Torniamo a parlare della frenetica attività dell’amministrazione nel cercare di aiutare bar e ristoranti ad operare in epoca di COVID19, consentendogli di recuperare all’esterno, su suolo pubblico, lo spazio perso per il distanziamento.
Chiariamo ancora una volta che non siamo affatto contrari ad una tale ipotesi, ben comprendendo la necessità di aiutare le attività commerciali a ripartire limitando i danni. Quello che contestiamo è che questa iniziativa avvenga nel più totale disprezzo delle normative esistenti, di sicurezza e di tutela, ma soprattutto ignorando che il distanziamento va prima di tutto assicurato a chi su strade e marciapiedi ci transita e vorrebbe farlo senza essere costretto a rischiare un contagio perché i tavolini hanno preso tutto lo spazio disponibile.
Tre gli elementi che vogliamo presentare in questo articolo.
BLOCCATA L’ESPANSIONE DEI TAVOLINI A NAPOLI. Anzitutto la notizia che lo scorso 8 giugno il TAR della Campania ha accolto il ricorso di un’associazione di cittadini ed ha sospeso l’ordinanza del sindaco De Magistris che consentiva l’ampliamento delle OSP. Questo il testo diffuso dall’ANSA:
“Il Tar Campania ha accolto il ricorso presentato dal comitato ‘Chiaia Viva e Vivibile’ contro il Comune di Napoli ed ha sospeso gli effetti dell’ordinanza emessa lo scorso 4 giugno dal sindaco, Luigi de Magistris, che consentiva l’ampliamento delle occupazioni di suolo pubblico per la somministrazione di beni e servizi in virtù delle misure di distanziamento sociale previste per la fase 2 e 3 post emergenza Covid. Il Tar ha fissato la Camera di Consiglio al prossimo 7 luglio.
L’ordinanza sindacale, in deroga al vigente regolamento comunale relativo alle concessioni per l’occupazione temporanea di suolo pubblico, nasceva con l’esigenza di garantire il rilancio delle attività economiche post lockdown. Per il Tar “non si giustifica affatto l’immediata operatività della disciplina derogatoria e acceleratoria in un quadro che tutt’ora richiede il penetrante controllo pubblico anche delle attività economiche in ragione del persistente stato di emergenza sanitaria”. ”
Ebbene un “penetrante controllo pubblico anche delle attività economiche in ragione del persistente stato di emergenza sanitaria” è esattamente l’opposto di quello che da settimane sta facendo l’amministrazione capitolina. Come abbiamo cercato di spiegare a più riprese, l’ultima qui, le buone intenzioni di aiutare una parte del commercio cittadino si sono fin da subito concretizzate in provvedimenti e messaggi da inizio del far west, dove ogni esercente può occupare a piacimento il suolo pubblico con la ragionevole certezza di non subire controlli.
Questo modo di procedere non solo lede i diritti dei cittadini che su strade e marciapiedi devono poterci transitare in sicurezza, ma finisce anche per andare contro gli interessi degli esercenti, che in caso di sospensione dei provvedimenti di urgenza vedrebbero preclusa ogni possibilità di ottenere spazio pubblico.
Invece quindi di fare a gara tra maggioranza e opposizione a chi concede di più al commercio, sarebbe il caso di predisporre provvedimenti che anzitutto rispettino le normative preordinate e che assicurino la salute pubblica a tutti, ma poi che trovino risposte adeguate alle esigenze di distanziamento delle persone. Continuare ad ostinarsi a voler mantenere tutti i locali dove sono, anche nei casi, e sono molti, dove lo spazio esterno non è materialmente concedibile, è sbagliato e miope. Perché invece non pensare di approfittare della bella stagione e individuare spazi all’aperto dove le persone possano incontrarsi in sicurezza, assegnando concessioni temporanee ai locali che non ce la fanno a riaprire nella loro sede? Un’eventualità del genere è stata avanzata da Valerio Carocci, del Cinema America, per alleggerire i luoghi della movida; come mai nessuno dei geni dell’amministrazione, ma anche dell’opposizione, ci arriva?
