Rigenerazione. E’ questa la parola chiave nella storia della caserma Ruffo sulla via Tiburtina. Un enorme complesso praticamente non più utilizzato (se si eccettua una minima area interna) sul cui futuro si sono consumate diverse battaglie.
Solo su questo terreno di quasi 25 ettari potremmo scrivere almeno tre puntate della nostra rubrica Città in rovina. Qui dentro, infatti, c’è il Forte Tiburtino in abbandono da anni, c’è una splendida cisterna romana senza cure e il nucleo originario della caserma che risale al 1884. Negli anni, all’interno del perimetro, il demanio militare ha costruito capannoni per il ricovero degli automezzi, camerate, infermeria, mensa che si sono aggiunte alla palazzina di comando. Tanta cubatura che non serve più a nessuno.
Nel 2014, il Demanio, il Ministero della Difesa e il Campidoglio firmano un protocollo per il passaggio della proprietà di tutta l’area al Comune di Roma. Questo avrebbe deciso cosa fare della Ruffo, lasciando intatta la parte del Forte Tiburtino. Ma Roma Capitale, si sa, non ha la possibilità e soprattutto la capacità di programmare nulla. Le casse sono a secco e la visione delle ultime giunte sugli immobili dismessi è sempre stata miope (tranne la breve parentesi dell’assessore Caudo).
Così, per colmare l‘horror vacui del Campidoglio, alcuni cittadini si sono costituiti in comitato (lo hanno chiamato “Tiburtina per l’uso pubblico delle caserme”) e hanno stilato una serie di idee sul futuro della Ruffo. I suggerimenti riguardano una sala espositiva, un museo multimediale, aree per artigiani, spazio per il baby-sitting, orti urbani e un edificio sulla storia della caserma. Un progetto – nelle intenzioni del comitato – che deve contrastare l’enorme numero di sale slot presenti sull’arteria che attirano ogni notte una popolazione “speciale”. Il 7 febbraio del 2015 un gruppo di cittadini ha manifestato davanti l’ingresso della Ruffo rivendicando l’uso pubblico dell’area. In realtà un uso privato della caserma al momento non è previsto: infatti non ci sono progetti o proposte di costruttori privati per edificare palazzine, considerato che a poche decine di metri il grande complesso della ex Fiorentini con centinaia di appartamenti in abbandono non ha portato fortuna a chi ne tentò la lottizzazione.
Il progetto dei cittadini si scontra con una realtà fatta di mancanza di fondi e di difficile manutenzione futura: troppe volte progetti interessanti sono finiti nell’abbandono con un dispendio doppio di risorse. La proposta più convincente, arriva forse, dall’ordine degli architetti di Roma che in un interessante documento propone la rigenerazione della Caserma Ruffo, per candidarla al Premio per la Rigenerazione Sostenibile della Città RIUSO, promosso dal Consiglio Nazionale degli Architetti, assieme ad Ance e Legambiente. Uno sviluppo che contemperi spazi per uso sociale e sportivo a servizio del quartiere e anche alloggi privati, in misura contenuta e ecosostenibile, con trasporti efficienti e servizi. Insomma qualcosa sul modello di quanto fatto in tutte le altre grandi città europee e perfino africane (dato che il documento cita l’esempio di Adis Abeba).
La Ruffo potrebbe fungere da battistrada per tante altre caserme e aree dismesse, con una ricerca di un progetto condiviso che riesca ad essere autonomo finanziariamente e per il quale sia garantito un futuro decoroso e non il solito abbandono. Un banco di prova per la nuova amministrazione Raggi. I 5stelle hanno spesso tuonato contro l’abbandono di strutture pubbliche (a partire dell’ex Fiera di Roma) ma difficilmente hanno indicato soluzioni. Perchè non cominciare da qui, magari chiamando al tavolo gli architetti romani?
Clicca qui per le precedenti puntate di Città in rovina