LA MATTANZA PEDONALE Uno dei primi post di diarioromano lo intitolammo “La mattanza pedonale” e trattava del poco invidiabile record romano del numero di pedoni morti per incidenti stradali. In quel pezzo si parlava in particolare degli attraversamenti stradali, una normale operazione in tutte le città civilizzate, una specie di sport estremo a Roma.
La cronaca riporta in questi giorni la notizia della donna travolta e uccisa da un furgone mentre passeggiava su un marciapiede in via Maria Adelaide. Ancora un pedone vittima della strada, quindi, e questa volta la cosa è particolarmente preoccupante perché la signora stava semplicemente camminando sul marciapiede quando è stata travolta dal furgone il cui guidatore ne aveva perso il controllo.
In molti si chiedono se questo incidente era evitabile, se, in altri termini, esso è dipeso dalle peculiarità del traffico romano, caratterizzato da segnaletica in pessime condizioni, strade dissestate ed un livello bassissimo di rispetto delle norme del codice della strada.
Stando a quanto dichiarato dal Comandante dei vigili, Raffaele Clemente, la risposta è no, “… perché contro la distrazione umana di chi è al volante c’è veramente poco da fare, soprattutto se guida dei mezzi del genere“. Su questo punto tenderemmo ad essere d’accordo col Comandante: se un autista è distratto e perde il controllo del proprio mezzo difficilmente si possono prevedere contromisure che limitino i danni. Nel caso dell’incidente di via Maria Adelaide vi erano anche dei parapedonali a protezione del marciapiede, ma non hanno retto all’urto del furgone. Se fossero stati più robusti avrebbero forse evitato la tragedia, ma è pensabile riempire le strade cittadine di guardrail a prova di sfondamento?
PECULIARITÀ ROMANE Quello che però ci chiediamo è: non sarà che a Roma gli autisti sono mediamente più distratti che nelle altre città? Più che di distrazione noi parleremmo di una certa disinvoltura nella guida che caratterizza il romano medio (sia esso autoctono che “acquisito”), il quale considera le norme del codice della strada e la segnaletica come meri suggerimenti, che sa bene lui come comportarsi al meglio in ogni situazione. Per questo a Roma:
– i limiti di velocità sono sconosciuti, con i vigili che ogni volta che provano a farli rispettare vengono subissati di critiche da tutte le parti, anche dai piani alti dell’amministrazione, ed ogni volta devono battere in ritirata,
– gli attraversamenti pedonali sono più pericolosi di un campo minato,
– i divieti di sosta vengono sistematicamente ignorati, con gravi conseguenze per la sicurezza del traffico,
– la guida parlando al telefono o maneggiando lo smartphone è prassi comune, non repressa dalle forze dell’ordine,
– i controlli anti-alcol o anti-droga sono rarissimi (chi scrive non ne ha mai subito uno, nonostante gli oltre 30 anni di anzianità di guida ed il frequente utilizzo dell’auto in città).
Insomma a Roma anche il traffico è vissuto con il lassismo che caratterizza tutti gli altri aspetti del vivere cittadino: ognuno fa un po’ quello che vuole con la quasi certezza di non pagare mai pegno; e quelle rare volte che si viene multati per un’infrazione la cosa viene vissuta come un’ingiustizia.
UNA TRAGEDIA EVITABILE? Tornando quindi alla domanda se l’incidente di via Maria Adelaide poteva essere evitato, la risposta che ci sentiamo di dare è: forse sì o forse no, non si può dire. Quello che però si può dire per certo è che se a Roma il traffico venisse riportato a livelli di rispetto del codice della strada minimamente decenti, diminuirebbero enormemente le possibilità che gli incidenti stradali accadano, incluso quello di cui stiamo parlando. Un traffico più ordinato, con autisti più attenti alla strada ed al rispetto delle regole di guida, non potrebbe che essere anche più sicuro, con una drastica diminuzione degli incidenti inclusi quelli mortali.
E’ quindi questa la risposta che l’amministrazione intende dare per evitare in futuro tragedie simili? Neanche per idea!
Da una parte abbiamo la commissione lavori pubblici del Municipio I che sta pensando ad installare sistemi dissuasori di velocità sulla strada interessata dall’incidente, risposta questa che presenta due problemi. Anzitutto se quello fosse il metodo giusto, a Roma è già presente un po’ ovunque, grazie alle famose buche romane che fanno impallidire i dissuasori di velocità (e se via Maria Adelaide non è particolarmente martoriata, lo è senz’altro via Ferdinando di Savoia, la strada da dove proveniva il furgone dell’incidente). Inoltre i dissuasori di velocità creerebbero enormi problemi agli stabili che insistono sulla strada, che subirebbero vibrazioni pericolose ad ogni passaggio di mezzi pesanti, con conseguenze serie alle strutture (è questo un problema ben noto in molte aree della città storica).
Dall’altra parte abbiamo l’assessore alla mobilità, Stefano Esposito, che propone l’istituzione del limite di 30 km orari in tutto il centro storico. A parte che il luogo dell’incidente non sarebbe incluso in tale misura, essendo seppur di poco al di fuori del centro storico. Eppoi verrebbe da chiedere all’assessore: e chi mai farebbe rispettare una tale misura? I vigili romani? Gli stessi che le uniche sanzioni che sanno elevare sono quelle per divieto di sosta ma rigorosamente dove e quando vogliono loro?
Siamo seri assessore: è inutile pensare di intervenire sulle regole quando tutti sappiamo che esse vengono sistematicamente ignorate sia dai cittadini che dai tutori dell’ordine.
E qui torniamo alla stessa conclusione a cui giungemmo su tutt’altro argomento, nella riflessione sul funerale del Casamonica: governare una città senza legge è praticamente impossibile; il guaio è che l’attuale amministrazione non sembra ancora esserne consapevole, Sindaco in testa.
Sulla mobilità in realtà sarebbe sufficiente un’iniziativa decisa della PLRC, che teoricamente non dovrebbe tollerare tutto il lassismo che vediamo in giro. Noi un suggerimento per cominciare a riprendere il controllo del traffico lo avevamo dato (riguardava in paricolare il rispetto delle strisce pedonali). Se non piace se ne possono trovare tanti altri. Basta che però da qualche parti si cominci. Ma chissà perché temiamo che neanche questa sia la volta buona per invertire la rotta.