Le vecchie tipografie e le moderne fibre ottiche sono tutte concentrate su Raggi, Calenda, Michetti e il centro-sinistra, ma a Roma c’è un candidato che da mesi sta facendo la sua campagna elettorale senza riflettori, solo con idee e contenuti. Si tratta di un programma oggi minoritario in Italia, eppure i liberali e i liberisti fanno parte della più antica e nobile tradizione politica.
Andrea Bernaudo era partito già a metà 2020 a seminare il terreno, convinto che si sarebbe votato a giugno del 21. Ma come sappiamo la scadenza naturale è stata posticipata solo per biechi motivi di schieramento, usando il pretesto del virus. In un’intervista rilasciata a RomaToday il 16 aprile scorso, Bernaudo spiega di essersi battuto “affinché questo slittamento non avvenisse perché bisogna andare a votare anche sotto le bombe, non si può interrompere la democrazia. Non è stato fatto in nessun paese del mondo. Questo slittamento è stato dovuto al fatto che i partiti erano a corto di candidati e idee”.
Idee che Bernaudo sembra avere molto chiare soprattutto in tema di economia. “Noi vogliamo azzerare le tasse locali, che a Roma sono le più alte d’Italia, attraverso la produzione di energia con i rifiuti. Noi prevediamo la messa a gara del servizio di raccolta così come la messa a gara del servizio di trasporto pubblico locale“.
Nella tradizione liberista, i servizi sono pubblici non perché li svolge lo Stato e la concorrenza può produrre un grandissimo risparmio che può essere usato per azzerare le tasse locali.
Altra proposta riguarda la chiusura del ciclo dei rifiuti: occorre usare i soldi del Recovery Plan per realizzare 4 impianti sul modello Copenaghen.
Il totale cambio di prospettiva della proposta liberista è stato ribadito anche in una recente intervista a RomaReport nella quale Bernaudo spiega l’uscita definitiva dal “Comune-Imprenditore”, un comune super-indebitato e fallito, sull’orlo della bancarotta che vuole fare tutto meglio della libera impresa e non riesce, invece, a far nulla, nemmeno l’ordinario.
I media mainstream, spiegano gli esponenti liberisti, hanno promosso in serie A alcuni candidati (Raggi, Calenda, quelli di centro-destra e centro-sinistra) e hanno mandato in serie Z tutti gli altri. Meglio non parlare di chi ha un progetto davvero alternativo per non disturbare i partiti che hanno devastato Roma. Ecco perché Bernaudo ha presentato un formale esposto all’Agcom ma le speranze che questo silenzio si interrompa sono molto remote.
Così come le speranze, per la verità piuttosto deboli, che il centro destra a corto di nomi appoggiasse la sua candidatura, sono svanite pochi giorni fa con la scelta di Michetti e Matone. Ma in cuor suo, probabilmente Bernaudo ha sempre saputo che una destra a trazione Meloni e Salvini non avrebbe mai potuto appoggiare un liberale e un liberista.
L’Italia è un paese dove il liberismo non ha mai attecchito davvero. Scriveva Guido De Ruggiero nella sua Storia del Liberalismo Europeo del 1925, che il nostro paese in questo ambito “ha un’importanza modesta. Esso non è che un riflesso di dottrine e indirizzi stranieri“. In anni recenti Raimondo Cubeddu e Antonio Masala confermano la lettura di De Ruggiero. Insomma da noi, tranne eccezioni lodevoli, l’economia è sempre stata caratterizzata da dirigismo e statalismo.
Forse per questo l’ipotesi Bernaudo sindaco di Roma non è stata presa sul serio, eppure uno strappo rispetto al passato potrebbe essere curativo di tanti mali che affliggono la città.
Vedremo se le liste collegate (Partite Iva Unite, Liberisti Italiani e l’Italia che Vince) riusciranno a conquistare uno spazio nel cuore dei romani e un numero discreto di voti a favore di Bernaudo. Nel frattempo ci sembrava doveroso informare i nostri lettori della presenza di questo candidato anomalo, fuori dall’establishment ma di grande interesse dal punto di vista politico ed economico.
Qui il link alla pagina Facebook di Andrea Bernaudo