Sappiamo davvero cosa festeggiare a San Valentino? Davvero crediamo ancora nella festa degli innamorati, nel regalarsi cioccolatini e fiori per suggellare un qualcosa di cui non scorgiamo neppure i confini. Bisognerebbe allora fare una distinzione tra amore e innamoramento, tra amore e romanticismo.
Diciamo pure che il significato profondo del 14 febbraio si è abbastanza perso negli incarti dell’industri dolciaria, nelle frasi da postare sui social, nelle cene da immortalare in qualche selfie. Un teatrino che si interrompe il 15 febbraio riportando tutto al punto di partenza: cosa vuol dire essere innamorati?
Questa sensazione di estraneità prevaricante viene raccontata da Luca Ricci nel suo nuovo racconto “Vitalità dell’amore” (La nave di Teseo).
Il protagonista di questa storia dura e struggente è un uomo di mezza età che per puro caso incrocia nella sua vita una seducente ragazza di quindici anni, scaltra e molto emancipata. Tra i due scatta un feeling amoroso che porta il protagonista a interrogarsi su quali possano essere le reali ragioni di questo legame e il motivo che lo spinge, come un automa, a cercare le attenzioni della giovane.
Amore? Innamoramento? Per quale motivo non riesce a vedere sua moglie, invece, come punto di riferimento nella vita? È arrivato anche lui al limite in cui tutto finisce e la relazione va avanti per inerzia, per solidale compagnia, per addolcire il più possibile la solitudine?
La frequentazione inizia proprio nel giorno di San Valentino. L’uomo, un dottore conosciuto e apprezzato vaga per i Parioli alla ricerca dell’indirizzo che la ragazza gli ha fornito in un loro incontro. Ovunque vede rose e cioccolatini esposti nelle vetrine dei bar, un marketing sfrenato che mira solo a ingrassare le tasche delle aziende.
Potrebbe fermarsi, riflettere, ma del resto non sa cosa sia l’amore, cosa sia l’innamoramento, o meglio ha perso la percezione di quello che poteva essere o forse e alla disperata ricerca di ritrovarli. Arriva finalmente all’appartamento della giovane ragazza e da lì inizia un turbinio di incontri. L’uomo, dopo alcune prime resistenze, sembra aver trovato una ragione nella sua vita, e non fa passi indietro neppure quando scopre che la ragazza è semplicemente una baby squillo dei Parioli che riceve su appuntamento.
Ecco cosa vuole sottolineare il racconto di Luca Ricci, da poco candidato anche al Premio Strega: quando l’amore finisce, quando l’innamoramento svanisce, cosa sopravvive per davvero al romanticismo? La risposta non può che essere intima, personale, ognuno di noi è chiamato a darle i giusti contorni, certi di essere consapevoli di farli rientrare nel grande contenitore delle ossessioni.
Sarà il cammino tortuoso del protagonista del racconto, interrogarsi davvero su quale sia il motivo di quell’incontro, di quella frequentazione. In un arco di tempo lungo un anno, avrà diverse occasioni per mettere a fuoco le sue ossessioni, fino al secondo San Valentino, quando altri fiori e altri cioccolatini incrociati per strada lo manderanno del tutto nel pallone, sfinito si accascerà a terra in lacrime:
“Traccio una riga per unire questi due punti distanti un anno, ma viene fuori sbilenca.”
Una storia potente che per paradosso si articola nel quartiere dei Parioli, dove sono conservate le catacombe proprio di San Valentino.
Perché piange affranto il protagonista? Sarà forse perché la sua ossessione si consuma ai Parioli proprio sopra le catacombe di Valentino, portatore di amore e di pace, di protezione verso le donne e le innamorate, o forse perché il suo strano innamoramento verso quella ragazza si riallaccia all’antica festa pagana di metà febbraio, quando si festeggiava la distruzione di tutto per auspicare la rinascita? Una festa in cui si praticavano riti arcaici, dove le donne si sottoponevano a fustigate inferte da giovani ragazzi nudi. Una punizione simbolica che doveva liberare la sessualità e portarla alla sua origine. Un caos primigenio che avrebbe generato nuova vita. Riti tremendi che i papi decisero di abolire proprio con l’istituzione della festa dell’amore.
Forse il protagonista del racconto non sapeva nulla di tutto questo, la sua disperazione era la consapevolezza di un’ossessione che lentamente stava prendendo forma, mentre intorno a lui migliaia di persone rincorrevano fiori e scatole di cioccolatini convinti che l’amore fosse tutto racchiuso lì, ovvero nella sagra della pralina.
La festa di San Valentino dovrebbe essere l’apertura spontanea all’amore, la tutela e la comprensione dei sentimenti. Dovremmo allora evitare di anestetizzare le nostre paure con la cioccolata e interrogarci davvero su cosa proviamo verso la persona che ci è accanto.