Antenne e parabole: quel degrado sopra il cielo di Roma

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Approvata mercoledì scorso una delibera firmata da tutti i gruppi consiliari, escluso il M5S, che prevede sgravi e contributi per i rifacimenti delle facciate degli stabili con anche la possibilità di ottenere finanziamenti a fondo perduto per l’installazione di antenne centralizzate in sostituzione di quelle singole.

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Può apparire come il solito provvedimento tecnico semioscuro che interessa solo gli addetti ai lavori. In realtà può essere l’avvio di un’importante rivoluzione. Quella che permetterebbe di eliminare l’assurda foresta di antenne sui palazzi romani. Padelloni satellitari e – soprattutto – impianti ad array, modello Yagi. Milioni di antenne che formano un panorama di spilli inguardabile. Milioni di cavi che scendono giù dai tetti. Uno scempio unico in Europa.

Ora, l’importante è riconoscere un problema e inserirlo nel contesto più generale della riqualificazione delle facciate dei palazzi. Il solo fatto che maggioranza e opposizione concordino sul pacchetto di sgravi per il restyling degli edifici proposto dalla CNA – che ha fatto campagna sull’argomento – e dall’ANACI – l’associazione degli amministratori di condominio – e successivamente rielaborato dalla giunta comunale, è sintomo di un una tardiva presa di coscienza della politica sullo stato inverecondo dei palazzi romani, coperti di scritte e sovrastati da milioni di antenne, vecchio retaggio del boom televisivo degli anni ‘60.

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La questione delle antenne televisive a Roma è annosa.

Nel 2003 venne approvata una delibera (la n.95 del 14/05/2003) che avrebbe dovuto sistemare la materia una volta per tutte (l’articolo del Corriere sembra quello uscito nei giorni scorsi!) .

Il testo contiene previsioni assolutamente condivisibili. Eccone alcuni estratti.

“Le antenne riceventi televisive terrestri e le parabole satellitari … sono collocate sulla copertura degli edifici ubicati nel territorio comunale. Sono pertanto da escludersi installazioni in facciata nonché su balconi o terrazze che non siano di copertura.”

“Sulla copertura di ogni edificio composto da più unità abitative è ammessa l’installazione di una sola antenna collettiva”

“… nelle aree soggette a pianificazione paesistica … le antenne dovranno essere delle dimensioni più ridotte reperibili in commercio, presentare una colorazione capace di mimetizzare efficacemente l’intero apparato tecnologico con quella del manto di copertura”.

Peccato che tale delibera non prevedesse né un periodo entro cui gli stabili si sarebbero dovuti adeguare alle nuove norme, né alcuna sanzione nel caso di non adeguamento. Per cui, senza sorprese, la delibera stessa è rimasta lettera morta.

Pazienza che ci fossero già norme statali a regolare il tema. Quelle che l’associazione Bastacartelloni ha richiamato in un documento consegnato ai candidati sindaco alle scorse elezioni, tra cui Ignazio Marino: le proposte di incentivi alla rottamazione delle antenne suggeriti a pagina 8  ricalcano più o meno quelli contenuti nella vecchia delibera del 2003 e in quella nuova del 2015: che sia la volta buona?

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Selva di antenne VS centralizzata: non c’è paragone….

 

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