Il servizio di trasporto pubblico a Roma da anni è in continuo drammatico peggioramento, nonostante il Comune continui a promettere un futuro migliore, senza che sia chiaro quando questo futuro arriverà. Certamente non nel 2024, anno in cui probabilmente verrà battuto qualsiasi precedente record negativo.
Il Comune dà i numeri. I costi del trasporto pubblico sono coperti solo in minima parte da biglietti e abbonamenti (30% scarso, dei soli costi ricorrenti), mentre la quasi totalità dei costi è coperta dai Contratti di Servizio (CdS) con ATAC e i privati dei lotti periferici, a cui si aggiungono gli enormi costi per le manutenzioni straordinarie di mezzi e infrastrutture, e la sostituzione e acquisto di nuovi mezzi e infrastrutture (autobus, tram, treni metro, ascensori, scale mobili, binari, etc.).
L’attuale Contratto tra Comune ed ATAC scadeva a inizio dicembre 2019, ma è stato prorogato finora per 6 volte, fino ad aprile 2027. Questo è quanto risulta dalle comunicazioni inviate dallo stesso Comune al sito della gare dell’Unione Europea
Il servizio annuo indicato dal Comune di Roma nelle comunicazioni ufficiali alla UE per ATAC è di:
- 95 milioni di vetture/km minimo per la superficie (bus, filobus, minibus e tram) fino a 115 milioni per il 2022, diminuito poi a 105 milioni di vetture/km dal 2023;
- 9 milioni di treni/km minimo per le metropolitane, fino a 10 milioni di treni/km dal 2022.
Il servizio che il Comune ha poi realmente richiesto ad ATAC è stato molto inferiore. Soffermandoci al 2023, con Determinazione Dirigenziale 1189/2023:
- 92,9 milioni di vetture/km per la superficie (-2%/-11% );
- 7,4 milioni di treni/km per le metropolitane (-18%/-26%).
Nel complesso un -12% medio di servizio programmato, rispetto quanto comunicato alla UE. Già in partenza è una differenza mostruosa.
Il servizio programmato. Iniziamo a parlare proprio del servizio che viene richiesto dal Comune ad ATAC, quello su carta, ben diverso da quello che poi viene realmente svolto per i cittadini.
Per convenzione (usata anche da ATAC), per trasformare i treni/km delle metropolitane e poterli sommare alle vetture/km di bus e tram, bisogna moltiplicare per il numero di vetture di cui è composto il treno che, nel caso di Metro A B e C, è 6 (idem per la RomaLido, mentre per la RomaViterbo sono 3 vetture, e per la RomaGiardinetti circa 2,65 vetture in quanto ATAC usa sia treni da 2 che da 3 vetture). Moltiplicando dunque treni/km*6 delle metropolitane e sommando il risultato alle vetture/km di bus e tram, si ottiene il servizio totale (riportato anche nei Bilanci). In questo modo si può facilmente raffrontare l’andamento del servizio negli anni.
Il contratto con ATAC, stipulato dal Comune a settembre 2015, fissava come obiettivo per il 2016 un servizio pari a 158 milioni di vett/km, inteso come somma del servizio di bus, filobus, minibus, tram e Metro. Con il Concordato ATAC si impegnava a raggiungere l’obiettivo di 157 milioni di vett/km nel 2021, che è anche il servizio medio comunicato alla UE per il 2023 (da un minimo di 149 fino a 165 milioni di vett/km).
Tuttavia il Comune già subito dopo la stipula ha ritoccato al ribasso questi obiettivi, anche in maniera pesante: nel 2023 ad esempio ha chiesto solo 137 milioni di vett/km. Nel diagramma sotto, il servizio richiesto dal Comune come obiettivo per ATAC è rappresentato dalle barre rosse.
