C’è un argomento che non è stato citato nella conferenza stampa con applausi della Giunta Raggi di mercoledì (a Roma non si era mai vista la claque ad una conferenza stampa di un Sindaco con i suoi assessori). Sono state mostrate strade riasfaltate (sic!), si è parlato di uno stadio #fattobene (con almeno 30 milioni di euro regalati ai costruttori rispetto al precedente progetto!), ma non si è fatto accenno ad un provvedimento pronto, importante e che la stessa Raggi aveva votato nella precedente consiliatura. La riforma dei cartelloni pubblicitari è stata apparentemente dimenticata.
Perché scriviamo apparentemente? Perché in realtà sindaco e assessori sono ben consapevoli della svolta che produrrebbe in città:
- un decoro maggiore (dai circa 200mila mq di pubblicità si passerebbe a 62mila)
- incassi più sostanziosi per il Campidoglio (dagli attuali 12 milioni a 24 milioni l’anno)
- servizi fondamentali che in tutto il mondo vengono finanziati dalla cartellonistica (bike sharing, toilettes, manutenzione del verde, etc)
- un business più solido per le aziende che fino ad oggi hanno lavorato onestamente e rispettato le leggi
Si tratta di una carta fondamentale che una giunta claudicante potrebbe giocarsi per risalire nel consenso. Fiaccata dalle defezioni dei suoi assessori (chi crede che Colomban si dimetta solo perché ha esaurito il proprio compito si faccia visitare da uno bravo), accusata di immobilismo, prostrata alle lobby degli ambulanti e dei tassisti, la giunta 5stelle potrebbe fare quello che nessuno ha fatto finora. Piazzare circa 250 ciclostazioni in tutta Roma per dotare la città di biciclette condivise, dare un’immagine di modernità ai marciapiedi e alle strade invase da impianti di colori, formati e sponsor improbabili.
Davvero la Raggi, l’assessore Meloni, il presidente della commissione commercio Coia non sanno queste cose? Davvero le hanno dimenticate nonostante, durante la giunta Marino, le associazioni cittadine gliele hanno spiegate così bene da convincerli a votare a favore del provvedimento voluto da Marta Leonori e addirittura a presentare emendamenti scritti dalle stesse associazioni? In realtà non hanno dimenticato proprio niente. Hanno solo insabbiato una riforma che potrebbe riprendere il suo cammino e arrivare a conclusione in tempi certi.
Cosa occorre fare? Quali sono i passaggi da affrontare per portarla a compimento? Non ve lo diciamo in questo articolo ma vi invitiamo a venire lunedì pomeriggio, nella sala della Protomoteca, dove le associazioni terranno un convegno molto pratico, molto concreto. Si farà un breve excursus sulla lotta degli ultimi anni, ma soprattutto si guarderà oltre.
L’amministrazione pentastellata fino ad oggi non ha compiuto neanche un passo avanti. Anzi, forse ha marciato all’indietro dato che il presidente della Commissione Commercio Coia ha voluto dedicare al tema diverse sedute inutili. Inutili perché il tema non è più di competenza della commissione. I passaggi da fare sono altri: così dicono la legge e i regolamenti comunali. Perché allora la commissione deve discutere di qualcosa che non le compete? A pensar male potrebbe apparire una manovra dilatoria.
Dall’altra parte le imprese pubblicitarie che spingono per mantenere lo status quo svolgono il loro lavoro di lobbing. Lo fanno anche bene, perché conoscono la permeabilità grillina ai dubbi e alle paure. Una giunta che ha paura della propria ombra ascolta con attenzione le osservazioni prodotte dalle ditte. Fa bene intendiamoci, perché le imprese hanno tutto il diritto di dire la loro. Ma forse avrebbero dovuto farlo nei tempi e nei modi consentiti dalla legge, durante il processo di partecipazione. E invece hanno preferito presentare uno studio quando ormai i tempi erano scaduti.
Anche questo non è un problema: se infatti vi sono delle criticità vere riportate in questo studio, si possono correggere. Ma quello che è conta è non buttare via l’acqua sporca col bambino. Eventuali “incoerenze” della riforma (come vengono chiamate in questo studio) vanno aggiustate senza demolire l’intero piano.
Si tratta di una scelta politica e non tecnica come qualcuno vuole far credere. E’ la giunta che deve dare la direzione e indicare il percorso. E nel convegno di lunedì qualche consiglio arriverà dalle associazioni che fino ad oggi hanno seguito passo passo tutto il processo.
Senza voler fare il paragone con Londra, Parigi o Berlino limitiamoci a Milano. Sapete quanto incassa il Comune del capoluogo lombardo dai canoni di concessione pubblicitaria? 14,9 milioni di euro l’anno. E sapete quanti mq di pubblicità sono sul suo territorio? 98.000! Roma col doppio di mq di pubblicità arriva a malapena ad incassare 12 milioni l’anno. Questo significa che un metro quadro di pubblicità a Roma rende 76 euro. Mentre a Milano ne rende 203,3.
Che ci sia qualcosa che non va appare chiaro a tutti. Allora proviamo a fare insieme il punto.