Come vi abbiamo raccontato un paio di anni fa, Poste Italiane possiede una rete di cassette di servizio rosse, a forma di parallelepipedo, ormai completamente in disuso da diversi anni e che vengono ricoperte di scritte e adesivi, principalmente dei traslocatori e svuotatori di cantine abusivi.
Se Roma fosse un piccolo paese o borgo di qualche centinaio o migliaio di abitanti, una di queste cassette, probabilmente l’unica presente, rappresenterebbe un punto di riferimento per gli abitanti, sarebbe ancora del suo bel rosso originale e ricorderebbe i bei tempi andati. Ma siamo a Roma, che è una metropoli e abbandonare all’incuria una rete così vasta significa concorrere al degrado della Città.
Poiché le “cassette dei viaggetti” (e per sapere perché, nel gergo dei lavoratori di Poste queste cassette di servizio si chiamano così, vi rimandiamo sempre all’articolo sopra citato) non vengono utilizzate probabilmente da almeno venti anni, potrebbe anche darsi che in Poste abbiano smarrito l’elenco dei luoghi dove sono installate. Ma quand’anche così fosse, visto che Poste sta riorganizzando la dislocazione delle cassette postali stradali dedicate all’utenza in base ad una delibera dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, quale migliore occasione per organizzare anche la rimozione delle cassette di servizio ?
E poniamo pure che all’interno di Poste si sia persa traccia della loro ubicazione, Poste ha comunque un vero e proprio esercito di postini sul territorio i quali potrebbero essere incentivati, nei loro quotidiani giri di distribuzione della corrispondenza, a segnalarne la presenza. Oppure si potrebbe lanciare un’iniziativa verso gli utenti, una sorta di caccia al tesoro su chi ne segnala di più.
Mentre scriviamo questo articolo, Poste ha rimosso la cassetta postale che vedete nella foto qui sopra (che, lo ricordiamo, è una cassetta dedicata all’utenza e non di quelle delle quali ci stiamo principalmente occupando in questo articolo) lasciando sul muro tutto quello che c’era sotto ai tempi nei quali fu installata e cioè scritte vandaliche e adesivi pubblicitari illegalmente affissi dai serrandari.
E poiché quella cassetta si trovava lì forse da trent’anni, questo ci può dare la misura di come l’immersione quotidiana pluridecennale nella bruttezza abbia potuto letteralmente sradicare nella maggior parte della popolazione romana l’idea di decoro e di bellezza, in particolare associata alla conservazione degli arredi urbani.
Ma se il ripristino del muro sottostante potrebbe forse essere di competenza del condominio, tuttavia sono stati lasciati due ganci in ferro arrugginito la cui rimozione dovrebbe spettare alla ditta incaricata da Poste.
C’è un altro aspetto, stavolta amministrativo, per il quale Poste equipara Roma a uno sperduto paesino.
I conti correnti cosiddetti “business” e cioè riservati alle persone giuridiche e ai condomini, per come ne è organizzata la gestione da ormai almeno dieci anni a questa parte (e cioè dalla chiusura degli uffici Business riservati ai professionisti e alle imprese) sta creando grossi disagi a quegli edifici condominiali che utilizzano un conto corrente postale anzichè bancario. Il disagio è dovuto a due problemi:
- quando un edificio condominiale cambia amministratore, il professionista che inizia l’incarico deve andare in Poste a variare la firma sul conto. Questo adempimento, che in banca si svolge in circa tre/quattro ore, con Poste richiede un tempo variabile da un mese a tre/quattro mesi e, in alcuni casi limite, si arriva anche a nove mesi con le conseguenze di lettere di avvocati, minacce di denunce e di rivolgersi alle forze dell’ordine ecc…. La mancata variazione di firma comporta infatti un serio disagio perchè, non potendo operare sul conto, non è possibile per l’amministratore procedere a pagare le utenze, i fornitori e le relative tasse (ritenute di acconto) con le seguenti conseguenze: distacchi di servizi primari da parte delle aziende erogatrici, azioni legali da parte delle aziende fornitrici di servizi, multe e sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.
- negli uffici postali non solo non c’è più un consulente business fisso e quei pochi rimasti che coprono più uffici sono oberati di lavoro, ma il personale, sia addetto al retail e, in alcuni casi, anche al business, è spesso totalmente all’oscuro dell’esistenza, di che cosa siano e come debbano essere correttamente attivati alcuni servizi (uno su tutti il bollettino 896) nonostante questi siano sempre pubblicizzati sul sito di Poste e pertanto l’amministratore del condominio non ha un referente certo col quale parlare e che sia in grado di comprendere la natura della sua richiesta.
Perchè poi c’è da dire che il conto bancoposta dedicato agli edifici condominiali, soprattutto se utilizzato insieme a software gestionali di ultima generazione, è capace di offrire servizi anche superiori a quelli delle banche e ad un minor costo.
Da qualche anno a questa parte, tuttavia, Poste Italiane, oltre ad aver chiuso gli uffici dedicati al mondo delle imprese, nel quale ricadono anche i conti correnti condominiali, ha progressivamente spostato il personale dalla consulenza business a quella retail (cioè orientata al consumatore finale) con una decisa sterzata del piano industriale, per ragioni, è lecito immaginare, di maggiore profittabilità. Ormai in qualunque grande città italiana gli amministratori di condominio stanno progressivamente abbandonando Poste Italiane per la impossibilità di avere un interlocutore qualificato nei conti correnti business e sono costretti a rivolgersi alle banche con conseguenti maggiori costi per i condomini amministrati uniti, spesso, ad una maggiore difficoltà di proprietari ed inquilini ad utilizzare i canali di pagamento bancari rispetto a quelli postali.
Roma non è un piccolo centro di provincia dove spesso i condomini non esistono e la tipologia abitativa prevalente è la villetta quadrifamiliare o un piccolo edificio gestito in famiglia !
Ci rivolgiamo al dott. Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, che sappiamo da una nostra fonte essere attento alle esigenze di interesse generale segnalate anche da un singolo utente, affinché si attivi per risolvere queste due criticità che non fanno onore ad un’Azienda di Stato che non può non avere a cuore le sorti del decoro della Città che ne ospita il quartier generale e non occuparsi dei disagi che una gestione così approssimativa dei conti correnti condominiali provoca negli amministratori e negli abitanti degli edifici delle grandi città.
Per quanto riguarda le variazioni di firma dei conti correnti business, si potrebbero individuare sei / sette uffici (uno ogni due Municipi, non si chiede la Luna !) nei quali ci sia personale formato, come era una volta, specificatamente sui conti business, uffici nei quali gli amministratori di condominio possano accedere previo appuntamento e nei quali sia possibile procedere alla variazione immediata della firma di traenza del conto e non concentrare quelle di tutta Italia al CUAS di Firenze.
Dott. Matteo Del Fante, ci fa sapere, per favore, cosa pensa al riguardo delle due questioni che le abbiamo sottoposto ?
Una risposta
Ma dove si trova questa cassetta?