Giunte Rosse: dieci interviste sul buon governo

Cosa resta delle amministrazioni locali guidate dal Partito Comunista italiano? Il nuovo libro di Andrea Ambrogetti cerca di mettere in luce l'impegno politico e sociale di quei sindaci e assessori e della loro presa sulla memoria collettiva

La storia politica italiana, dal dopoguerra fino alla caduta del muro di Berlino, è stata contrassegnata da due filoni principali: quello che faceva riferimento alla Democrazia Cristiana e quello legato al Partito Comunista Italiano. Due correnti, due ideologie e modi di concepire diversamente la gestione dello Stato che hanno segnato in profondità i meccanismi delle amministrazioni locali e no.
Questi due blocchi sono stati i protagonisti di una lunghissima stagione politica che ha visto la nascita dello Stato democratico, lo sviluppo economico del Paese e un’incredibile fase di modernizzazione.

 

Da una parte abbiamo il monolitico partito della Democrazia Cristiana che ha governato ininterrottamente per più di 50 anni, dall’altra un partito Comunista che ha costituito la più importante forza comunista occidentale al di fuori dell’Unione Sovietica. Di questi due blocchi parlano abbondantemente i libri di storia, eppure persistono ancora oggi degli aspetti che meritano di essere indagati e analizzati per la loro portata sociale e politica.

Il nuovo libro di Andrea Ambrogetti “Giunte Rosse” (Gambini Editore) cerca di far luce proprio su uno di questi coni d’ombra di cui la storiografia sta iniziando a occuparsi, ovvero portare alla luce le innovazioni, sociali, culturali e politiche che furono introdotte dalle amministrazioni guidate da esponenti del Partito Comunista.

 

Difatti, la storia del Partito Comunista italiano vanta diversi record e anomalie, primo fra tutti quello di non aver mai guidato il governo del paese nonostante il suo culmine di consensi che nel 1975 toccò quota 33,4%. Consenso che permise al Pci di amministrare 5 regioni, 32 province, 37 capoluoghi di regione, con 1250 sindaci comunali, più di mille consiglieri tra regioni e province, 33 mila consiglieri comunali e 6 mila persone che gravitavano nei comitati federali. Un esercito di  iscritti e simpatizzanti che da nord a sud garantivano una presenza capillare in tutto il paese.

 

Cosa è rimasto di queste amministrazioni? Esiste una memoria sociale e culturale che possiamo etichettare come “Rossa”? Queste amministrazioni come si sono poste nei confronti dei grandi stravolgimenti nazionali e internazionali? Hanno davvero amato e garantito l’attuazione della Costituzione e del “buon governo”? In una parola, il Pci è stato un partito riformista, oppure si è arroccato sulle contrapposizioni ideologiche?

 

Andrea Ambrogetti, nel libro, pone queste domande ai protagonisti di alcune amministrazioni rosse, da Perugia ad Ancona, da Bologna a Imola. Una raccolta di interviste che cercano di mettere in evidenza la passione di uomini e donne nei confronti della politica e del loro interessamento al bene collettivo.

Luigi Petroselli

 

Emerge così uno spaccato italiano raccontato da chi ha dovuto combattere da sempre la diffidenza e le etichette dell’estremismo ideologico, nonostante l’impegno politico quotidiano per uno Stato migliore. Ambrogetti mette sul tavolo tematiche interessanti e spinose, cercando di capire quale fu l’approccio di queste “Giunte Rosse” di fronte alla crescita economica, le lotte operaie, lo sviluppo industriale, la condizione dei contadini e dei mezzadri, l’istruzione, il legame con le imprese locali, l’impegno per il welfare, i movimenti culturali, ma soprattutto che tipo di sinergia o contrapposizione vi fosse tra la politica nazionale del Partito e la realtà locale delle singole sezioni.

Un quadro che cerca di delineare, con molti punti sospensivi, anche la continuità storica di queste amministrazioni, di quelle guidate da sindaci provenienti dalla Resistenza e dall’ideologia e quelle degli anni Sessanta, della seconda generazione di esponenti del Partito nati in un periodo storico totalmente diverso.
Quella che Ambrogetti consegna è una fotografia importante del nostro paese, soprattutto se si ripensa agli ultimi 10 anni di governo italiano senza continuità e con presidenti del consiglio espressi da maggioranze lontane dalla volontà popolare. Un decennio segnato dalla cessione della sovranità, dal populismo e da movimenti centrifughi.

La storia delle “Giunte Rosse” ha avuto già un suo inizio e una sua fine, il “buon governo” di queste amministrazioni si è mosso in un lasso di tempo contraddistinto da due cesure, la guerra come ripartenza e il benessere come punto di arrivo.

 

È una storia che quando inizia dopo la guerra inizia nella povertà e quando finisce, se finisce, alla fine del secolo, finisce nel benessere e in un contesto avanzato di servizi che in alcuni casi erano e sono tra i migliori in Europa e non solo”.

 

Povertà e benessere sono stati i due termini che hanno ossessionato molti sindaci e amministratori. Su questo binomio si sono scritte pagine magistrali di politica e di interventi per la collettività, pensiamo alla storia di Luigi Petroselli o di Renato Nicolini, l’assessore alla cultura di Roma che inventò l’estate romana come fulcro di aggregazione tra centro e periferia, tra contado e città, misura culturale che fece scuola nel mondo rendendo fruibile e accessibile la capitale a tutte le fasce di popolazione. L’estate romana (preso qui come uno dei tanti esempi di governo delle Giunte Rosse) fu un grande esperimento sociale, che permise ai romani di riappropriarsi dei loro spazi che gli spettavano di diritto.

Dunque, ripensando a quella classe politica, esistono oggi esponenti politici o amministrazioni locali in grado di puntare nuovamente sul capitale sociale per attuare una nuova stagione riformista?

Questa è la domanda che Ambrogetti lascia inevasa, e alla quale tutti siamo chiamati a rispondere.

 


Andrea Ambrogetti collabora con diarioromano. I suoi ultimi articoli sulla riforma dei poteri di Roma Capitale sono disponibili a questi link

Riforma di Roma Capitale: dalla Camera l’ipotesi di una “quasi” regione. Può funzionare? | Diarioromano

Roma con i poteri di una Regione. Un regalo per il 2022? | Diarioromano

 

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