E’ da lungo tempo che non ci occupiamo di Covid. I giornali, le tv e internet sono traboccanti di notizie sull’argomento e ci sembrava necessario offrire ai lettori argomenti diversi, più legati alla linea editoriale del nostro sito. Oggi, però, vogliamo fare un’eccezione e spingerci nello scivoloso terreno della pandemia perché le informazioni che passano sul mainstream sono sempre uguali a loro stesse, senza mai un guizzo, un pensiero originale, una riflessione dettata dallo studio e dall’analisi.
Al di là dei divieti per Natale, del lavarsi le mani e delle campagne vaccinali non si va mai. Quando tutto questo sarà passato, qualcuno a mente fredda, dovrà spiegare perché vengano sempre intervistati gli stessi medici che dicono sempre le stesse cose come in una sorta di lavaggio del cervello collettivo.
Il tema di cui vogliamo occuparci oggi non è di poco conto e riguarda ufficialmente un milione e trecentomila persone in Italia e probabilmente fino a otto milioni di italiani. Si tratta dei cosiddetti “guariti”, coloro cioè che hanno fatto la malattia e ora dovrebbero essere tornati alla vita normale. Scriviamo “dovrebbero” perché nella realtà anche i guariti sono sottoposti alle medesime limitazioni di tutti gli altri. Oltre a dover indossare la mascherina, garantire il distanziamento e restare chiusi in casa durante i lockdown, non possono andare a trovare i parenti anziani, fare attività sportiva e in molti casi riprendere la propria attività lavorativa. Insomma per lo Stato italiano, aver fatto malattia o non averla fatta non fa alcuna differenza.
Ma le cose non stanno così dal punto di vista della biologia, della scienza e del buon senso (elementi fin qui trascurati un po’ come si faceva nelle epidemie medioevali).
La motivazione di questo atteggiamento di chiusura starebbe nella presunta possibilità di reinfettarsi. Una leggenda dall’origine non ben identificata, farebbe credere che chi ha avuto il Covid possa riprenderselo e che solo il vaccino conferisca immunità.
Si tratta della più grande frottola che è circolata in questi mesi di pandemia e che, non solo contrasta con tutto quello che si è scoperto sul sistema immunitario umano negli ultimi 100 anni, ma soprattutto è smentita da decine e decine di autorevolissimi studi scientifici che hanno dimostrato una “immunità naturale” di almeno 6/8 mesi e che probabilmente durerà molto più a lungo¹.
L’unica a rompere questa breccia, è stata nei giorni scorsi Milena Gabanelli la quale, nella sua rubrica Dataroom sul Corriere della Sera, ha riportato i risultati del più importante studio realizzato in questo campo in collaborazione tra il Policlinico San Matteo di Pavia e il Karolinska Institute di Stoccolma.
Ebbene, anche questa ricerca, come tante altre, conferma che la risposta immunitaria nei guariti dura nel tempo. Ad oggi abbiamo la certezza di 6/8 mesi dall’infezione³ ma solo perché questo è il tempo massimo di osservazione possibile (essendo la malattia scoppiata poco meno di un anno fa). Ma tutto lascia pensare che l’immunità duri molto più a lungo, addirittura anni¹.
I GUARITI DEVONO AVERE PIU’ LIBERTA’. Vedremo tra poco i dettagli tecnici che potranno rassicurare i più scettici, ma prima di tutto occorre precisare che questo elemento è fondamentale perché DEVE consentire a chi ha fatto la malattia di tornare al lavoro, di riprendere a produrre, di poter viaggiare, insomma di sollevare la martoriata economia del Paese.
Tanto più che ben il 61% dei guariti è nella fascia di età compresa tra i 20 e i 59 anni, cioè coloro che sono produttivi e che dunque possono tornare ai loro compiti sociali da subito.
Oltre al milione e trecentomila guariti ufficiali, sono – secondo molti studi – almeno sei volte tanto le persone che hanno avuto la malattia senza saperlo. Moltiplicando un milione e trecentomila per sei, si arriva a 7,8 milioni di persone, cioè una forza lavoro importante e necessaria.
Non è elegante citarsi, lo sappiamo, ma già il 31 marzo (cioè a pochi giorni dall’esplodere del virus), su queste pagine avevamo parlato tra i primi in assoluto di “passaporti sanitari” per i guariti. All’epoca non c’erano certezze dal punto di vista scientifico e si preferì rimandare. Bene, ma adesso le certezze vi sono e non è possibile metterle in discussione.
Per cui è ora di procedere con la messa a punto di un test che consenta ad alcuni di tornare alla vita. La cosa più semplice può essere un esame del sangue che certifichi la presenza di anticorpi IgG ma non sta a noi dirlo. E’ più corretto che questo tipo di indicazione provenga dal Cts o dai tecnici che dovrebbero dunque porsi immediatamente la questione e stilare un provvedimento.
Vediamo allora, per chi volesse approfondire, cosa significa essere immuni grazie alla malattia.
