Il progetto “Le vie del food” bocciato dal Municipio I

L'idea di altri luoghi dove concentrare locali di somministrazione sul proprio territorio è stata bocciata dal Consiglio del Municipio I. Lo stesso dovrebbero fare altri municipi suggerendo all'Assemblea Capitolina di occuparsi d'altro

Giovedì scorso, 15 settembre, il Consiglio del Municipio I ha votato un parere negativo all’unanimità sulla proposta di delibera denominata “Le vie del food“, di iniziativa dell’Assemblea Capitolina.

 

Di quella proposta ne abbiamo parlato a metà luglio, dopo aver ascoltato la discussione tenutasi in una seduta delle commissioni congiunte turismo e commercio dell’Assemblea Capitolina. In estrema sintesi la proposta consiste nell’istituzione di 15 “vie del food”, una per ogni municipio, con cui rilanciare l’offerta enogastronomica romana avendo come obiettivo ultimo di aumentare la permanenza dei turisti a Roma.

A parte l’idea bislacca di far stare di più un turista a Roma aumentando l’offerta gastronomica, come se già essa non fosse sterminata soprattutto nei luoghi più turistici, in quell’articolo abbiamo provato a spiegare l’assurdità, a nostro avviso, di investire risorse pubbliche e tempo dell’Assemblea Capitolina per sostenere il commercio legato alla ristorazione; quest’ultimo è infatti l’unico che non ha problemi di sopravvivenza, laddove tutte le altre tipologie di commercio (artigianato non alimentare, librerie, esercizi di prossimità, ecc.) sono ben oltre la canna del gas.

 

La novità è che il Municipio I ha dato parere negativo su quella proposta con la motivazione che nel suo territorio vi è già un’elevatissima offerta enogastronomica, tale da non richiedere ed anzi da sconsigliare di creare una nuova via o piazza dove concentrare ulteriori locali.

Va detto che all’inizio i consiglieri di maggioranza erano orientati a fornire un parere di “astensione” sul provvedimento, limitandosi ad approvare delle osservazioni in cui specificavano la necessità di escludere il territorio del Municipio I dall’elenco delle “vie del food”. Il motivo di ciò è probabilmente dovuto al fatto che questa proposta è stata inizialmente presentata dal sindaco Gualtieri, nell’ambito del “conclave” tenuto a fine febbraio con la maggioranza, e poi portata avanti nelle commissioni dalla maggioranza in Assemblea Capitolina. I consiglieri di maggioranza in Municipio I non volevano quindi bocciare un provvedimento ispirato dal sindaco solo perché non lo ritenevano applicabile sul loro territorio.

Durante la seduta è però intervenuto il Direttore del Municipio I il quale ha chiarito che il consiglio era tenuto a fornire un parere positivo o negativo, non essendo prevista una via di mezzo.

La maggioranza si è quindi decisa a dare parere negativo, seguita in ciò dall’opposizione, approvando nel contempo delle osservazioni sul perché si ritiene l’iniziativa non utile in Municipio I.

 

Apprezzabile la decisione dei consiglieri del Municipio I, benché in qualche modo forzata dalle regole di voto, ed essa dovrebbe mandare un segnale all’Assemblea Capitolina rispetto alla necessità di rimettere mano ad un provvedimento a dir poco discutibile.

Anzitutto andrebbe eliminata la previsione di una “via del food” per il Municipio I, ma probabilmente lo stesso dovrebbe valere per il Municipio II, dove pure l’offerta enogastronomica è molto consistente, e probabilmente anche per altri municipi.

Più in generale, invece di puntare a concentrazioni di locali in alcuni luoghi, perché non studiare i modi per elevare in maniera diffusa la qualità dell’offerta enogastronomica a Roma? Al turista medio oggi a Roma vengono facilmente offerti cibi di scarsa qualità sia nelle materie prime che nella fattura, a meno che non sappia districarsi nella giungla di locali che sembrano tutti ristoranti ma spesso vivono di precotti e surgelati.

Se veramente si vuole provare a fare dell’enogastronomia un motivo ulteriore per un turista per fermarsi di più a Roma, è necessario garantire un livello generalizzato più alto d’offerta, trovando il modo di incentivare la qualità di materiali e servizio.

 

 

Noi comunque ribadiamo che queste iniziative dell’Assemblea Capitolina ci sembrano fondamentalmente delle perdite di tempo, destinate ad essere ininfluenti rispetto agli obiettivi prefissati.

Volendo indicare altre idee su cui le commissioni turismo e commercio potrebbero utilmente spendere il loro tempo, riprendiamo le considerazioni conclusive dell’articolo di luglio:

 

Due considerazioni conclusive sulle due commissioni impegnate nella discussione delle “vie del food”.

Riguardo la commissione turismo, appare indispensabile che essa provi a fare un salto di qualità, uscendo dallo schema classico che vede il turismo come una risorsa cittadina da incentivare indiscriminatamente, senza fare distinzioni.

Purtroppo invece c’è un turismo che Roma la sta uccidendo, così come ha in gran parte ucciso Venezia, ed è quello fatto di grandi numeri, di turisti distratti che passano un paio di giorni in città scattando foto nei luoghi più famosi, affollandoli all’inverosimile e costando più di quanto lascino. Ovviamente un tale turismo non può essere vietato, ma per quanto possibile andrebbe disincentivato, così come invece andrebbe favorito l’afflusso di visitatori più consapevoli di tutto ciò che Roma può offrire, a cui assicurare servizi di buon livello al giusto costo. Occorre lavorare, ad esempio, sul turismo congressuale, praticamente assente a Roma, mentre è inutile scimmiottare settimane della moda che non hanno alcuna possibilità di competere con altri luoghi in cui certi temi sono radicati da decenni.

La verità è che molto spesso il turismo più che essere il petrolio di un luogo può essere la sua perdizione, per cui o si punta in alto, provando a selezionare sia dal lato della domanda che dell’offerta, oppure si finisce tutti a fare i camerieri o gli autisti (col massimo rispetto per le due professioni che però non è auspicabile siano l’unica alternativa per Roma).

 

Riguardo invece la commissione commercio, suggeriremmo anzitutto di modificarne quanto prima la denominazione in “commissione attività produttive“, allineandosi così alla dicitura dell’assessorato. In questo modo dovrebbe essere più chiaro che tale commissione non dovrebbe occuparsi solo del commercio, bensì di tutto ciò che può essere definita “attività produttiva”. Tutto questo tempo speso per discutere di bar e ristoranti, OSP, bancarelle, mercati, è tempo non impiegato a parlare di prospettive di sviluppo reali e innovative per Roma.

Qualcuno nell’ultima campagna elettorale poneva la domanda: “di che campa Roma?“. Ebbene la risposta non può e non deve essere sempre il turismo, i B&B, i ristoranti, bensì qualcuno dovrebbe cominciare a coinvolgere le università e le grandi aziende presenti a Roma per capire come l’amministrazione capitolina può aiutare a creare opportunità per i giovani, per nuove imprese che non siano bar e pub. Cosa restituisce a Roma, ad esempio, una grande azienda come ACEA, per di più a maggioranza di proprietà di Roma Capitale? Perché non chiamarla in commissione e proporle dei progetti da finanziare per giovani romani, invece che coinvolgerla solo quando c’è da sponsorizzare qualche evento?

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Una risposta

  1. E’ un provvedimento ridicolo, figlio della sudditanza dei politici romani (PD ma non solo) nei confronti dei ristoratori, ritenuti molto più importanti dei residenti. A Roma mancano tante cose (per esempio il decoro urbano), non certamente le occasioni di mangiare, più o meno bene.

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