Piccolo ma crediamo significativo esempio per la consueta rubrica del lunedì. Per la serie “Città in rovina” proponiamo infatti oggi una costruzione abbastanza anonima ma posizionata alle pendici del Monte Testaccio, più comunemente chiamato Monte dei Cocci.
La vegetazione che si vede alla sommità della costruzione è quella del Monte Testaccio. Per chi non fosse al corrente, questa è una collina artificiale creata in epoca romana (a partire dal I secolo e fino al III) con i resti delle anfore utilizzate per trasportare generi alimentari; tali anfore non potevano infatti essere riutilizzate, non essendo smaltate all’interno, per cui erano monouso e dovevano essere smaltite una volta scaricate nel vicino porto fluviale.
Di seguito un’immagine dei resti stratificati delle anfore ed una d’insieme della collina.
In qualsiasi città normale una proprietà posta a ridosso di un tale sito archeologico sarebbe valorizzata in maniera prestigiosa. Siccome siamo a Roma, e di archeologia ne abbiamo fin sopra i capelli, tutte le costruzioni a ridosso del Monte dei Cocci sono adibite a ristoranti o locali d’intrattenimento (in realtà fin dal medioevo qui vi erano tutte osterie), che però non sfruttano in alcun modo una così particolare localizzazione (a parte qualcuno che espone all’interno pareti a vetri che mostrano la stratificazione dei cocci).
C’è però questa di proprietà che appare del tutto abbandonata e quindi, come prassi normale a Roma in questi casi, completamente devastata con scritte vandaliche.
Difficile che si tratti di una proprietà privata, giacché nessuno lascierebbe un immobile del genere a marcire inutilizzato. Più facile che si tratti di qualche cespite demaniale magari sospeso o conteso da più enti.
Qualunque sia la proprietà, è inammissibile che un immobile sito in un luogo del genere sia lasciato nel più completo degrado, deturpando tutta l’area. Ma come abbiamo imparato, a Roma queste cose sono purtroppo la quotidiana normalità.
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