena vinto la guerra per cui il nome “Vittoria” fu affibbiato a tutta l’edilizia nascente (divenne poi Quartiere delle Vittorie durante il periodo fascista per celebrare le altre vittorie belliche).

Quando, nel 1924, il deposito sarà ormai realizzato, l’intero quartiere si conformerà alle sue esigenze. In pratica, le case furono costruite per non dar fastidio al deposito, anzi per agevolarne le manovre di ingresso e uscita. Perfino i villini di Sabbatini (poi demoliti) e le altre case popolari furono edificati in funzione della rimessa.

Dal lato di via Monte Santo c’erano gli uffici dell’ATAG; le officine e la sala macchine avevano accesso da via Montenero e poi il secondo corpo di fabbrica ospitava la Forgia, il locale Bobinaggio e la Verniceria.

Molti operai e autisti troveranno alloggio nelle case progettate da Sabbatini in via Plava. Erano villini di rara raffinatezza e sensibilità sociale. Purtroppo vennero demoliti su decisione dell’IACP nel 1961 con l’intento di costruire al loro posto caseggiati popolari che però non nacquero mai.

Sempre in quell’anno fu demolito il maestoso ingresso al deposito che affacciava su piazza Bainsizza. I tram erano in via di dismissione e venivano soppiantati dagli autobus. Serviva più spazio e i colonnati di ingresso davano fastidio.

 

L’uso da parte dell’Atac cessò in anni più recenti. L’area fu prestata ad Ama per lo smistamento dei rifiuti provocando grande afflusso di gabbiani e odori sgradevoli. Il Piano Regolatore del 2008 ne prevedeva la “dismissione o riconversione funzionale”. Su questa base venne realizzato un progetto (firmato dall’architetto Ciorra) che ipotizzava la realizzazione di abitazioni private, negozi, parcheggi e un centro polifunzionale a servizio del quartiere. Ma gli abitanti della zona lo giudicarono eccessivo e “speculativo” e si opposero fortemente. Sulla scia del loro lavoro nacque il Coordinamento Cittadino Progetto Partecipato che presentò un piano alternativo a quello dei privati: la realizzazione di un giardino alberato, luoghi per lo sport, sale per attività teatrali e culturali, spazi artigianali e commerciali con particolare attenzione a quello equo e solidale. Uno splendido progetto, insomma, con una sola pecca: i finanziamenti che non c’erano.

Nel 2013 emerge anche il problema dell’amianto presente in dosi massicce sui tetti e poi per fortuna fatto rimuovere dal 1° Municipio con un gran dispendio di denaro.

E sempre nel 2013 la Soprintendenza pone un vincolo sull’intero complesso, escludendo di fatto la possibilità che venga demolito e trasformato. Questo spiega perché all’asta del 22 aprile nessun costruttore privato abbia presentato un’offerta.

Per garantire la funzione pubblica dell’edificio, il Comune aveva espresso l’intenzione di acquistarlo. Alberto Cortesi, attuale responsabile di Atac Patrimonio, aveva annunciato la presentazione di una busta da parte del Campidoglio per 16 milioni e 400 mila euro. Ma la busta non è arrivata.

Cosa succederà adesso non è dato sapere. Se lo domandano i cittadini della zona che da anni lottano per un uso adeguato della struttura e se lo chiedono anche gli utenti di un Centro di Igiene Mentale che è ospitato gratuitamente in uno degli edifici e che rischia di essere sfrattato.

 


per le informazioni storiche: “Il deposito Vittoria dell’Atac a piazza Bainsizza“, di Lucio Barbera

sullo stesso argomento: Città in rovina – L’ex deposito Atac di piazza Bainsizza – Diarioromano del 30 maggio 2016

 

clicca qui per le precedenti puntate di Città in Rovina

 

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2 risposte

  1. Articolo che si accompagna benissimo a quello comparso qualche giorno fa: “A Roma c’è bisogno di rigenerazione. Quella vera”.

    Dopo averlo adeguato alle varie normative non si potrebbe trasferire in quel luogo le numerose bancarelle di ambulanti insistenti da quelle parti?

    1. Grazie Paolo, in effetti potrebbe essere una buona idea. Torneremo a parlarne anche ascoltando alcuni residenti della zona.

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I vasi, in pura plastica dop, si sono sfrantumati.

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eof/

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