COME FUNZIONA L’IMMUNITA’. La presenza di un virus, come il Sars Cov2, induce il sistema immunitario a produrre anticorpi neutralizzanti. L’infezione provoca l’attivazione dei linfociti B i quali producono anticorpi IgM e IgG. Questi ultimi (le IgG) restano presenti nel sangue più a lungo e impediscono al virus di entrare nuovamente nelle cellule. Quand’anche questi anticorpi calassero nel tempo, nessuna paura. Il nostro corpo mette in campo una sorta di difesa ridondante attivata dai Linfociti T (dette cellule killer) che conserveranno la memoria del “nemico” molto a lungo². Questa si chiama appunto “memoria immunitaria”, si tratta della capacità di “ricordare” le fattezze del virus e di metterlo KO non appena si dovesse riaffacciare.
Le cellule memoria durano certamente 6/8 mesi ma tutto lascia pensare che si arrivi a tre anni¹.
Ad oggi nessuna mutazione del virus lo rende capace di superare la barriera anticorpale dei guariti. Potrebbe essere che, trattandosi di un virus simil influenzale, l’anno prossimo vi siano mutazioni tali da renderlo nuovamente capace di attaccare tutti gli organismi, compresi quelli dei guariti. Ma questo non si sa ancora.
Quel che è certo è che il virus di “quest’anno” (se ci viene concesso il termine) non potrà più creare problemi ai guariti. I quali non solo sono immuni (e quindi non possono più ammalarsi), ma non possono neanche trasmettere ad alcuno la malattia.
L’IMMUNITA’ NATURALE E’ SUPERIORE AL VACCINO. Secondo lo studio del San Matteo e del Karolinska Institute, questa immunità è garantita per il 98,2% dei guariti, dunque una percentuale quasi totale (consideriamo che la copertura dei vaccini non arriva al 95% per cui è più sicura l’immunità naturale).
IMMUNITA’ NATURALE IMMUNITA’ DA VACCINO (PFIZER e/o MODERNA)
98,2% copertura 95% copertura
Inoltre anche i pochissimi che hanno ripreso l’infezione (solo 27 casi su 9.610 testati) non hanno avuto problemi di salute perché ben 18 di loro sono stati asintomatici e gli altri paucisintomatici.
Oltre a questo studio, ve ne sono almeno altri 40 che arrivano alle medesime conclusioni e sono tutti realizzati da importanti università e centri ospedalieri mondiali (in calce ne riportiamo alcuni a titolo di esempio).
Insomma questa è scienza e c’è poco da restare paralizzati per paure medioevali. E’ assolutamente necessario che il Governo italiano faccia al Paese questo regalo di Natale e trovi il sistema migliore per ridare la libertà di vivere e lavorare a milioni di persone fin da subito.
Grazie al mix tra l’immunità naturale e quella vaccinale, a Pasqua potremmo avere un’Italia con diversi milioni di abitanti ormai immuni che potranno aiutare tutti noi a ritrovare la nostra vita e la nostra libertà.
¹Immunity to the Coronavirus May Last Years, New Data Hint (NyT)
²Rapid generation fo durable B cell memory to Sars-Cov2 spike and nucleocapsid proteins in Covid19 and convalescence (Science Immunology)
Functional Sars-Cov2 Specific Immune Memory Persists after Mild Covid19 (Cell)
³Robust neutralizing antibodies to Sars-Cov2 infection persist for months (Science)
Coronavirus, la conferma su Science: chi si è infettato ha un’immunità per almeno 8 mesi (Fatto Quotidiano)
Covid19: T cell response lasts for at least six months after infection, study shows (British Journal of Medicine)
Antibody Responses 8 months after asymptomatic or Mild Sars-Cov2 Infections (CDC)
Antibody Status and Incidence of Sars-Cov2 Infection in Health Care Workers (The New England Journal of Medicine)
Immunological memory to Sars-Cov2 assessed for up to 8 months after infection (Science)
2 risposte
Come sempre leggervi ha senso.
Proporrei un secondo tema.
La presenza dell’immunita naturale anche nei soggetti anziani, dovrebbe essere considerata per stabilire l’ordine di vaccinazione. Se gli immuni non hanno bisogno del vaccino, può essere destinato ai pari età non vaccinati arrivando più rapidamente alla immunità di gregge di settore (medici, polizia, rsa) o di classe di età, con tutte le conseguenze positive del caso, invece di”sprecare” vaccini inoculandoli a soggetti già immunizzati
Parole sante le tue Fauno. Data la scarsità di vaccini è estremamente importante farne un uso oculato e destinare le fiale a chi ne ha bisogno. Mia mamma, per citare un caso personale, ha avuto il Covid ed è perfettamente guarita. Poiché appartiene alla terza età potrebbe essere inserita nella lista dei primi da vaccinare e invece non sarebbe giusto. La sua dose deve andare a un anziano che deve essere veramente protetto.