Il servizio reale ai cittadini. A fronte dei km richiesti dal Comune (di media intorno ai 150 milioni vett/km l’anno), ATAC ha fornito realmente un servizio sempre inferiore e pari a circa 134 milioni di vett/km l’anno, rappresentato dalle barre verdi nel diagramma sopra. Da dicembre 2020, a causa della crisi pandemica, ATAC ha cominciato ad avvalersi del supporto di bus privati su alcune linee in subaffido (inizialmente 24 linee, poi scese ad 11), nell’ottica di migliorare il servizio e diminuire l’affollamento a bordo dei mezzi. Nel 2021 il servizio reale effettuato è stato pari a circa 146 milioni di vett/km (di cui 5,8 effettuati da privati in subaffido). Nel 2023, appena due anni dopo, il Comune ha chiesto ad ATAC un servizio ridotto a soli 137 milioni di km, mentre il servizio reale svolto per i cittadini è stato più basso e verosimilmente intorno ai 129 milioni di vett/km (calcolati in proiezione sui report ufficiali ATAC, al momento pubblicati fino a novembre 2023), soprattutto a causa del minor servizio effettuato dalle Metro per la manutenzione, revisione e rinnovo di treni e infrastrutture, che andrà avanti ancora per diversi anni, ma anche dal minor servizio tram e -inspiegabilmente- da una flessione negativa del servizio bus.
Si tratto di un crollo pesantissimo e repentino (-11% in soli 2 anni), ben prevedibile e a cui il Comune non ha saputo porre alcun rimedio compensativo, come ad esempio l’affidamento a privati di ulteriori quote di servizio non svolto da ATAC. Inoltre sulle revisioni dei treni incombe la spada di Damocle dell’Agenzia per la Sicurezza (ANSFISA), che già a partire dal 2022 ha concesso numerose proroghe/deroghe, e non è affatto scontato che continuerà a farlo illimitatamente, basti pensare al blocco del tram 8 a gennaio 2024, ritenuto ormai inderogabile perfino per pochissimi mesi (a maggio si fermerà tutta la rete tram per 5 mesi per rinnovo del Deposito di Porta Maggiore). Le ditte appaltatrici inoltre non hanno alcuna possibilità materiale di assorbire eventuali sovraccarichi di manutenzioni. Il Giubileo 2025 rischia quindi di essere una catastrofe dal punto di vista della mobilità, con i pullman che invaderanno la città e non ci sarà alcun modo di dar loro alternative.
La “cura del ferro”. Si parla da anni della necessità di una “cura del ferro” per Roma, ma paradossalmente ad andare peggio negli ultimi anni sono proprio tutti i tipi di trasporto su ferro, come si può vedere nel grafico sotto, espresso in termini percentuali.
Il servizio totale reso in vett/km è invece riportato nel diagramma a barre qui sotto. Il 2021 ha beneficiato di un punto di massimo del servizio Metro e del ricorso ai subaffidi per il servizio bus. Poi la catabasi. Il 2023, in attesa dei dati definitivi, vincerà il trofeo di anno peggiore per il TPL, con il 2024 ben piazzato per soffiargli il record. Sperando il trend si fermi qui, perché poi c’è il Giubileo.
Volendo dare uno sguardo più ampio, uniformando in termini percentuali rispetto agli obiettivi fissati per il 2021, si nota subito l’inarrestabile corsa verso il basso, con un’unica piccola risalita nel 2021 per effetto per lo più dei subaffidi, che valgono una quota del 3,1% (grafico più in basso).
Resta in parte inspiegabile la diminuzione successiva del servizio bus, che, come quota relativa (non evidente nel grafico globale) vale un -7% dal 2021 al 2023, solo in parte dovuta alla diminuzione dei subaffidi. Nel 2021 infatti il servizio bus reale è stato di 91,3 mln km (85,5 mln ATAC + 5,8 mln subaffidati), mentre nel 2023 la stima è di 84,9 mln km (82,2 mln km ATAC + 2,7 mln km subaffidati). In sostanza il servizio bus “solo ATAC” nel 2023 è risultato addirittura inferiore a quello del 2016 (82,5 mln km), quando ancora non era cominciato il rinnovo della flotta (partito dal 2018) e cominciò ad esplodere il fenomeno dei “flambus“, con ben 36 bus in fiamme, pari ad una media di 1 bus a fuoco ogni 10 giorni (fenomeno che vide il suo apice nel 2018 con ben 49 flambus, pari ad una media di 1 bus in fiamme a settimana).
La regolarità del servizio, pari al 67% nel 2022 (ultimo dato ad oggi disponibile), continua inoltre ad essere abbondantemente sotto gli standard minimi richiesti, ed ATAC a partire da aprile 2022, finito lo “scudo” dei decreti per la crisi pandemica, ha ricominciato a pagare la penale massima su questa voce, che vale da sola oltre 2 milioni di euro l’anno.
