Ignazio Marino 2

 

Tutti sanno che l’esperienza di Ignazio Marino è terminata. Ma pochi sanno perché è terminata.

Lui, il Sindaco uscente, è convito di aver governato bene e di essere stato fatto fuori dalle consorterie e dalle lobbies.

Loro, quelli del Pd, ritiengono invece che il primo cittadino abbia governato male e soprattutto che non sia all’altezza. Di fatto, senza tanti giri di parole, che sia un cretino. Ma nessuno, da Renzi a Orfini, da Esposito a Causi, ha il coraggio di fare un’affermazione del genere. Per cui si trincerano dietro frasi ipocrite: “Si è rotto il rapporto con la città”; “Non ci sono più le condizioni”, etc.

Chi ha ragione tra i due contendenti? Probabilmente entrambi. Perché se è vero che Marino ha rotto le uova nel paniere a Caltagirone, a Cerroni, a Tredicine e a tanti altri, è anche vero che la sua incapacità (manifestatasi con i viaggi improvvidi e la comunicazione ridicola) non gli avrebbe consentito ancora vita lunga in Campidoglio.

Lui però vuole stanarli. Convinto di aver fatto bene molte cose (e in effetti alcuni provvedimenti giusti sono stati presi), vuole un dibattito in aula. E a nostro avviso lo merita. Occorre parlare chiaro e discernere tra le scelte giuste che vanno salvate e quelle sbagliate. Senza il dibattito si getta tutto alle ortiche: anche il sacrosanto spostamento dei camion bar, anche la buona riforma dei cartelloni, anche la giusta delibera sulle unioni civili e molto altro. E passa la vulgata che Marino se ne è andato perché ha mangiato con la moglie in un ristorante a spese del comune (tutto da dimostrare) o perché l’Atac è in dissesto.

Vista così Marino ha fatto bene ieri a ritirare le dimissioni. In qualche modo crede di riuscire a farsi sfiduciare. Ma la sua è una illusione. Che il sindaco sia arrivato al capolinea non lo mette in discussione nessuno. Ci sono però tre modi per allontanarlo:

1) Una mozione di sfiducia da discutere in assemblea capitolina e votata dalla sua stessa maggioranza;

2) La mancata approvazione del bilancio entro il prossimo 31 dicembre che farebbe automaticamente sciogliere il consiglio;

3) Le dimissioni di almeno 25 consiglieri comunali.

L’ipotesi numero 1 è alquanto improbabile, sebbene sia la migliore e la più corretta proprio perché consentirebbe di capire le reali motivazioni della sfiducia. Ma sarebbe una ferita troppo profonda da sanare per il Pd.

L’ipotesi numero 2 rimanderebbe al nuovo anno la nomina del commissario, facendo permanere la città in questa condizione di incertezza per troppo tempo.

Resta dunque l’ipotesi numero 3. In un primo tempo sembrava che oltre ai 19 consiglieri dem, nessun altro fosse disposto a dare una mano al partito di Renzi per mettere fine alla consiliatura. Ma in queste ultime ore diversi consiglieri si sarebbero convinti a dimettersi (2 della lista Marchini, 2 o 3 della lista Civica per Marino, e forse anche i 5stelle e alcuni della destra). Per cui, dopo le dimissioni di 7 assessori, la fine sarebbe imminente, forse entro martedì o mercoledì prossimo.

La fine di Marino sarà dunque ingloriosa in qualunque modo arriverà. Ma la sua mossa di ritirare le dimissioni non produrrà l’effetto sperato (auspicato anche da noi) di un vero confronto trasparente. Non metterà a nudo le contraddizioni di un Pd romano lacerato e preda di piccole lobbies.

Il marziano ha voluto fare l’ultimo dispetto ai suoi amici/nemici. Ma Roma è da troppo tempo senza un governo e non può più aspettare. Ecco perchè Marino sta facendo un dispetto alla città.

 

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Una risposta

  1. Quello di Marino è un comportamento irresponsabile. I disastri combinati dal PD romano sono ormai ben presenti a tutti ma la città ha assoluto bisogno di un percorso lineare che le restituisca uno straccio di governo; mentre le continue sbandate dell’ex-neo-.sindaco non fanno che prolungare il caos.

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