Entrambi sono fenomeni che producono degrado e inquinamento ambientale. E forse quello degli svuotacantine che affiggono adesivi in ogni angolo è un problema ancora più grave nonostante la maggioranza delle persone pensi che siano solo poveracci che sbarcano il lunario.
I RECUPERANTI. E’ diventato un quasi mestiere, appannaggio dei rom che rovistano i cassonetti di Roma e rivendono la merce in mercatini improvvisati. C’è un codice che viene usato per comunicare agli altri membri del gruppo che un certo cassonetto è stato già ispezionato: vengono lasciati dei vecchi abiti appoggiati sul bordo.
Vi sono poi luoghi trasformati in discariche dove il materiale viene vagliato: parte è gettata e il resto venduto. E’ soprattutto il ferro a fare gola a questo strano mercato, che viene pagato discretamente sul mercato nero e in contanti.
L’assessore alle politiche sociali Laura Baldassarre ha avanzato una proposta: creare un albo dei recuperanti per rendere in qualche modo legale la loro attività e consentire un introito che sarebbe tassato. Un mestiere, però, che viene definito temporaneo e “ad esaurimento“. Cosa si intenda per “esaurimento” non è molto chiaro ma dalla bozza sul piano rom predisposta dal dipartimento si intuisce si tratti di persone adulte che non riescono più ad inserirsi nel mondo del lavoro. Vista così, l’idea dell’assessore potrebbe avere una logica. Un pò come qualcuno vorrebbe fare con la prostituzione: esiste da sempre tanto vale regolamentarla. Ma le cose per chi rovista nei cassonetti sono meno semplici di quanto sembri. Innanzitutto c’è il problema del degrado che viene provocato da molte di queste persone che, per selezionare ciò che vogliono portar via, tirano fuori i rifiuti e li abbandonano sulla strada. La seconda questione riguarda il luogo di smistamento. Guardate qui sotto, siamo sugli argini dell’Aniene, dove la via Salaria incrocia l’Olimpica. Ci sono decine di carrelli pieni di merce che ogni giorno vengono sversati e che inquinano le acque del fiume in maniera irreversibile. Lo abbiamo documentato con diverse foto e denunciato, ma l’attività continua imperterrita.
L’ultimo aspetto riguarda quello fiscale: perchè i rovistatori dovrebbero pagare le tasse come auspicato dall’assessore se possono svolgere la medesima attività in nero? Quale vantaggio potrebbero ottenere dalla regolarizzazione se tanto nessuno li ha mai multati o arrestati? Per tacere del fatto che la neo assessora all’ambiente Montanari vuole levarli i cassonetti mentre la sua collega Baldassarre li usa come “luogo di lavoro”.
Questa parte del piano convince poco ed è probabile che le controindicazioni siano così tante che il progetto venga abbandonato.
GLI SVUOTACANTINE. Diverso è il tema del patentino che si vorrebbe dare agli svuotacantine. Sembra un’idea piuttosto sensata in quanto consentirebbe ai cittadini di essere sicuri che il soggetto chre svolge il lavoro abbias ottenuto l’autorizzazione e che smaltisca correttamente i rifiuti. Sono anni che le associazioni e i blog ripetono che dietro gli adesivi che offrono sgomberi a pochi euro si nasconde la piaga delle discariche abusive. Gli oggetti prelevati dalla cantine vengono tutti buttati nelle aree verdi intorno a Roma, come dimostrano i cumuli accatastati in tante parti della città.
In questo caso il patentino potrebbe garantire una tracciabilità del rifiuto e il suo regolare smaltimento. Inoltre si potrebbe realizzare un patentino a punti: chiunque affigga adesivi abusivi o commetta altre irregolarità verrà decurtato dei punti e in caso di reiterazione, gli verrà ritirata la licenza. Una prima regolamentazione di un settore che oggi è un far west.
Insomma luci e ombre nel piano proposto dalla Baldassarre. L’obiettivo del superamento dei campi rom è valido, ma l’importante è non cadere in altri errori che potrebbero vanificare il lavoro.