[Nota: nel grafico sotto il servizio 2023 è stimato, in assenza di dati definitivi, sulla base dei report mensili disponibili fino novembre per il CdS con il Comune, mentre per Cotral (RomaLido e RomaViterbo) e RomaTPL sono stati assunti i valori dell’anno precedente].
I subaffidi ATAC come un ristorante col food-delivery. Vale la pena spendere due parole sulle linee bus subaffidate a privati da ATAC, perché riguardano il suo core-business. Immaginate di essere in un ristorante dove per una parte dei clienti il cameriere prende le ordinazioni, va in cucina e anziché consegnarle al cuoco, chiama un’azienda di food-delivery (tipo Deliveroo, Glovo, JustEat, etc.), e poi serve al tavolo le pizze ricevute da un altro ristorante. E non lo fa solo in via eccezionale ed episodica, ma lo fa in maniera continuativa per anni. Ha senso un ristorante del genere? Tornando ad ATAC, i bus delle linee sub-affidate ormai da quasi 40 mesi, non sono nemmeno monitorabili via GPS, quindi costituiscono un servizio di scarsa utilità per il cittadino che non sa se e quando passerà il bus, e sarà verosimilmente indotto a valutare alternative.
Ma che MaaS? Il Comune persevera nel bypassare i problemi, anziché analizzarli e sviluppare quindi delle solide basi per il futuro. Ne è un esempio il MaaS, acronimo per Mobility as a Service, un’app (così la definisce il Comune) che dovrebbe agevolare gli spostamenti di un cittadino sfruttando altre app. Per semplificare molto il discorso: al cittadino che deve spostarsi da A a B, l’app indica tutti i tipi di trasporto da utilizzare in intermodalità (ATAC, taxi, monopattino, etc.) ed il relativo costo complessivo, emettendo un biglietto unico valido per l’intero spostamento. Peccato che in un sistema mobilità dove non funziona pressoché nulla, un’app del genere non rappresenti nemmeno lontanamente un argomento di interesse per gli utenti. I fatti lo confermano, con una scarsissima adesione alla fase sperimentale (un migliaio di persone, ben al di sotto dell’obiettivo di oltre 10.000 che aveva fissato il Comune).
Il Comune bifronte. Il Comune da un lato invita i cittadini ad un maggior utilizzo dei trasporti pubblici, istituisce un’enorme ZTL Fascia Verde di 200 km quadrati, spinge sul trasporto elettrico, fa intendere che vorrebbe allontanare i troppo numerosi pullman turistici dal centro.
Dall’altro diminuisce la richiesta di servizio ad ATAC, senza che siano chiari i motivi, e senza porre misure mitigative e compensative, quale ad esempio l’affidamento di un’ulteriore quota di servizio a privati, tramite gara.
In questo scenario, l’accensione dei varchi della Fascia Verde costituirà un forte elemento di attrito con la cittadinanza, in particolare con le scarsamente servite periferie, inoltre sarà pressoché impossibile contenere l’invasione di pullman turistici per il Giubileo. Questi ultimi si adegueranno per lo più in maniera “irregolare” alla situazione, come fanno in parte già adesso.
Decrementare per massimizzare. Sembra un esempio di ossimoro, invece è la risposta del Comune ad un’interrogazione consiliare sul sensibile taglio del servizio richiesto ad ATAC dal 2019 (154 mln vett/km) al 2023 (solo 137 mln vett/km):
“la pianificazione in decremento deve essere vista come ottimizzazione delle risorse, al fine di massimizzare l’offerta con modalità di trasporto più efficaci”.
Diverse cose non vanno nella risposta del Comune. Prima fra tutte e la più evidente, è che le “modalità di trasporto più efficaci” che si vanno ad aggiungere nel tempo (tipicamente nuove linee Metro e tram) non vanno viste come un modo per sottrarre servizio con i bus. Devono invece servire a spostare i bus dal centro, meglio servito, verso le periferie, dove il servizio è molto al di sotto di quello necessario a convincere i cittadini, almeno in parte, a diminuire l’uso dell’auto privata in favore del mezzo pubblico, e dove comunque la densità abitativa a macchia di leopardo non renderebbe costo/efficace la costruzione di mezzi ad alto investimento di capitale come una Metro, sebbene quello di costruire una robusta rete su ferro rimanga un obiettivo da perseguire nel lungo periodo.
