A Roma c’è bisogno di rigenerazione. Quella vera

Edifici dismessi, vuoti urbani, spazi da riqualificare. Una mostra entro l'anno per riflettere sul riscatto e lo sviluppo della città

E’ un tema che potrà sembrare astratto ma non è così. Dalla rigenerazione urbana dipende il nostro futuro e il nostro presente, la vita di tutti i giorni, la qualità dei servizi, la possibilità di abitare il quartiere. Purtroppo a Roma la rigenerazione è stata troppo spesso intesa come sostituzione di un vecchio edificio con uno nuovo.  E non sempre il risultato di queste operazioni è stato positivo, anzi.

Basti pensare ai villini novecenteschi sostituiti con palazzine contemporanee che hanno forse offerto una casa confortevole a poche famiglie, creato un buon business per i costruttori ma nulla hanno lasciato alla città e alla collettività.

Ecco perché la vera rigenerazione urbana è altra cosa e riguarda la creazione di sistemi sostenibili, il miglioramento del territorio, della sua cultura e vivibilità.

Lo scorso anno, poco prima dell’arrivo del virus, a Palazzo Merulana si tenne una bella mostra intitolata “Riscatti di città”, tutta dedicata alle criticità della capitale e alle opportunità di rinascita. Entro la fine del 2021, si terrà la seconda edizione di questo ottimo evento con un focus sui tanti luoghi dismessi di cui è disseminata Roma.

E’ dal 2015 che diarioromano dedica attenzione a immobili dal grande passato ma dall’incerto futuro. Nella nostra rubrica “Città in rovina” abbiamo raccontato storie affascinanti di palazzi, caserme, terreni, stazioni, fabbriche che segnarono un epoca e oggi sono caduti nel dimenticatoio. Edifici pubblici o privati che potrebbero essere oggetto di una rigenerazione altruista, dedicata cioè ai residenti dei quartieri limitrofi e a tutti i romani.

Negli ultimi mesi, abbiamo gettato lo sguardo sulle Caserme a Ponte di Ferro ed ex Mira Lanza, con la loro avventura straordinaria della nascita del sapone. Oppure gli ex Mercati Generali dell’Ostiense o dei tanti villini interni alla “città dei pazzi”, il Santa Maria della Pietà. Ma gli esempi potrebbero continuare con una lunga lista, tra l’altro ancora incompleta perché troppi sono gli edifici e i vuoti urbani sui quali vanno accesi i riflettori.

Santa Maria della Pietà

 

Il curatore del progetto “Riscatti di città”, Nicola Brucoli, ha invitato diarioromano a collaborare alla prossima mostra, condividendo una lista di immobili o aree in attesa di intervento di rigenerazione. E noi cogliamo volentieri l’invito oltre a girarlo ai nostri lettori che possono inviarci segnalazioni che a nostra volta riporteremo ai curatori. 

Senza dover fare particolari sforzi di memoria, pensiamo tra le altre alla Fabbrica di Penicillina sulla Tiburtina, al Borghetto Flaminio, alla Caserma Ruffo.

 

E poi ci sono degli edifici sui quali il Campidoglio ha già avviato un iter di valorizzazione ma con i tempi e le incertezze che caratterizzano il Comune di Roma. L’Ex Mercato di Torre Spaccata e l’ex Filanda che sono oggetto di un bando internazionale nell’ambito del progetto “Reinventing Cities”. Ma anche immobili più piccoli che potrebbero essere di grande utilità per la cittadinanza che stanno cadendo a pezzi come l’ex asilo nido di via Tarso, l’ex Istituto Don Calabria in via Cardinal Capranica, la scuola Vertunni e l’area di via Fortifiocca.

Ciascuno di noi, passeggiando o uscendo di casa, si può imbattere in una di queste strutture da riqualificare perché sono tantissime ma spesso diventate invisibili ai nostri occhi, abituati alla “sparizione” di ciò che non ha più una vita propria.

A Roma il capitolo della rigenerazione urbana non si è mai veramente sviluppato. La Regione Lazio, nel luglio del 2017, approvò una legge intitolata “Rigenerazione urbana” ma altro non è che la sostituzione del precedente “piano casa” voluto dall’amministrazione Polverini e proseguito in parte da Zingaretti.

Mentre il vecchio “piano casa” era maggiormente orientato a piccoli interventi di ampliamento per i singoli proprietari, questa legge ha una finalità più ampia con attenzione al taglio del consumo di suolo, alla riqualificazione sismica ed energetica. Come raggiungere questi obiettivi? Principalmente con la demolizione e la ricostruzione, quella che i tecnici chiamano “sostituzione edilizia”. Chi la porta a termine può ottenere premi fino al 40% della cubatura preesistente.

Se il “piano casa” poteva essere attuato anche in deroga agli strumenti urbanistici esistenti, la nuova legge pone maggiori vincoli ma non è detto che siano sufficienti e soprattutto giusti.

Quando si parla di rigenerazione, infatti, occorre immaginare i risultati complessivi di un certo intervento, includendo le esigenze di mobilità, la qualità urbanistica, i servizi. Insomma buttare giù una palazzina di 4 piani e tirarne su una di 5 non è di per sé rigenerazione.

Ecco perché la mostra in preparazione potrà costituire un importante momento di riflessione e ripensamento sugli errori del passato, con proposte concrete su quello che si può fare perché un cinema dismesso o una fabbrica chiusa da anni tornino ad essere parte di noi.


Foto di copertina: interno Città dello Sport di Tor Vergata ©diarioromano

 

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