C’è un fiume nel centro di Roma, ma molti l’hanno dimenticato

Dai mestieri, alle spiagge, ai muraglioni. Il Tevere resta abbandonato dalla politica e separato dai cittadini. Oggi, alle 11.30, Flash Bike lungo gli argini

Le foto e i video dei pesci morti che galleggiano nel Tevere, circolate nelle ultime settimane, sono state un pugno allo stomaco per molti cittadini che continuano a vedere il proprio fiume offeso e svilito. Immagini che hanno suscitato lo sdegno e la preoccupazione della polizia locale che ha aperto un fascicolo sulla vicenda. A quanto pare, dai risultati dei primi esami è emersa la presenza di sostanze tossiche sversate nelle acque, ma anche se non ci sono prove sufficienti di sversamenti illeciti le indagini devono proseguire.

È solo una delle tante azioni messe in atto da persone senza scrupoli che poco conoscono la portata del Tevere, a livello storico-simbolico. Ma è anche colpa delle tante amministrazioni che a ogni mandato promettono ai cittadini una riqualificazione del Tevere, che poi puntualmente non avviene.

 

A vederlo oggi abbandonato alla mercé dei campi rom, degli sversamenti e dell’incuria più totale, viene quasi voglia di accettare la provocazione di Armando Feroci (Carlo Verdone) che, nel film Gallo Cedrone, interpretando la parte di un politico candidato al Campidoglio, propone di prosciugare il Tevere per realizzare un’autostrada in stile americano. Invece no, possiamo riderci su, ma il Tevere è un qualcosa che va al di là di ogni proclama, di ogni battuta, esiste fin dalla fondazione di Roma, anzi senza di esso la città non sarebbe mai nata.

Fu così importante per la società romana tanto che venne innalzato a divinità, Pater Tiberinus, la cui festività annuale veniva celebrata l’8 dicembre, data in cui ricorreva l’anniversario della fondazione del tempio.

I cittadini videro il fiume come il proprio mare, lo navigarono, sfruttarono tutto il suo potenziale, economico e commerciale, tanto da creare degli scali portuali e degli arsenali lungo le sponde, alcune case cadevano a strapiombo nell’acqua e le barche attraccavano lungo le rive sabbiose da cui deriva l’appellativo di Biondo Tevere, per il colore e non certo per la sporcizia.

Dal Cinquecento i romani iniziarono a usufruire del fiume anche come svago e dal 1840 furono organizzate le ripe di balneazione. Così si poteva accedere alla Spiaggetta di Regola, alla Spiaggia dei Trasteverini, alla Spiaggetta della Renella, alla Spiaggia dei Polverini. L’unica spiaggia a pagamento era quella di Prati, dove il prezzo di ingresso serviva a “retribuire” i proprietari delle “capanne” (gli attuali stabilimenti).

Ma poi arrivarono le alluvioni e il Tevere iniziò a far paura, la data che cambiò la storia della città è impressa nel 28 dicembre 1870, quando una violenta piena alta 17 metri inondò interi quartieri. Fu un evento così drammatico che il Ministero dei Lavori Pubblici radunò una commissione di ingegneri e architetti per trovare una soluzione a possibili future inondazioni. Furono molti i progetti presentati ma alla fine fu sposato quello dell’architetto Antonio Canevari, un progetto visionario e destinato a cambiare per sempre il volto della città.

Il piano prevedeva un drastico intervento sul letto del fiume, con la rimozione di ostacoli e ingombri (in un primo momento anche l’isola Tiberina rientrò tra gli ingombri da eliminare, ma il progetto fu abbandonato), l’abbattimento di vecchi ruderi, l’allargamento in alcuni punti dell’alveo fino a 100 metri, la regolarizzazione del letto per almeno 8 km e infine l’opera mastodontica: la creazione di muraglioni di marmo alti 18 metri e inclinati in alcuni tratti del 45%.

La realizzazione dei muraglioni avrebbe comportato l’innalzamento di tutta la città che viveva lungo le sponde. Roma sarebbe stata divisa in due, una città bassa dove alcuni avrebbero continuato a commerciare e vivere il Tevere, i famosi barcaroli, e una città alta destinata a cambiare per sempre immagine.

L’opera del Canevari fu sposata anche da Garibaldi che, con una legge ad hoc, inserì il progetto tra i lavori urgenti e di interesse pubblico. I muraglioni furono completati nel 1926 e salvarono la città dalla piena del 1915, confermando l’importanza di quel progetto che ancora oggi tutela il centro storico dalle piene degli ultimi anni.

Gli accessi alle spiagge furono salvati e i cittadini continuavano a frequentare il proprio fiume, a Trastevere ogni anno si svolgeva la festa dei noantri, il fascismo istituì le proprie colonie estive, mentre cominciarono a sorgere i primi club e circoli nautici.

Sembrava andare tutto per il verso giusto, Roma era protetta e si godeva il suo fiume, ma agli inizi degli anni ’60 del Novecento, con il boom economico, la crescita demografica e il massiccio inurbamento, arrivò come un fulmine a ciel sereno un batterio molto pericoloso, la leptospirosi, che diffondeva il morbo di Weil.

Da allora entrerà per sempre in vigore il divieto di balneazione e la città fu costretta a privarsi del suo “mare”. I muraglioni hanno contribuito a schiacciare il Tevere e farlo lentamente scomparire sotto i rumori della città, il progetto di Canevari seppur visionario e lungimirante ha portato i romani a non dialogare più con il loro elemento.

Cosa resta oggi del Tevere? Nonostante alcuni interventi, come la barriera anti plastica che raccoglie parte dei rifiuti gettati nel fiume, molte sponde sono abbandonate e sporche, tratti occupati da campi rom abusivi, colonie di topi che camminano insieme ai ciclisti lungo i tratti di piste ciclabili realizzate in questi anni, qualche sparuto club, pochi locali galleggianti, per il resto non vi è nient’altro, né una visione storica né una paesaggistica del terzo fiume più lungo di Italia.

 

Ma allora è ancora così assurda l’idea di Armando Feroci? Sì, perché è in questi momenti che la città riscopre quello che potrebbe perdere, quindi segnaliamo con piacere un rinnovato interesse della comunità verso questo vecchio fiume.

Questa mattina alle ore 11:30, con partenza da Castel Sant’Angelo, prenderà il via il primo Flash bike sul Tevere (promosso dall’Associazione Tevere Day con il patrocinio della Regione Lazio e la collaborazione del Sistema delle aree naturali protette regionali), un fiume di biciclette per permettere ai cittadini di riappropriarsi del proprio fiume in modo sano e consapevole.

 

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Una risposta

  1. Credo che la gestione del Tevere sia resa più complicata dalla divisione dei compiti tra enti diversi che si rimpallano le responsabilità, oltre al disinteresse a valorizzare una parte della città non in vista. È un vero peccato.

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