Abbiamo già parlato, in un nostro articolo, di Guido Maria Brera, del collettivo “I Diavoli” e della loro capacità di decifrare le contraddizioni economiche e politiche del presente attraverso una narrazione unica nel suo genere: un mix di tecniche, dalla fiction alla saggistica.
Brera torna ora in libreria insieme al collettivo per un nuovo e interessantissimo libro: “Dimmi cosa vedi tu da lì. Un romanzo Keynesiano” (Solferino), un non romanzo che già dal sottotitolo filtra il taglio che gli autori hanno voluto imprimere.
La storia ci parla del ritorno a Roma di Guido Maria Brera, un ritorno scandito da una sorta di diario di viaggio articolato in una passeggiata lunga un giorno intero, nella città che lo ha cresciuto e formato.
Il finanziere e scrittore si muove nella capitale come un turista con lo scopo di rivedere gli angoli e gli scorci che lo hanno più segnato. Ma la percezione che ha delle cose non è più quella di un ragazzo ventenne alla ricerca del suo futuro ma di un uomo dell’alta finanza che si aggira come un fantasma in una città ridisegnata dall’anno secondo dell’era del contagio.
Cosa cerca in realtà un business man del distretto londinese di Canary Wharf in una città italiana piegata dalla pandemia e arroccata sulle sue macerie?
Cerca altri fantasmi. Potrebbe sembrare una provocazione in una città con più di duemila anni di storia, ma in realtà sono esistiti dei protagonisti della nostra contemporaneità che, scomparsi nel nulla appunto come fantasmi, hanno lasciato dei segni ancora vivi nell’immaginario collettivo.
Guido Maria Brera è così alla ricerca di Federico Caffè, il grande economista italiano che il 15 aprile 1987 decise di sparire nel nulla. Un caso che per molti versi è identico alla scomparsa di Ettore Majorana il geniale fisico del gruppo dei ragazzi di via Panisperna.
Ma qual è il senso della ricerca?
Cercare di parlare con questi fantasmi, attraverso un racconto interiore, quasi divinatorio, aprire un dialogo per capire e decifrare ancora una volta quali scenari si stanno delineando davanti ai nostri occhi. Quale futuro ci aspetta dopo il grande azzeramento della storia imposto dalla pandemia?
Così Guido Maria Brera e il collettivo mettono insieme una lunga e gustosa lezione di storia dell’economia: dalla ricostruzione del dopoguerra fino all’avvento della pandemia. Il fil rouge che viene tratteggiato è l’immobilismo di fondo che ha contraddistinto i grandi interventi finanziari. Una sanguinosa guerra di posizioni tra scuole di pensiero che si è giocata sulle spalle di lavoratori e cittadini inermi.
Il Novecento non è stato altro che il secolo dei blocchi, delle politiche monetarie, il secolo dei gattopardi pronti a far tutto affinché nulla cambiasse. Il nuovo millennio, come cesura storica, aveva promesso invece prosperità e ricchezza, aveva abbattuto del tutto i confini, la globalizzazione a 360 gradi aveva proiettato vecchie e nuove generazioni in un futuro roseo.
Interrogando il fantasma di Federico Caffè, maestro di Mario Draghi e di una scuola romana dell’economia, scopriamo che invece non è andata così, e per arrivare a questa scoperta sono bastati soltanto venti anni nel nuovo secolo.
Federico Caffè, dalla foschia in cui ha deciso di scomparire, ci spiega che tutti gli interventi economici e politici si sono basati su una falsa prospettiva. Un inganno, un’illusione, un enorme e spaventoso fallimento.
Guido Maria Brera arriva così, nella sua passeggiata, a Via Piccolomini. La strada panoramica dove si può scorgere la cupola di San Pietro. Percorrendo questa strada, andando incontro a San Pietro, la cupola diventa sempre più piccola, mentre diventa più grande man mano che indietreggiamo. Com’è possibile? Un’illusione ottica. Un’illusione identica a quella delle politiche monetarie come spiega Federico Caffè. Politiche che puntavano su un obbiettivo che però si allontanava nel progredire nel tempo, e più ci si allontanava più si rilanciava su quelle teorie e convinzioni economiche.
Perché questo accanimento se non arrivano i frutti sperati? La riposta forse risiede nella non comprensione degli eventi storici. Ogni qual volta che ci si è trovati di fronte ad un grande cambiamento, le teorie economiche hanno cercato adattamenti, mentre la globalizzazione falliva si cercavano antidoti per rendere la sua fine meno dolorosa. Anestetizzavano il malato senza curarlo per davvero: i sussidi hanno sostituito il lavoro; il diritto al lavoro ha distrutto i diritti elementari; il salario a basso costo ha preso il sopravvento sulla dignità del lavoratore; il benessere tecnologico ha ignorato la distruzione di interi paesi; il decentramento industriale ha impoverito intere economie.
Di conseguenza si è entrati nel secolo delle crisi: crisi del terrorismo, crisi dei mutui americani, crisi migratoria, crisi climatica, crisi sanitaria, crisi del gas, dell’Ucraina e via dicendo in una lunga concatenazione di emergenze senza fine che non ha dato scampo a nulla. Il secolo del progresso si è trasformato nel secolo del terrore.
Le risposte sono polverose come le teorie che ancora una volta si tentano di mettere in atto. Federico Caffè ci svela, dunque, la miopia dell’economia, la mancanza di una vera visione d’insieme. Un intervento economico basato sulla visione di una società vecchia innescherà solamente una nuova crisi.
“Un nuovo inizio ha perciò bisogno di nuove teorie e di nuovi strumenti, che riconfigurino quelli vecchi comprendendo che i mezzi di produzione sono cambiati, il lavoro è cambiato e il suo rapporto con il capitale non risponde più alle esigenze di una società sana”.
La pandemia ha mostrato con estrema semplicità come l’economia che conoscevamo possa essere spazzata via in pochi mesi, come un virus invisibile possa innescare una sindemia, ovvero un insieme di crisi legate tra di loro in un gioco di causa\effetto.
Federico Caffè non ha una soluzione ma, dopo 35 anni dalla sua scomparsa, le sue riflessioni ci invitano a osservare le prospettive economiche con i giusti punti di fuga, per far sì che una visione non si trasformi in illusione.
“Dimmi cosa vedi tu da lì” non è soltanto il titolo di questo libro è soprattutto una domanda che Federico Caffè sussurra di fronte la cupola di San Pietro in via Piccolomini.
Mentre il libro andava in stampa, Vladimir Putin invadeva l’Ucraina fermando il tempo ancora una volta. Per molti è iniziato il ritorno alla storia, quella del Novecento, per altri una nuova crisi che apre scenari inimmaginabili.
Di fronte una nuova prospettiva e un nuovo punto di fuga, la domanda per decifrare il da farsi resta sempre la stessa: dimmi cosa vedi tu da lì…