Non c’è migliore esempio di un edificio pubblico in abbandono, per la nostra rubrica Città in Rovina, delle Torri delle Finanze dell’Eur. Solo che questa volta, dopo oltre 10 anni, il lieto fine sembra all’orizzonte. Quell’orizzonte che le stesse torri hanno deturpato con il loro aspetto “bombardato” tanto da aver dato il soprannome di Beirut a quello spicchio di Eur. L’arrivo dalla Pontina o dalla Colombo è come un pugno nello stomaco. Decine di piani, di sbalzi, di aggetti in cemento colpivscono la vista, riuscendo a rendere squallido pure uno dei quartieri-capolavoro del razionalismo italiano.
Le Torri di Ligini (dal nome dell’architetto che le progettò nel 1957) diventeranno sede di Telecom. Il cantiere dovrebbe partire nella prima metà del 2016 e durare circa due anni. Il concorso per la progettazione è stato vinto dallo Studio A di Milano, un gruppo di giovani architetti che hanno lavorato tra l’altro al Palazzo Italia dell’Expo e alla riqualificazione dell’ex Galbani a Milano. I particolari del progetto non si conoscono ancora, ma Luca Piraino e Chiara Tardini, titolari dello Studio A, hanno già lavorato su edifici alti, come l’Hotel Stephenson di Milano, la cui costruzione particolarmente riuscita, potrebbe essere lo stile al quale si ispireranno.
Mettere le mani su un edificio storico, come le Torri delle Finanze, è operazione complessa. Il progetto di riqualificazione era stato redatto da Renzo Piano che aveva ideato un condominio di lusso dotato delle migliori tecnologie biosostenibili. Il finanziatore privato si era però tirato indietro nel 2009, all’inizio della crisi degli immobili, nel timore di non rientrare del grosso investimento. L’aspetto più comico fu che l’allora Sindaco Alemanno non era soddisfatto del progetto di Piano e gli diede alcuni suggerimenti estetici, come l’aggiunta di travertino alle facciate (!!!!!). E’ infatti noto che Alemanno è estremamente più preparato in tema di architettura di Renzo Piano (sic!).
Ma il progetto di Piano non vide mai la luce e gli scheletri rimasero lì a simboleggiare una città in rovina come mai lo è stata dal dopoguerra, anche a causa della scellerata amministrazione di quegli anni.
Le Torri erano state fortemente volute da Virgilio Testa, commissario dell’Ente Eur, per colmare un vuoto nel quartiere provocato dall’interruzione dei lavori per la guerra. In vista delle Olimpiadi del 1960 si decise di trasferire lì la sede del Ministero delle Finanze. L’incarico, oltre che a Cesare Ligini, fu affidato ad altri architetti assai affermati all’epoca, tra i quali Vittorio Cafiero e Renato Venturi. Il cosiddetto “curtain wall”, cioè la facciata vetrata, divenne uno dei biglietti da visita di Roma per chi arrivava da sud. Il laghetto e gli imponenti grattacieli erano il simbolo del boom economico; di un paese in forte crescita e di una visione urbanistica moderna. Esattamente come oggi gli scheletri sono il simbolo di un’Italia in declino e senza un futuro certo.
Lasciare per tanti anni un patrimonio di questo genere in abbandono è una ferita che non si sanerà facilmente. L’intero quadrante è costellato di incompiute o di cantieri eterni, tra i quali l’Acquario e la Nuvola. Ma le Torri sono visivamente l’aspetto peggiore proprio per l’impatto devastante che hanno sugli automobilisti in transito. Ligini, prima di diventare architetto era uno scenografo. Una formazione che si ritrovò nella costruzione dei tre imponenti edifici studiati per avere una visione tridimensionale. Passare da uno spazio progettato ad uno “bombardato” è un colpo pure per la Roma abbandonata che tutti conosciamo.
La Alfiere, proprietaria del complesso, ha stanziato quasi due milioni di euro per completare la demolizione. Ma l’avvio del cantiere è stato funestato da una tragedia pochi giorni fa quando un pesante cancello in ferro è precipitato su una donna di passaggio, Isabella Monti, che è rimasta uccisa. Cinque persone sono attualmente indagate e occorre capire se l’incidente potrà avere conseguenze sulla durata dei lavori.
Roma, che ha bisogno di tutto, necessita di opere di rigenerazione urbana capaci di riportare non solo decoro, servizi e lavoro, ma anche speranza nel futuro. Per ora ce ne è davvero poca.
Le precedenti puntate di Città in rovina:
- la Casa del Passeggero
- la rimessa Atac di pzza Adis Abeba
- l’ex ospedale San Giacomo
- il Palazzo sull’Arco di Giano
- l‘ex Cinema Puccini
- Palazzo Rivaldi al Tempio della Pace
- Villa York
- L’ufficio Geologico
- La vecchia Stazione Trastevere
- A piazza della Cancelleria
- L’ex rimessa Atac di Piazza Ragusa
- La Sala Troisi
- L’ex Inpdap a S. Croce in Gerusalemme
- Il palazzo della Regione in via Maria Adelaide
- L’ex fabbrica di detersivi in via Noto
- Il Csoa Sans Papier
- Palazzo Nardini al Governo Vecchio
- l’Ex Zecca di Piazza Verdi
- Il brutto edificio in piazza del Viminale
- Casapound a via Napoleone III°