L’OPERATO DELL’AMM.NE SOTTO LA LENTE DI VAS. Il secondo elemento riguarda il lavoro di verifica e controllo che la onlus VAS (Verdi Ambiente e Società) sta effettuando sull’iniziativa dell’amm.ne in materia di OSP. L’attenta analisi dell’arch. Rodolfo Bosi, responsabile del circolo territoriale Roma di VAS, ha fatto emergere più di un problema con i provvedimenti presi e in itinere, tali da preannunciare ricorsi in altre sedi nel caso l’amministrazione continui a “stirare” o ignorare le vigenti normative. Nell’ultimo suo intervento l’arch. Bosi segnala il tentativo dell’amm.ne di ridurre i criteri minimi per il rilascio delle OSP, tentativo a suo dire illegittimo in quanto in contrasto con normative nazionali.
UNA DEREGULATION SENZA PRECEDENTI. Il terzo elemento è un’ulteriore riflessione, giuntaci da persona pratica della materia, sui pasticci normativi con cui si sta incartando il Campidoglio. Sono questioni amministrative alquanto contorte ma proprio per questo dovrebbero essere maneggiate con grande cura, mentre l’amministrazione Raggi, con la punta di diamante rappresentata da Andrea Coia, ne sta letteralmente facendo carne di maiale.
“Vale la pena? Siete sicuri che vale la pena? Lo chiediamo a quanti si stanno freneticamente adoperando per dare la possibilità agli operatori del settore della somministrazione di alimenti e bevande un ampliamento delle occupazioni di suolo pubblico indiscriminato per far fronte alle difficoltà legate all’emergenza Covid19.
Lo chiediamo in primo luogo alla Sindaca e all’Assessore al Commercio Cafarotti ma anche a tutti i consiglieri capitolini sia di maggioranza che di opposizione.
Siete proprio convinti di quello che state proponendo di fare e delle ricadute che avrà sulla città? Sicuramente lo siete ma a noi che siamo un po’ ottusi e prevenuti sorgono molti dubbi. State per far passere una deregulation senza precedenti su un tema che avrà ricadute sulla sicurezza, la salute e la tutela del patrimonio artistico e culturale enormi.
La Sindaca ha annunciato che si potranno presentare le richieste per poter usufruire degli ampliamenti delle occupazioni di suolo pubblico avendo approvato una delibera apposita che prevede una maggiorazione della superficie fino al 35%. In realtà non è proprio così ameno per ora, ma in futuro si potrà.
Lo ha fatto approvando in Giunta Capitolina due proposte di Delibera il 21-22 Maggio scorsi: la prima è un atto che dovrà essere successivamente approvato dall’Assemblea Capitolina e che quindi maturerà i suoi effetti solamente in quel momento ma che oggi non può essere ancora applicata, mentre la seconda (DGC 87/2020) relativa alle “Linee guida di immediata applicazione delle misure di sostegno per le imprese di pubblico esercizio di cui all’art. 181 del D.L. n. 34 del 19.05.2020” che invece dispiegherà tutti i suoi effetti subito. Questa seconda delibera è stata approvata con una piccola postilla; “nelle more del completamento dell’iter deliberativo dell’Assemblea Capitolina” dell’altra Delibera. Una cosa che nel diritto amministrativo è una mostruosità e che rischia di rendere nulli tutti provvedimenti che ne potranno conseguire. Detto questo e preso atto per l’ennesima volta della competenza di questa Sindaca e della sua Giunta, la forma (che è anche sostanza) è anche peggiore in quanto l’art. 181 suddetto non parla assolutamente di percentuali di ampliamento mentre l’art. 264 prevede che gli interventi sono previsti “nel rispetto delle norme di sicurezza, antincendio, igienico- sanitarie e del paesaggio”. Quindi è il Decreto Legge che stabilisce i criteri ai quali si devono attenere gli operatori del settore ed il Comune non può modificarli perché norma con provvedimenti di rango inferiore.
