I primi di agosto la giunta ha approvato il PUA, il Piano di Utilizzazione degli Arenili della città di Roma. Parliamo ovviamente di Ostia e Capocotta quindi un tratto pregiato e molto amato dai cittadini.
Il Piano dovrà passare in Assemblea Capitolina e poi in Regione Lazio ma le linee guida principali sono segnate e prevedono una serie di novità rispetto al presente.
La prima riguarda il vincolo su alcuni edifici storici (li vedremo tra poco) e nel contempo la riduzione del numero totale di edifici da preservare.
Ci sarà un catalogo per gli arredi, i materiali e le altezze che dovranno essere adottati dagli stabilimenti; vengono ridotte a 25 le concessioni totali ma soprattutto viene rafforzato il concetto di “spiaggia libera“. In passato la Regione Lazio stabilì che almeno il 50% del litorale deve essere riservato al libero utilizzo e le prescrizioni del PUA garantiscono questa quota che anzi sale al 65% se si considera l’area dei “cancelli” di Castelporziano.
Per permettere l’accesso a tutti al mare, dunque alle spiagge libere, si prevede un ingresso almeno ogni 300 metri con un’ampiezza minima di tre metri. Questo ovviamente contrasta la situazione attuale di Ostia dove il cosiddetto “lungomuro” impedisce a chiunque di arrivare sulla battigia senza passare per uno stabilimento organizzato.
Sono due, dunque, i punti più delicati del Piano: il primo riguarda le concessioni e il metodo di rilascio delle stesse e il secondo l’impossibilità di abbattere parte dei muri che sono stati eretti negli anni.
Come è noto, ad Ostia vi sono edifici di grande pregio architettonico che il Piano ha vincolato e sono:
- il Lido progettato da G. B. Milani nel 1924
- il Capanno di Luigi Moretti del 1937
- Plinius di L. Botti (1933)
- il Belsito di G. Perez Bonsignore del 1949
- la Lega Navale di C. Giovannetti del 1937
- il Kursaal di Armando Lapadula del 1950
- e infine la Vecchia Pineta di V. Vallot e G. Sicher del 1933
Il vecchio Piano prevedeva una sottocategoria per edifici di valore ma non tali da meritare un vincolo e questa sottocategoria è stata eliminata.
Il nuovo PUA non convince l’associazione Mare Libero che aderisce alla rete di Carteinregola e che ha elencato una serie di criticità che proviamo a riassumere brevemente (chi volesse approfondire può leggere l’articolato testo a questo link).
In sostanza il timore è che si arrivi ad una ulteriore privatizzazione delle spiagge che sono invece un bene pubblico per eccellenza. Il Piano delegherebbe ai “singoli progetti di Ambito” presentati dai concessionari tutta la pianificazione, senza una vera regia pubblica e senza un confronto con la cittadinanza.
Mare Libero contesta che le spiagge vengano assimilate a Verde Pubblico e servizi pubblici locali secondo il Piano Regolatore del 2008, perché esse hanno delle peculiarità tali da richiedere una categoria specifica. Si sperava che il PUA entrasse più nello specifico in tema di abbattimenti e indici di edificabilità ma non lo fa.
C’è poi il tema delle spiagge libere che vengono divise tra libere e libere con servizi (dove è possibile affittare attrezzature). Quelle senza attrezzature sarebbero state dislocate solo a ridosso degli stabilimenti e servirebbero solo al passaggio verso la battigia ma ci sarebbe il divieto di portarsi ombrelloni e sdraio. Che libertà c’è, si domanda giustamente Mare Libero?
Infine la modalità delle gare sarebbe stata prevista in modo tale da attribuire un vantaggio ai concessionari uscenti, agevolati nel consociarsi e nel presentare progetti di riqualificazione per aree che già occupano. Inoltre sempre a questi concessionari viene delegata la gestione delle spiagge libere, con il risultato che tutti gli arenili resterebbero sotto il loro controllo e non sotto quello del Comune.
A queste ed altre osservazioni si dovrà rispondere durante il dibattito in Assemblea Capitolina e durante il percorso di partecipazione civica previsto per il rilascio della VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Il PUA, insomma, sembra necessitare di una messa a punto importante.