Sulla questione cartelloni pubblicitari, a Roma è tempo di amarcord. Un articolo pubblicato sul quotidiano la Repubblica lo scorso 22 febbraio denunciava il ritorno degli impianti abusivi in città, sottolineando l’inerzia della giunta Raggi. La giornalista Rory Cappelli ricorda che nel 2014 l’amministrazione Marino approvò il nuovo Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari (Prip) e che da allora poco o nulla si è fatto per dare seguito a quella grande conquista.
Le cose stanno in effetti così e la ricostruzione è corretta se non fosse che nei giorni seguenti l’ex Sindaco Marino e poi l’ex presidente della Commissione Commercio, abbiano voluto raccontare la propria versione dei fatti attraverso una lettera e un’intervista a Repubblica.
Marino traccia un quadro duro, fatto di minacce, partiti conniventi e delinquenza. Parla di “lobby e in alcuni casi di associazioni a delinquere che gestiscono i cartelloni che sottraggono a Roma almeno 20 milioni di euro l’anno (100 milioni in 5 anni di consiliatura)“.
“Era il giugno del 2015 – prosegue l’ex Sindaco – quando mi vennero spedite delle pallottole. Nella prima missiva proiettili calibro nove e nella seconda P38 special, accompagnati da un avvertimento: fermati col contrasto all’abusivismo che c’avemo da campà oppure con le prossime ti buchiamo. Sappiamo dove sei e dov’è la tua famiglia“. Marino ricorda anche dati che venivano citati più volte in quegli anni per spiegare l’anomalia tutta romana. “Roma ha oltre 230 mila metri quadri di pubblicità, Milano ne ha 130 mila. Nonostante ne abbia quasi il doppio, Roma incassa 17 milioni di euro, Milano 27. In termini di servizi Roma incassa 7 euro per abitante, Milano 21“.
Ma la lettera è ricca di episodi e racconti, come la delibera che bloccò la sanatoria voluta da Alemanno per 5 mila impianti abusivi e la battaglia che si tenne in consiglio comunale per arrivare all’approvazione del Prip, nonostante l’ostruzionismo delle opposizioni e di parte della maggioranza.
Proprio parlando della maggioranza, Marino lancia un’accusa nei confronti dell’allora presidente della Commissione Commercio, Orlando Corsetti, anche lui del Pd. “Iniziò – scrive l’ex Sindaco – a chiedere approfondimenti con una evidente strategia dilatoria“.
Corsetti non ci sta e replica a sua volta con alcune dichiarazioni pubblicate sulle pagine di Repubblica, il 2 marzo, con le quali ricorda di aver dedicato alla questione ben 13 sedute della commissione “non con l’obiettivo di allungare i tempi ma per realizzare un importante percorso partecipativo che ha coinvolto associazioni e comitati di cittadini e operatori del settore“. Lavorammo senza sosta, prosegue Corsetti, e trasmettemmo tutti gli atti alla giunta il 15 aprile del 2014. Quando il provvedimento fu portato in aula, a luglio del 2014, Marino “era assente e non l’ha neanche votato. Parla e scrive di cose che neanche si è degnato di stare in aula a votare”.
E’ interessante notare che entrambi, sia l’ex Sindaco che l’ex presidente della Commissione, citano i cittadini e le associazioni a proprio favore, per dimostrare la bontà del proprio operato e la soddisfazione dei comitati che tanto hanno lottato per quel Piano. Dato che siamo in tema di ricordi e ricostruzione dei fatti, è giusto che anche noi portiamo la nostra testimonianza su anni duri e faticosi che hanno visto tanti romani in prima linea, a combattere per una città più decorosa e giusta. Chi scrive era uno di quelli, probabilmente l’ultimo, ma sempre presente e attento anche nella qualità di portavoce dell’Associazione Bastacartelloni che aveva ereditato il mandato del Comitato per la Delibera di Iniziativa Popolare.
La versione di Marino è, a nostro avviso, corretta nei termini generali e nei dati citati. La pressione enorme che le imprese del settore e la politica facevano sulla giunta sarebbe stata difficile da sopportare per chiunque e tanto più per un Sindaco che non aveva l’appoggio completo del suo partito. Occorre, però, precisare che Marino (che oggi cita con precisione numeri e obiettivi) all’epoca sembrava essere meno attento a questa battaglia, più concentrato su altre questioni. Se non fosse stato per la caparbietà personale e la visione politica dell’assessore alle Attività Produttive Marta Leonori, il Prip non sarebbe mai stato approvato.
