In occasione della celebrazione delle reliquie di Padro Pio che richiama migliaia fedeli da tutto il mondo, ci siamo voluti soffermare sullo scorcio più famoso di Roma dopo il Colosseo: la veduta di San Pietro da Ponte Umberto I.
Si tratta della cartolina più inflazionata del Giubileo: abbiamo deciso di verificarne la coerenza dell’immagine proiettata sui media, con le reali condizioni del territorio.
Per fare questo, cominciamo ad analizzare l’inquadratura classica di San Pietro da Ponte Umberto I, con le sponde del Tevere opache e indefinite.
Basta volgere lo sguardo in basso, affacciandosi al parapetto, per notare i primi elementi di degrado: il vecchio molo dei battelli sul Tevere distrutto dalla piena di qualche anno fa, è ancora lì.
Voltando lo sguardo a destra, incrociamo la prospettiva più famosa di San Pietro.
Ma cosa sono quelle scritte, quelle cornici che s’intravedono da Ponte Umberto?
Scendiamo le scale di accesso alle banchine, schivando il nastro giallo abbandonato.
Ci ritroviamo davanti a una distesa di fango in linea d’aria con di Via della Conciliazione!
Il panorama sul greto del fiume: sporcizia e immondizia accumulata nella vegetazione.
Uno dei tanti senzatetto che abitano le banchine, accampati sotto ai ponti storici .
Stride il contrasto fra la dignità del barbone, e l’arroganza dei writers che i sfregiano muri.
Le banchine di Ponte Sant’Angelo, frequentate da sportivi e turisti d’ogni parte del mondo.
Ecco i quadri che scorgevamo dal ponte: sono installazioni del Premio Feronia, risalenti agli anni 2008-’10.
Allestite con il contributo della Provincia guidata da Nicola Zingaretti, giacciono in abbandono da anni.
Ora è spuntata la scritta: “Difendi Roma”.
Slogan alquanto beffardo: e come la difendi Roma, imbrattando i muraglioni?
E’ ambientata qui la scena di “Mission: Impossible 3” in cui Tom Cruisce fugge a bordo di un motoscafo. J.J. Abrams e Dan Mindel (regista e direttore della fotografia) decisero di cammuffare il degrado sulle banchine col vecchio trucco del fuori fuoco, sovraesponendo la pellicola con l’effetto “luce abbagliante del sole”, per sfumare i dettagli dello sfondo nebbioso e indefinito (come nel finale de”La Grande Bellezza”). Ma sono decine e decine i film e gli spot girati su questo tratto di fiume, non ultimo “Lo chiamavano Jeeg Robot”.
Una coppia di turisti osserva il degrado sulle banchine, risalendo le scalette puzzolenti che portano a…..
….al palazzo della Corte di Cassazione!
Qui si conclude l’analisi della veduta della Basilica di San Pietro dal Lungotevere.
La prossima volta che vedrete questa cartolina, saprete che si cela dietro: incuria, degrado, abbandono, desolazione. E se il lungotevere del centro storico è ridotto in queste condizioni, pensate a Roma Nord, all’Ostiense, a Marconi….