Immerso nel verde del Bois de Boulogne, suscita timore e rispetto per la sua maestosità e lucentezza. L’edificio concepito dall’86enne Frank O Gehry piaccia o no, non lascia indifferenti. Lo ha voluto Bernard Arnault, il patron di LVMH, la holding che racchiude i più importanti marchi del lusso, per farne una fondazione/museo e lo ha pagato tutto, fino all’ultimo euro. Quanto sia costato non lo sa nessuno, ma la cifra più accreditata è 500milioni, contro un preventivo iniziale di 200. Per costruirlo ci sono volute 1500 tonnellate di acciaio e più di 13 anni.
Insomma una storia molto simile alla Nuvola dell’Eur che rispetto ad un costo preventivato di 200 milioni, ad oggi ha superato i 413 e con ogni probabilità arriverà a 450. La differenza sta nel finanziatore. Mentre l’edificio romano è stato pagato tutto con soldi pubblici, di quello parigino si sono fatti carico i privati che un po’ per mecenatismo e molto per interesse ci hanno investito somme ingenti. Il rientro dell’investimento sarà a lungo termine ma l’inizio promette bene. A soli 3 mesi dall’apertura è stato visitato da 400mila persone e costituisce uno dei nuovi motivi per una gita nella capitale francese.
Come la Nuvola di Fuksas è un progetto ardito dal punto di vista tecnologico e architettonico. C’è chi lo definisce un veliero di vetro, chi un iceberg. E come la Nuvola ha avuto appassionati sostenitori e tenaci detrattori. Ve lo lasciamo ammirare in queste foto in modo che ciascuno possa farsi il proprio giudizio.
La sua storia tormentata è già dimenticata e perfino i più integralisti l’hanno digerito, dopo solo 4 mesi dalla fine dei lavori. Parigi non ha certo bisogno di rilancio turistico, essendo la prima città al mondo per numero di visitatori, ma l’esempio di Bilbao risuona nelle orecchie degli amministratori parigini. Il capoluogo basco ha conosciuto una nuova vita dopo che lo stesso Frank Gehry progettò lo splendido Guggenheim Museum. E anche in quel caso gli spagnoli storsero il naso, giudicando l’edificio troppo grosso e costoso. E invece il ritorno in termini economici è stato incredibile, superando ogni aspettativa, facendo rinascere Bilbao.
Potrà verificarsi la stessa cosa a Roma quando finalmente vedremo la fine della Nuvola? Anche la nostra città avrà benefici da un’opera così pesante e impegnativa? La ormai trentennale storia del Guggenheim e la brevissima vita della Fondazione Vuitton insegnano la stessa cosa. E cioè che non basta costruire un edificio moderno e attraente, ma è il contesto che deve seguire l’architetto, è la città che deve fare il suo mestiere di città. Proviamo a spiegarci meglio. A Bilbao si è creato un vero sistema museale, circondando il Guggenheim di altre attrazioni culturali come il Fine Art Museum, il teatro Arriaga e offrendo servizi di accoglienza e di trasporto all’altezza.
Parigi è ovviamente già molto attrattiva ma ha saputo offrire servizi intorno alla Fondazione Vuitton che rendono molto gradevole la gita in un quartiere lontano dal centro. Eccone alcuni
Questo vuol dire fare sistema. Questo è un modo di accogliere e non respingere. All’Eur è possibile fare ancora di più. L’acquario che sarà a due passi, gli splendidi edifici razionalisti, il laghetto, i Musei (Pigorini, Alto Medioevo, etc). E soprattutto il turismo congressuale che la Nuvola dovrà portare a Roma. Un turismo di qualità che andrà a riempiere alberghi e ristoranti, ad alimentare il commercio sano. Roma oggi non è nelle prime 20 città congressuali, mentre l’Italia è al sesto posto nel mondo. Questo vuol dire che Roma non sa ospitare. La Nuvola, con tutti i suoi problemi e i suoi gigantismi, deve essere l’occasione di svolta. Ma occorre pensarci subito e programmare fin da ora.