Dal grafico sul decremento complessivo del servizio, risulta evidente che Miliardi di euro di investimenti di soldi pubblici per l’apertura della Metro B1 e della Metro C, non hanno portato alcuna inversione nel trend negativo del sistema mobilità: il servizio complessivo di trasporto pubblico è andato comunque riducendosi, questo ha comportato come conseguenza diretta e come certificato dai dati ISTAT, che il numero di spostamenti coi mezzi pubblici è andato diminuendo, già prima della pandemia, dai quasi 1,5 miliardi del 2011 ai 0,91 miliardi del 2018, pari a -38% in soli 7 anni, tra le peggiori città d’Italia, mentre nello stesso periodo Firenze ha registrato un +44% (con la gestione del trasporto pubblico passata in mano ai privati dal 2012). A Roma i passeggeri sono continuati a diminuire nel 2019 (0,89 miliardi) e poi il crollo a causa della pandemia (0,43 miliardi nel 2020 e 0,44 miliardi nel 2021, il -70% rispetto a 10 anni prima).
[Nota: per “passeggeri” si intendono gli spostamenti unici, per fare un esempio: una persona che in un giorno prende un bus + una Metro + un tram all’andata e altrettanto al ritorno, vale 6 “passeggeri”, se continuasse per tutti i 365 giorni dell’anno, varrebbe (6*365)=2.190 “passeggeri”. Il dato ISTAT certifica che a Roma sono diminuite non solo le persone fisiche, ma gli stessi utenti abituali ricorrono sempre meno spesso al trasporto pubblico]
Come ulteriore conseguenza il numero di auto in circolazione ha ripreso ad incrementarsi, con tutto quello che comporta sulla salute (in primis l’elevatissimo numero di incidenti) e la qualità della vita, non da ultimo le maggiori spese per l’acquisto e la gestione di un mezzo privato (assicurazione, bollo, revisione, manutenzione, etc.)
Una lunga catena che vede come primo anello il trasporto pubblico, verso il quale il Comune sembrerebbe porsi come mero osservatore e non come pianificatore. Anno per anno infatti sembra rincorrere il servizio al ribasso di ATAC, con continui aggiustamenti in riduzione, legittimando di fatto l’inefficienza. Inoltre, anche nella pianificazione, il Comune sembra più voler indicare (se non proprio forzare) ai cittadini come si dovrebbero spostare, piuttosto che ascoltare le esigenze dei cittadini ed in base a quelle pianificare la mobilità. Una visione molto ristretta, in una città dove già in partenza le regole sono viste in maniera piuttosto bonaria. Con le conseguenza che tutti possono vedere, tra cui la più negativa è quella di aver reso l’utilizzo dell’auto privata e la fuga dal trasporto pubblico, un fatto culturale.
Concludendo. In una città vasta come Roma, e in un settore dove gli investimenti richiedono un arco minimo di tempo superiore ai 2 anni per poterne vedere i primi risultati, bisogna avere una pianificazione solida almeno sul triennio. E anche gli investimenti a medio-lungo termine vanno fatti tenendo conto di tutto il contesto mobilità, che è variabile ma anche molto delicato, basta vedere cosa ha comportato sottrarre 1 metro di asfalto per le (pseudo)ciclabili in alcune strade.
Nel caso del trasporto pubblico, le stesse analisi di ATAC indicano che il punto di partenza è migliorare l’offerta di trasporto pubblico per attrarre nuova utenza, non costringere i cittadini ad usare il trasporto pubblico e poi (forse) migliorarlo, come si vorrebbe fare con l’enorme ZTL Fascia Verde. L’obiettivo del Concordato ATAC (157 mln vett/km l’anno), che era solo una base minima di partenza da raggiungere per il 2021, deve quindi rimanere un obiettivo primario da perseguire. Per dare una dimensione all’enorme differenza tra servizio realmente svolto rispetto l’obiettivo, è come se nel 2023 fossero “spariti” ogni giorno lavorativo scolastico, qualcosa come 400 autobus.
Infine, non si può pensare di investire soldi dei cittadini senza conoscerne le esigenze e ascoltarne le richieste, altrimenti si condanna la città all’immobilismo, per la forte opposizione di Associazioni e Comitati, e allo spreco di risorse, investite in infrastrutture che poi restano sotto-utilizzate.