Rigenerazione urbana. Questa la definizione che ne dà Wikipedia:
“Con rigenerazione urbana (dall’inglese urban regeneration) si intendono, in primo luogo, quelle azioni di recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio preesistente, in particolare nelle periferie più degradate, interventi che limitano il consumo di territorio salvaguardando il paesaggio e l’ambiente, solitamente attenti alla sostenibilità.
Spesso la rigenerazione degli edifici o degli spazi è affiancata da interventi di natura culturale, sociale, economica e ambientale, finalizzati ad un miglioramento della qualità della vita, nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale e di partecipazione.”
Calato a Roma questo concetto farebbe pensare alle tante periferie venute su in maniera caotica ed illegale, poi oggetto di sanatorie a ripetizione ma irrimediabilmente affette da problemi ambientali, di mobilità, di aggregazione sociale e culturale, ecc. Si direbbe insomma un oceano di occasioni di riqualificazione.
E invece dov’è a Roma che si sta concentrando la riqualificazione? Dove si fanno più soldi, ça va sans dire, ossia dove gli interventi edilizi portano ad aumenti di cubature con ricadute economiche importanti, complice una normativa con buchi pazzeschi che si fa fatica ad immaginare casuali.
Il problema si è improvvisamente palesato in occasione del concretizzarsi del primo intervento di abbatimento di edificio storico con prevista nuova costruzione in stile moderno e palesemente fuori contesto. È accaduto nei pressi del quartiere Coppedè, in via Ticino, dove ad ottobre dello scorso anno un villino degli anni ’30 è stato abbattuto per far posto ad una nuova costruzione con premio in cubatura.
A nulla sono valse le denunce e gli sforzi con cui da più parti si è cercato di fermare la demolizione. Incredibilmente era tutto in regola ed ancor più incredibilmente la nuova costruzione potrà essere del tutto fuori contesto, come mostra l’immagine sopra (da notare l’orrido accostamento del nuovo mostro col delizioso villino che si intravede alla sua sinistra).
Ma l’edificio di via Ticino è stato solo il primo di una ventina circa di edifici della città storica che stanno per essere sostituiti da costruzioni moderne. Il prossimo dovrebbe essere Villa Paolina, situata tra largo XXI Aprile e via Carlo Fea.
Da quando è scoppiato il caso di via Ticino si è acceso un dibattito cittadino su quali fossero i poteri del Comune di Roma in relazione al Piano Casa approvato dalla Regione Lazio, con molti che hanno accusato il Comune di non voler far nulla per fermare gli interventi fuori luogo. Purtroppo la materia è abbastanza complicata e si presta a strumentalizzazioni politiche.
Vi è però qualcuno che ci si è applicato ed ha cercato di fare chiarezza consentendo così di capire di chi sono le responsabilità di quello che sta accadendo e quali le possibilità di intervento per tutelare ciò che non merita di essere abbattuto, indirizzando così i pur giusti appetiti dei costruttori verso le aree che di rigenerazione urbana ne avrebbero un bisogno enorme. Sono gli amici di Carteinregola che nei giorni scorsi hanno prima pubblicato un succinto (per i loro standard) compendio con i punti principali per inquadrare la questione e poi un più completo quadro normativo con tutti i riferimenti di legge.
Cercando di sintetizzare quanto abbiamo letto nel primo post di Carteinregola, diremmo che per la demolizione del villino di via Ticino e per la ventina di altre il cui procedimento è già in itinere non c’è purtroppo nulla da fare: l’amministrazione Alemanno nel 2012 decise di limitare le tutele al solo centro storico, lasciando scoperta la gran parte della cosiddetta Città Storica; peraltro l’amministrazione Zingaretti avrebbe potuto prevedere ulteriori tutele, al momento di prorogare il Piano Casa della Polverini, ma ha deciso di non farlo.
Su questo non vi sono quindi responsabilità da parte dell’amministrazione Raggi mentre sono da sottolineare quelle di Zingaretti, e del suo assessore Civita, che apparentemente hanno privilegiato gli interessi dei costruttori senza prevedere le necessarie tutele in particolare per la città di Roma.
Con il nuovo Piano Casa, approvato dalla Regione Lazio nel 2017, il Comune può allargare le tutele ad altre aree oltre al centro storico e sarebbe quindi il caso che l’assessore Montuori provvedesse al più presto, prima di dover allungare la lista di edifici storici che verranno fatti sparire per far posto ad anonime nuove costruzioni.