Una delle trasmissioni di punta della Rai si accorge dello scandalo della cartellonistica pubblicitaria a Roma e lo racconta in una bella inchiesta firmata da Max Brod, giovane giornalista di Report.
L’inchiesta, trasmessa lunedì 9 novembre, spiega a tutti gli italiani il legame tra il caos degli impianti pubblicitari e la mancanza nella capitale di un vero servizio di bike sharing. Il servizio che dura 9 minuti, va visto e condiviso sui social perché, per la prima volta, la tv pubblica italiana scoperchia una delle piaghe di questa città. L’avevano fatto i network televisivi stranieri (France 2 per esempio), grandi giornali internazionali (The Guardian ), ma non si sa bene per quale motivo la Rai non aveva mai ritenuto interessante questa vicenda.
Anche grazie al lavoro di Diarioromano e dell’Associazione Bastacartelloni, la redazione di Report è stata coinvolta e si è appassionata al tema, lavorando diversi mesi per realizzare questo servizio.
“Il meccanismo è semplice e viene adottato in quasi tutte le grandi città del mondo. Chi gestisce un cartellone pubblicitario occupa uno spazio, paga un canone per la concessione e si accolla anche la gestione del servizio Bike Sharing“, così esordisce in studio Sigfrido Ranucci che finalmente fa capire quanto le due cose siano collegate. Tanto è vero che viene mostrata l’esperienza di Milano dove funziona esattamente in questo modo. Ma – prosegue a spiegare il servizio – a Roma il Bike Sharing non è mai veramente decollato e secondo l’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, la Capitale rimane agli ultimi posti nella classifica per numero di bici ad abitante. Eppure, nel 2014 sotto il sindaco Marino, appassionato di bici, è passata una riforma che avrebbe dovuto ricalcare il modello di Milano.
Riforma che fu votata anche dal Movimento 5Stelle, all’epoca all’opposizione, che poi – una volta conquistato il Campidoglio – si è “dimenticato” di mandarla a regime.
Si trattava di colpire chi lucra sui cartelli abusivi – prosegue Report – ma anche i monopoli, cioè chi ha accumulato negli anni potere nel mondo delle affissioni. E’ per questo che sono stati presentati più di 50 ricorsi contro la riforma, un accanimento che mai si era visto in passato.
Per chi volesse capire come si può stabilire se un impianto è regolare o meno, l’architetto Bosi – responsabile del Circolo romano di Vas e uno dei più profondi conoscitori della materia – è sceso in strada con la troupe televisiva e ha cercato cartelli illegittimi spiegando come funzionano le targhette identificative.
Molto interessante anche la testimonianza di un consulente pubblicitario che dimostra come le multe non spaventino gli abusivi che, anzi, continuano a vendere la pubblicità pure su impianti sanzionati dai Vigili.
Insomma un meccanismo perverso che provoca una ferita all’immagine della città, con migliaia di cartelloni brutti e invasivi, che ha impedito l’arrivo di un servizio essenziale quale il bike sharing e che addirittura costa caro alle casse capitoline. Solo nel 2019 sono stati rimossi 1.618 impianti a spese della collettività e questi cartelli sono quasi tutti tornati al loro posto dopo alcuni mesi, installati da ditte senza scrupoli che fanno capo a prestanome irrintracciabili.
L’assessore Cafarotti fa una figura barbina quando cerca di giustificare i ritardi della sua giunta scaricando la responsabilità sulle Sovrintendenze che devono dare un parere tecnico sulla posizione degli impianti. Il giornalista di Report giustamente domanda quando sono stati inviati i documenti alle Sovrintendenze e Cafarotti deve ammettere che è stato fatto solo quest’anno. Perché? “Chiedetelo agli uffici”, è la fuga del pavido assessore che non si assume neanche una responsabilità politica.
Insomma un video da non perdere che fa giustizia dell’immenso lavoro svolto dalle associazioni cittadine e della buona prova dell’assessore Marta Leonori (giunta Marino) e della ingiustificabile “distrazione” dell’amministrazione Raggi.
Buona visione!
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