E’ incontrovertibile che una parte del Pd fosse pesantemente contraria alla riforma e alcuni consiglieri comunali erano più alla ricerca del metodo per fermarla piuttosto che migliorarla. L’associazione Bastacartelloni e l’architetto Rodolfo Bosi di Vas, parteciparono a tutte le 13 sedute della commissione commercio di cui parla Orlando Corsetti, studiando gli atti, intervenendo al dibattito, presentando proposte. Eravamo spesso soli contro una politica che era trasversalmente contraria: Alemanno partecipava in prima persona come esponente dell’opposizione. Alcuni rappresentanti della maggioranza facevano ostruzionismo. E le ditte pubblicitarie intervenivano in massa, con avvocati, esperti del settore e rappresentanti di categoria. La sera prima di queste “sedute di partecipazione”, ci sentivamo al telefono per garantire la presenza di almeno due di noi, che facessero scudo all’instancabile architetto Bosi. A volte avevamo paura perché gli sguardi, le minacce velate erano tutt’altro che rassicuranti.
Il solo Enrico Stefàno, all’epoca membro della commissione per i 5stelle, ci dava man forte e garantiva un equilibrio. Ma quello che Corsetti chiama un percorso partecipativo, nelle ultime sedute, non fu altro che un rimestare in norme e regolamenti ormai scritti e digeriti. Si dubitava anche della competenza di quella commissione a intervenire di nuovo in un processo che ormai era chiuso. Insomma, per farla breve, era una coalizione trasversale di interessi che tutto voleva tranne che portare a dama la riforma.
Nel contempo, il dialogo tra noi e alcune imprese pubblicitarie proseguiva. Ma con altre tirava una brutta aria, fatta di messaggi e vere e proprie intimidazioni. Fummo accusati di essere al soldo di qualche multinazionale che pagava il nostro lavoro (!) e qualcuno provò anche a offrirci del denaro se avessimo smesso la nostra battaglia.
Furono giornate frenetiche, vivemmo momenti di paura e più di volta pensammo di lasciar perdere. Ma quando nasci tondo, non puoi diventare quadrato e oggi – a distanza di otto anni – siamo ancora qui a scriverne. Segno che questa battaglia la porteremo avanti fino alla fine.
L’amarezza più profonda è venuta dopo, quando il Movimento 5Stelle ha conquistato il Campidoglio e non ha fatto nulla per applicare il Prip. Anzi ha bloccato chi (l’assessore Meloni per esempio) voleva riprendere il lavoro. Anche in questa consiliatura il presidente della Commissione Commercio (Andrea Coia fino a poco tempo fa) ha remato contro. E per premiarlo, la Raggi l’ha nominato assessore. Ci sono settori pericolosi per ogni giunta, a prescindere dal colore politico. I cartelloni sono uno di questi e chi li tocca rischia di morire, come sta scritto sui cavi elettrici dell’alta tensione.
Eppure si può fare, basta usare gli strumenti giusti, basta puntare seriamente all’interesse della città e non del singolo. Ci vuole coraggio, è vero! Ma come diceva Don Abbondio: “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”!
Il resconto finale del lavoro della commissione commercio nel 2014. Da Bastacartelloni.it
Basta Cartelloni: Prip: la Commissione Commercio ha solo perso tempo e non ha approvato niente. Corsetti abbandona e passa la palla
Una delle azioni di “sperimentazione” voluta dalla Commissione Commercio nel 2014 da Bastacartelloni.it
Basta Cartelloni: Prip: la Commissione Commercio rinvia a maggio. E nel frattempo finge inutili test
3 risposte
La riforma sarebbe stata una svolta importante per Roma…Non si potrebbe cominciare multando le pubblicità abusive in modo che non si rivolgano più a ditte non autorizzate? Non conosco le norme che regolano questa materia, ma è assurdo che i cartelloni spuntino come funghi e li lascino là, senza toglierli. Forse le norme sono troppo complicate e/o manca la volontà di regolamentare meglio…
Maria la norma di cui lei parla esiste già. Chi si fa pubblicità su un cartellone abusivo può essere multato. Qualche volta è stata anche applicata. Ma il problema è quello che scrive lei in fondo al suo commento: manca la volontà!
Rimane anche la delusione per una mancata azione incisiva da parte della magistratura.