Quante paure e quante speranze ha suscitato il varcare la porta di questo palazzo. E’ qui che per anni si sono svolti gli esami di stato, i concorsi pubblici, i test di ammissione per molte professioni. Arrivavano da tutta Italia con un sogno in valigia. Se queste mura potessero raccontare le emozioni dei tanti che l’hanno visitato ne nascerebbe un romanzo fuori dal comune.
Ma la realtà è spesso più dura dei romanzi ed è l’edificio stesso ad essere diventato il protagonista di una storia triste, fatta di corruzione, di ruberie, di incapacità. Tutti a Roma lo chiamano il Palazzo degli Esami. Si trova in via Induno a Trastevere ed è molto grande, tanto da prendere un intero isolato. Costruito ai primi del 900 dall’architetto Edmondo del Bufalo è diventato bene vincolato nel 2000.
Cessate le sue funzioni di luogo di esami, si decise di dargli una nuova destinazione. E da 15 anni questa destinazione non è mai arrivata. Il demanio dello Stato, proprietario dell’immobile, ha dato incarico ad una ditta di restaurarlo per la modica cifra di 8 milioni di euro. Ma il restauro si è arrestato alla parte esterna.
LO SCANDALO DEI PONTEGGI. Ovviamente per rifare le facciate furono montate delle impalcature. I lavori terminarono, anche se con grande lentezza, ma le impalcature rimasero a circondare l’edificio per ben 7 anni. Diverse associazioni cittadine si domandavano perché quei ponteggi non venissero rimossi e chi pagava per quei lavori fantasma.
Fino a che, grazie al lavoro di Progetto Trastevere e di altri abitanti della zona, è emerso che l’appaltone era stato assegnato alla Imac spa una ditta che fa capo a Piefrancesco Marino, un imprenditore indagato per gli scandali della cosidetta “cricca”. Nel gruppo, cioè, di Anemone e altri coinvolti nel rifacimento e l’abbandono dei palazzi del G8 alla Maddalena. Evidentemente questo di rifare e abbandonare era una abitudine di questo gruppo di imprenditori. Altrimenti non si spiegherebbe perché per 7 anni sono stati pagati canoni salatissimi per il noleggio di quelle impalcature: c’è chi dice fino a 600mila euro l’anno.
Il demanio assegnò il lavoro senza alcuna gara di appalto, coprendo il tutto con il pretesto della segretezza. Si era deciso infatti che nell’edificio dovesse aver sede il Sisde e che dunque fosse necessario incaricare le imprese per il restauro senza gara e senza trasparenza (!). Dopo diverse inchieste giornalistiche nel 2012 i ponteggi furono smontati.
Ma il Sisde non si è mai insediato nel palazzone e gli interni non sono mai stati restauranti. Dietro quella coltre bianca e linda si nasconde un ammasso di calcinacci e macerie. Per il recupero degli interni è stato stimato occorrano dai 20 ai 40 milioni (anche se la cifra sembra spropositata).
Il complesso ha ripreso la sua strada in discesa, verso un declino inesorabile che lo porterà a rovinarsi di nuovo anche all’esterno. Guardate i cortili in che condizioni sono. Spesso barboni e sbandati la notte vi entrano per fare i bisogni corporali. E la cosa si avverte facilmente avvicinandosi allo stabile.
Anche questo splendido edificio novecentesco è in rovina, con un grande passato e senza un futuro. Anche in questo caso invece di adoperarlo per portare lavoro e sviluppo alla città è stato usato come la celebre “mucca da mungere” di Mafia Capitale. Dopo 15 anni, un investimento di 8 milioni e di 600mila euro l’anno per 7 anni (cioè altri 4,2 milioni), resta uno scheletro inutilizzabile.
I beni dello Stato, a Roma, non sono i beni di tutti. Sono di nessuno!
Le precedenti puntate di Città in rovina:
- la Casa del Passeggero
- la rimessa Atac di pzza Adis Abeba
- l’ex ospedale San Giacomo
- il Palazzo sull’Arco di Giano
- l‘ex Cinema Puccini
- Palazzo Rivaldi al Tempio della Pace
- Villa York
- L’Ufficio Geologico