Ospedali: pochi posti letto nel Lazio. “Al San Camillo reparti discarica”

Repubblica racconta il disastro nel Pronto Soccorso del nosocomio romano. Nostra inchiesta sul collasso dell'assistenza. I numeri dimostrano che servono più strutture e più medici

Il 6 maggio scorso abbiamo osato interrompere il racconto della buona sanità laziale ripetuto ossessivamente in questi due anni da Zingaretti, D’Amato e tutti i mezzi di informazione. Con il pretesto dei vaccini somministrati in grandi quantità, il presidente della Regione e l’assessore alla Salute, si sono ammantati di successi che nella realtà si scontrano con problemi e carenze assai peggiori di prima.

Non è certo merito nostro ma qualche grande giornale comincia ad aprire gli occhi e raccontare una verità assai diversa. E’ il caso di Repubblica che il 10 maggio ha pubblicato un’inchiesta sul pronto soccorso del San Camillo, definito pieno di “reparti discarica”.

 

La giornalista si è introdotta nel pronto soccorso dell’Ospedale in incognito e ha raccolto testimonianze drammatiche tra barelle parcheggiate in corridoio, malati assiepati e anziani lasciati soli.Sono arrivato qui venerdì con la febbre che superava i 40 gradi e dolori addominali lancinanti“, racconta un uomo che il lunedì si trovava ancora su una lettiga senza alcuna prospettiva di un posto letto. “Non ho idea di quanto dovrò restare qui – prosegue il paziente – so che devo essere ricoverato in gastroenterologia ma il posto non c’è“.

A poca distanza, uno stanzone ospita 20 uomini e 3 donne, disposti su barelle appoggiate alle pareti. Tra loro una giovane malata di sclerosi multipla che non si regge in piedi per una forte cefalea e continui episodi di vomito. La ragazza è da sola mentre la mamma è costretta ad aspettare nei giardini dell’ospedale senza possibilità di parlare con i medici. La donna può comunicare con la figlia solo al telefono: “Mamma non ci vedo più da un occhio ma non c’è nessuno qui a cui possa rivolgermi“, dice preoccupata. La lettiga è in una zona isolata e accanto c’è dell’immondizia!

Ogni sala del dipartimento di emergenza scoppia di malati – scrive Repubblica – con i più gravi che sono perlopiù anziani, assopiti, col volto coperto da una mascherina.

 

 

Nel nostro articolo del 6 maggio avevamo dato conto del numero di pazienti che il giorno prima si erano rivolti al Pronto Soccorso del San Camillo (110) e di quelli in attesa di un posto (49). Repubblica riporta i dati di lunedì 9 e cioè: 103 accessi di pazienti con 41 in attesa da almeno 24 ore di un posto. Come si può vedere i numeri sono costanti tutti i giorni, segno che non si tratta più di un’eccezione ma della regola. Anche se un’infermiera sbotta con la giornalista assicurando che il lunedì è il giorno peggiore: “Durante il week end non si dimette nessuno e così ci troviamo schiacciati. Non ce la facciamo più“.

Ma non si tratta di un problema del lunedì, la situazione è grave tutto l’anno. Il Decreto Ministeriale 70 del 2015 impone uno standard minimo nel rapporto posti letto/abitanti. Dovrebbero essere 3 posti letto ogni 1000 abitanti per gli acuti e 0,7×1000 per la riabilitazione. Ma la nostra regione non ha mai superato il numero di 2,8 con forti diseguaglianze tra le province. Viterbo e Latina hanno meno posti letto della Tunisia e delle Isole Comore¹.

Il problema viene da lontano e non è certo colpa solo di Zingaretti e D’Amato ma le cifre parlano chiaro: nel 2011, il Lazio disponeva complessivamente di 72 strutture pubbliche, scese a 56 nel 2017, con un saldo negativo di 16. Gli ospedali a gestione diretta erano 46 nel 2011², mentre nel 2017³ erano solo 33. Su questo fronte è interessante il lavoro pubblicato da Sarah Gainsforth nel 2019 che analizza i dati forniti dal Rapporto Gimbe. Purtroppo, nei due anni seguenti questi studi non sono stati più compiuti. La stessa Fondazione Gimbe, come tutti sanno, si è occupata solo del più redditizio e mediatico Covid, tralasciando il resto dei problemi della sanità.

La Regione è consapevole dell’emergenza tanto che Zingaretti e D’Amato hanno presentato gli studi di fattibilità per un nuovo ospedale a Rieti da 440 posti e un policlinico a Latina da 536. Ma si tratta di progetti che sono ancora molto lontani dal diventare realtà. L’unica vera apertura degna di nota è del 2018, quando fu inaugurato l’Ospedale dei Castelli a Fontana di Papa, ma c’è da dire che i suoi 342 posti letto non sono aggiuntivi perché vanno a sostituire i nosocomi di Albano e Genzano, chiusi definitivamente e quello di Ariccia, assai ridimensionato.

Dunque non ci si può sorprendere per il racconto di una normale giornata al San Camillo, fatto da Repubblica. La direzione dell’ospedale prova a difendersi con una nota piena di banalità (“noi salviamo vite”) e di generiche rassicurazioni ma un dato molto interessante lo forniscono anche loro: “Il numero di pazienti molto gravi è raddoppiato nel 2022 rispetto all’epoca pre-covid. Nel primo quadrimestre del 2019 tale numero era stato pari al 6,9% degli accessi ed è passato al 12% nello stesso periodo dell’anno in corso. Il numero di accessi per traumi gravi è andato costantemente aumentando superando il numero di mille per anno, con un raddoppio rispetto al 2015“.

Ed è la conferma che il Lazio oggi offre meno strutture di ieri.

Non si può credere, infatti, che le condizioni fisiche delle persone siano precipitate in pochi anni o che gli incidenti siano raddoppiati. E’ il numero di posti letto e la capacità di accoglienza degli ospedali ad essere diminuita.

Questo l’assessore D’Amato non lo dice. Preferisce ripetere in continuazione, come un disco rotto, che i vaccini hanno raggiunto numeri record, gettando fumo negli occhi di molti. Ma non di tutti!

 

 


¹Indagine sulla qualità della vita Italia Oggi 2020 a cura dell’Università La Sapienza
²Attività Gestionali delle ASL e Aziende Osp. Annuario Statistico del SSN 2011 – Ministero della Salute
³Annuario Statistico del SSN 2017 – Ministero della Salute

 

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