A pochi giorni dalla caduta della giunta Marino una promessa accese le speranze di molti estimatori dello Stadio Flaminio. “Un bando sarà pubblicato entro fine novembre – dissero in Campidoglio – per l’affidamento ai privati dello Stadio”.
Nessuno potrà mai dire con certezza se la sopravvivenza dell’amministrazione Marino avrebbe davvero prodotto il bando. Ma quello che è sicuro oggi è il degrado infinito di una delle strutture sportive più belle della capitale. Il “grande Flaminio” è chiuso dal 2011, da quando la FIR (Federazione Italiana Rugby) l’ha ritenuto non più idoneo ad ospitare gli incontri e ne ha restituito la gestione al Comune.
E’ così erbaccia, ruggine, rifiuti e sbandati sono diventati i protagonisti di un edificio di eccellenza architettonica, progettato da Antonio Nervi, con la collaborazione del padre Pier Luigi. Nel 2008 fu inserito nell’elenco dei beni di interesse artistico-storico sotto tutela. Ma questo non ha impedito che fosse abbandonato al suo destino.
Eppure nel 1958, quando fu inaugurato, stupì il mondo per la sua modernità e armonia. Poiché doveva sostituire uno stadio precedente e non poteva eccedere neanche di un metro lo spazio occupato sul terreno, per permettere di ospitare 40mila spettatori, gli architetti Nervi studiarono una soluzione innovativa: inclinarono le tribune più di quanto si facesse allora. Questo permise non solo una maggiore capienza sugli spalti, ma un grande spazio sottostante dove furono realizzate una piscina coperta e 5 palestre. Insomma una struttura all’avanguardia che ha accolto eventi di carattere sportivo di livello mondiale. E poi concerti importanti, come quello celebre degli U2 nel 1987 quando il volume eccessivo della musica provocò la vibrazione di tutti i palazzi circostanti.
Ora il futuro del Flaminio è del tutto incerto. Il suo affidamento alla Federazione Gioco Calcio sembra tramontato per sempre. I progetti di ristrutturazione (uno dei quali firmato da Renzo Piano) non trovano finanziatori. E l’area è diventata bivacco per senzatetto o accampamento di rom. Più tempo passa e più le strutture in cemento armato subiranno un deterioramento difficile da recuperare.
Una speranza potrebbe arrivare dalle Olimpiadi 2024. Se mai Roma dovesse ottenere l’assegnazione dell’evento (cosa che molti ritengono una iattura) tra i fondi del Cio, circa 15 milioni sarebbero destinati alla ristrutturazione del Flaminio. Il Comitato Olimpico ha ribadito il ruolo centrale di questa struttura ma è chiaro che non si può far dipendere la sorte di uno stadio così bello e centrale solo dall’ipotesi (peraltro remota) che Roma possa ospitare le olimpiadi tra 10 anni.
Purtroppo al momento alternative non ce ne sono. E l’area sta precipitando in una rovina parallela a quella dell’ex magnifico stadio.
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