Finalmente, dopo una fin troppo lunga agonia, si è realizzato l’avvicendamento all’assessorato al commercio capitolino: esce Adriano Meloni, figura atipica ma mai troppo convincente, ed entra Carlo Cafarotti, attivista di lunga data del Movimento.
Il cambio, l’ennesimo di una giunta a dir poco inquieta, ha suscitato una ovvia curiosità per il nuovo inquilino di Via dei Cerchi in un settore strategico per Roma. L’intervista rilasciata domenica scorsa al Messaggero lascia intravedere alcuni scorci purtroppo non molto rassicuranti. Vediamo cosa dichiara il neo assessore.
ABUSIVISMO. L’esordio appare un po’ stizzito, ritiene l’abusivismo un tema del tutto secondario, (e ce ne vuole… se persino un marziano milanese come il suo predecessore se ne era convinto). Forse Cafarotti viene teletrasportato nel suo ufficio tutte le mattine senza girare per le strade della Capitale o non gli è mai capitato di ascoltare le lamentele di tanti commercianti e artigiani romani, oppure nel suo lungo affiancamento non gli è mai capitato sotto mano uno dei tanti studi che quantificano il giro dell’illegalità commerciale in diversi miliardi di euro.
BANCARELLE. Qui saremmo alle comiche, se non fosse tragico, quando afferma che non ce ne sono troppe bensì “C’è quel numero perché c’è quel tipo di domanda” (!). Per prima cosa abbiamo il paradosso di un esponente pentastellato che rinuncia a qualsiasi tipo di intervento rispetto al mercato, mentre a livello nazionale il partito dei 5 Stelle quasi irride le preoccupazioni dei mercati finanziari e gli aumenti dello spread; e poi che sia il mercato a deciderne il numero è davvero figlio di una grossolana ignoranza del settore che si dovrebbe amministrare: le bancarelle rappresentano un comparto del commercio su aree pubbliche e, quindi, proprio perché parliamo di spazi pubblici non è il mercato che ne determina il numero ma le decisioni (nel migliore dei casi la programmazione) dell’amministrazione, che rilascia una concessione per la loro occupazione.
BOLKESTEIN. Sull’applicazione della direttiva, tanto contestata da buona parte degli operatori su suolo pubblico, le dichiarazioni sono di una vaghezza sconcertante o di un’ovvietà quasi alla Massimo Catalano: quadro della legalità, a favore della competizione, contro la conservazione… Forse sarebbe stato più preciso se la domanda fosse stata sulle temperature a Roma nel mese di maggio.
FESTA DELLA BEFANA. Anche sulla festa più dibattuta a Roma negli ultimi anni non si nota uno spunto, soltanto un approccio al massimo burocratico: niente miracoli, asserisce, si riempiranno (bontà sua) anche gli ultimi posteggi non assegnati nell’ambito di una procedura, comunque, immodificabile. Insomma, non si capisce perché si sia proceduto alla nomina di un assessore, bastava (e avanzava) un direttore amministrativo appena discreto.
PRIORITA’. Giunti al termine dell’intervista, alla brava giornalista non resta che chiedere almeno di cosa si occuperà in particolare. La risposta lascia cadere le braccia: formazione e lavoro, per le quali, però, vorremmo ricordare che le competenze comunali sono pressoché residuali. E aggiunge che gli piacerebbe rivedere qualche bottega storica, come se fossero start up che possono nascere con un percorso di formazione e non (come suggerisce lo stesso nome) il frutto di esperienze e attività ultracinquantennali. Possiamo, bonariamente, venirgli incontro, gli faremo dono di qualche riproduzione di stampe antiche, potrà così rivedere diverse attività da tempo scomparse.
MELONI E COIA. La postilla su chi scegliere tra Meloni e Coia è, infine, una perla di cerchiobottismo d’antan: “E chi ha detto che devo scegliere? Il mio obiettivo è creare armonia”.
Concludendo, dalla lettera e dal tono delle risposte, si evince, purtroppo, una scarsa conoscenza del mondo produttivo romano o, probabilmente, una forte limitazione nell’autonomia di azione. Si occuperà di questioni marginali (nulla è stato neanche accennato al tema dei cartelloni pubblicitari o a quello della movida o ancora all’innovazione necessaria nella distribuzione commerciale al dettaglio, nell’artigianato o nella capillare presenza dei mercati rionali) senza disturbare il manovratore Coia o intaccare i problemi reali di un sano sviluppo economico.
Ci auguriamo per il bene della città di sbagliarci o che magari spinto da queste righe Cafarotti darà un segnale diverso di dinamicità, speriamo.
Tant’è! Ma noi non demorderemo, modesti cronisti, magari, ma testardi e appassionati di Roma.