Detto questo, calando un velo pietoso sull’azione della Sindaca e della sua Giunta, vediamo le conseguenze di quello che potrà succedere in applicazione della DGC 87/2020. I titolari delle attività di somministrazione, e non altri soggetti come qualcuno voleva prevedere, potranno presentare una SCIA “con allegata la sola planimetria” al Municipio territorialmente competente e contestualmente allestire l’area individuata, senza dover attendere l’espressione dei pareri preventivi. Quindi solamente ex post si potranno “effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio” (art. 264) circa il rispetto di quanto dichiarato e rappresentato con i criteri previsti in tema di norme di sicurezza, antincendio, igienico- sanitarie e del paesaggio.
Ma nella DGC 87/2020 è previsto, inoltre, che “in caso di accertamento negativo dei requisiti dell’occupazione, quest’ultima deve essere rimossa entro il termine di (7 sette) giorni dalla comunicazione di rigetto della domanda”. Eccola la mela avvelenata che ci regala questa delibera. Sette giorni di tempo, a cui si devono sommare i tempi amministrativi per la predisposizione degli atti e la notifica, per una occupazione che non rispetta i principi di sicurezza e antincendio sono un tempo immenso. Lasciamo pure che qualcosa vada a fuoco e che i mezzi di pronto soccorso non riescano ad intervenire o che più semplicemente un’ambulanza non riesca a raggiungere in tempi celeri un luogo perché la strada è ingombra di tavoli e sedie e poi vi verremo a chiedere conto delle vostre scelte.
Lasciamo che i marciapiedi vengano occupati all’inverosimile e che vengano lasciati solamente i due metri per il transito dei pedoni e non sia mai che siano in carrozzella o con passeggino, perché in tempi di distanziamento fisico due persone che si incrociano per mantenere il famoso metro di distacco hanno bisogno di almeno 2,50 metri per stare in sicurezza. Lasciamo che lo spazio materiale e non sociale venga eroso se non annullato dalla presenza degli elementi di arredo delle osp e che le persone non sappiano dove transitare in sicurezza e in distanziamento.
La Sindaca e il suo Assessore Cafarotti, che dopo anni di imbarazzante silenzio, durante i quali ha lasciato campo libero al Presidente della Commissione Commercio e alle sue scellerate delibere, ci regalano queste ulteriori perle considerando che se dovesse passare la proposta di delibera approvata in Giunta la situazione non potrebbe che peggiorare. Sarà, infatti, possibile ampliare le superfici già concesse ovvero di richiederne di nuove, fino al 35% del già concesso o della superficie interne del locale in assenza di attuale concessione. Una domanda ci viene da fare immediatamente: ma se prima l’osp non era concedibile sia in ampliamento che nuova perché dovrebbe esserlo concedibile oggi? E perché poterla posizionare anche a 20 (venti) metri di distanza (la lunghezza di un campo di tennis) dalle proprie pertinenze?
L’unica risposta che ci viene in mente è che le elezioni si avvicinano e si cerca di catturare voti in determinate categorie dalle quali ci si aspetta un riscontro positivo.
In tutto questo ciò che manca davvero è una visione di ciò che vorremmo che fosse la città. Si diceva che il Covid19 poteva essere il momento per un ripensamento degli stili di vita di ognuno verso una condizione più rispettosa degli altri e dell’ambiente in cui vive in generale e delle nostre città nello specifico. Quello che non vorremmo che accadesse, ma che sembra inevitabile, è che le attività commerciali di vicinato – artigiani, piccoli commercianti al minuto – che hanno sofferto come le altre il peso dell’emergenza sanitaria non ce la faranno a riprendersi perché non sono state studiate forme locali di sostegno mentre quelle che hanno ottenuto sostegni come nel caso in questione riusciranno ad andare avanti. Avremmo quindi un ulteriore proliferare di attività di ristorazione e di somministrazione e, soprattutto nel centro storico, un ulteriore spopolamento di residenti con la sostituzione con attività di bed&breakfast e ricettive. Guardiamo a Venezia dove in questo periodo di covid19 in assenza di turisti stranieri la città era semi deserta e le attività commerciali ridotte sul lastrico. È questo che vogliono lor signori o non si vogliono invece pensare forme di agevolazione e di sostegno per cercare quantomeno inalterato il tessuto economico-commerciale della città? Qual è la visione futura che vogliono immaginare per la città?
Eccoli i frutti avvelenati che ci regalano questi signori…“