La Regione Lazio dovrebbe aver messo la parola fine alla telenovela del progetto di riconversione del cinema Metropolitan, una storia che si trascina oltre un decennio e che lo scorso anno provammo a riassumere in un dettagliato post.
In estrema sintesi, la storica sala di via del Corso nel 2010 viene acquistata da una società che improvvisamente ne chiude la gestione (una gestione profittevole che aveva puntato sui film in lingua originale), manda in degrado per qualche anno la struttura e poi, con la scusa che il cinema non va più, presenta un progetto di riconversione di quasi il 90% della superficie a grande spazio commerciale, prevedendo una striminzita saletta cinematografica.
Un tale progetto, andando in deroga al piano regolatore che prevede una riconversione di massimo il 50% per gli stabili con destinazione culturale, è dovuto passare sia in Assemblea Capitolina che in Regione Lazio. Il via libera definitivo dell’amministrazione capitolina venne dato nel luglio 2019 dall’allora maggioranza M5S guidata da Virginia Raggi, con un’operazione che noi definimmo una porcata (dettagliandone i numerosi motivi).
Il progetto passò quindi alla Regione Lazio che dopo quasi tre anni ne ha deliberato l’esito, rimandando l’ipotesi di riconversione ai proponenti perché in violazione di una normativa del luglio 2020.
Di seguito la nota diramata ieri dalla Regione Lazio.
Ex-Metropolitan: Regione, riapertura possibile ma 70% dedicato a cinema
La riapertura dell’ex cinema Metropolitan é possibile, ma a condizione che il 70% sia dedicato alla sala cinematografica, mentre il restante 30% alla parte commerciale.
La Regione Lazio ha espresso parere negativo sul progetto di trasformazione dell’ex cinema Metropolitan, in via del Corso a Roma, perché prevedeva il 90% della riqualificazione dedicata alla parte commerciale e il 10% alle attività culturali, quindi in contrasto con la normativa regionale sulle sale cinematografiche.
In particolare, gli uffici tecnici, supportati dall’Avvocatura regionale, hanno evidenziato come il progetto presentato sia in contrapposizione con la legge 5 “Disposizioni in materia di cinema e audiovisivo”, approvata dal Consiglio regionale il 2 luglio 2020, che contiene una serie di disposizioni a sostegno del settore cinematografico, audiovisivo e multimediale con specifico riferimento alla valorizzazione delle sale e delle arene cinematografiche. Tali determinazioni escludono, pertanto, la possibilità che una sala cinematografica possa essere trasformata in un esercizio di natura commerciale se non limitatamente al massimo del 30% della relativa superficie.
Il parere negativo, dunque, arriva al termine di un lungo e minuzioso esame normativo e giuridico sostenuto dalle competenti direzioni regionali: un impegno accurato che ha richiesto tempo e supplementi di analisi per verificare la fattibilità dell’accordo di programma e assicurare il rispetto delle leggi, delle competenze e delle prerogative della Regione, oltre che la volontà del Consiglio regionale, che appena due anni fa ha voluto approvare una legge per la tutela e la valorizzazione del patrimonio cinematografico del Lazio.
Finalmente, ci permettiamo di scrivere, finalmente una battaglia di civiltà e buon senso viene coronata da un successo che speriamo definitivo.
E lo possiamo ben dire noi che in totale solitudine, rispetto a tutta la comunicazione mainstream romana, ci siamo sempre battuti perché nell’utilizzo di quello che è sì un bene privato, ma con una ben precisa destinazione d’uso, si tenesse presente l’interesse pubblico.
Nel dicembre 2015 cominciammo a parlare di questo tentativo di cancellare l’ultima sala cinematografica di via del Corso e lo facemmo sottolineando la scorrettezza di due grandi testate romane che già allora spingevano per una riconversione pressoché totale del cinema a grande spazio commerciale ma senza fornire elementi utili ai lettori per farsi un’opinione ragionata.
Fin dall’inizio per Il Corriere della Sera e La Repubblica non poteva esserci scampo per il cinema Metropolitan, i cinema non vanno più e quindi tanto vale riutilizzare la struttura per creare un grande spazio commerciale, magari per una grande firma internazionale. Mai che quelle testate abbiano ricordato la specificità degli immobili con destinazione culturale, il fatto che una volta cancellata quella destinazione risulta impossibile ripristinarla all’interno della città, mai che abbiano messo in dubbio l’utilità di creare a via del Corso l’ennesimo grande negozio, sulla strada più commerciale di Roma, dove anche la gran parte dei portoni sono divenuti negozi.
Siamo quindi fieri di averla portata avanti noi questa battaglia solitaria (almeno sui media) dovendo ogni volta combattere con il pregiudizio dei tanti per cui “naaaa … i cinema non vanno più ed è giusto che il privato sia libero di massimizzare il proprio profitto“, ricordando ogni volta che quel privato la struttura l’ha acquistata come cinema, ben sapendo del limite previsto per la riconversione.
È chiaramente comprensibile che il privato provi a fare il colpo grosso, riconvertendo praticamente tutto alla ben più redditizia destinazione commerciale (colpo grosso che riuscì a quelli che, con un’operazione praticamente identica, cancellarono il cinema Etoile di piazza San Lorenzo in Lucina), ma dovrebbero esserci le istituzioni a tutela dell’interesse pubblico a non avere il 100% di negozi in una certa zona, assicurando e proteggendo i giusti spazi per la cultura.
Se noi siamo stati gli unici tra i media a tenere viva la speranza che si potesse salvare il cinema Metropolitan dalla definitiva scomparsa, va ricordato e dato merito a tanti altri cittadini che si sono battuti negli anni per lo stesso obiettivo, ognuno per le sue possibilità.
Una nota di merito particolare va fatta ai ragazzi del Piccolo America che fin dall’inizio hanno seguito le sorti del cinema Metropolitan, dimostrando di avere una visione e una comprensione per l’interesse pubblico enormemente più grande dei tantissimi rappresentanti istituzionali che il Metropolitan l’avevano dato per spacciato fin dal giorno della chiusura.
Tra l’altro sono stati gli stessi ragazzi del Piccolo America a dimostrare che non è vero che i cinema non vanno più, con la straordinaria rinascita del cinema Troisi di cui sono stati protagonisti.
Ci sarebbe da aspettarsi un generale mea culpa della stampa romana, non tanto per aver preso sfacciatamente le parti di un progetto così poco condivisibile per chi abbia minimamente a cuore l’interesse pubblico, ma per non aver mai fornito ai propri lettori gli elementi per giudicare tale progetto nel merito.
L’unica eccezione l’abbiamo potuta riscontrare solo recentemente, con un articolo apparso su Oggi a firma di Walter Veltroni che abbiamo ripreso.
L’articolo uscì proprio in concomitanza con l’ultimo battage mediatico in cui praticamente tutta la stampa mainstream ha provato a dare l’ultima spallata affinché la Regione desse il via libera alla riconversione del cinema. Di nuovo La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Foglio e addirittura anche Il Fatto Quotidiano tutti a chiedersi cosa aspettasse la Regione a firmare il de profundis per il cinema Metropolitan, in vista dell’ennesimo grande spazio commerciale di via del Corso.
Questa volta possiamo gioire dello scampato pericolo, almeno per ora, ma, come abbiamo scritto più volte, una delle maggiori concause del disastro romano è una stampa locale al meglio disattenta e svogliata, spesso succube di dinamiche che con un’informazione corretta e quanto più possibile obiettiva hanno poco a che vedere.
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